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"The Thin Red Line" (1998) di Terrence Malick.
E' tratto dal romanzo di James Jones, ma guardandolo ho pensato a "Tne Naked and the Dead" di Norman Mailer, quando il film alterna l'attesa dell'attacco militare con momenti di vita vissuti fuori dal quel contesto. I ragazzi americani di vent'anni sapevano del perchè andavano in guerra? Lo sapevano o almeno lo immaginavano che il vero motivo era conservare il loro benessere, perlopiù materiale? Che poi è lo stesso motivo che ha portato i loro padri a creare gli Stati Uniti d'America e l'unica ragione che permette a 50 stati di rimanere incollati è quella economica e in ragione di essa è permesso tutto anche andare a morire in un lontano paese a volte solo per una questione geopolitica. Malick scava nell'animo umano che si appresta a uccidere dei consimili nella stessa maniera in cui osserverebbe degli animali che cacciano altri animali per la sopravvivenza. Il taglio documentaristico è contemporaneamente la forza e la debolezza del film e di tutto il cinema di Malick. La seconda parte è davvero bella, soprattutto la sequenza della conquista della collina in cui ogni dettaglio - interpretazione, regia, montaggio, musica, fotografia - è incastonato perfettamente l'uno con l'altro. Per il resto il film non sempre funziona così perfettamente, ma dipende anche dai propri gusti.
The Thin Red Line ***
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"Rocky" (1976) di John Guilbert Avildsen.
Alla disperata ricerca di ultime uscite che non ci sono, perchè non vengono messi in rete molti dei film di Cannes, Venezia, Toronto e anche Torino appena terminato, etc. - considerato che i cinema sono tutti chiusi - ho rivisto il primo della saga con Sylvester Stallone, l'unico che valga la pena di vedere. Ambientato a Filadelfia, Rocky è un pugile di terza fascia e così si arrabatta a cercare altri lavoretti neppure troppo legali, quando l'entourage del campione del mondo lo seleziona per una difesa facile del titolo. L'incontro, nel quale Rocky tirerà fuori tutta la rabbia accumulata durante un'esistenza opaca, è l'ultima delle cose importanti del film, mentre nel proseguo della saga diventerà l'unica attrazione rendendo Stallone un attore ridicolo. Si fosse fermato con questo e il primo "Rambo" se ne parlerebbe con toni diversi. Dello stesso anno è "Taxi Driver" di Martin Scorsese, altro livello e con un De Niro che reinventa la recitazione maschile, però il disegno di entrambi film non è molto diverso: l'emarginazione che i grandi agglomerati urbani causano se non si ha la fortuna, ma anche la capacità naturalmente, di circondarsi di esempi positivi. Anche la scena finale di entrambi si somiglia: in "Rocky" l'incontro di pugilato, in "Taxi Driver" la sparatoria. Il risultato per entrambi è lo stesso, ovvero il riscatto sociale.
Rocky ***
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"Botox" (2020) di Kaveh Mazaheri.
My Movies riceve le mie proteste e per la giornata di ieri ha messo a disposizione nella sua piattaforma al prezzo di € 3,50 i film presentati al TFF - Torino Film Festival. Ho scelto il film iraniano vincitore del primo premio. E' la storia di due sorelle e di un fratello che vivono nella medesima casa in via di ristrutturazione. La sorella maggiore ha un ritardo mentale che la porta a comportamenti strambi ma allo stesso tempo naturali considerata la sua condizione; quella minore lavora in un centro estetico dove si pratica il botox, in contrasto con la visione noi abbiamo della società iraniana; il fratello invece è affascinato dalla cultura tedesca nella cui terra spera di andare a lavorare. Quest'ultimo una mattina intento a sistemare il tetto della casa chiama stupida la sorella ritardata, che nel frattempo gli aveva portato una bevanda calda e questa offesa lo butta giù uccidendolo. Da quel momento le due sorelle saranno impegnate a nascondere l'omicidio con sempre maggiore difficoltà soprattutto per il comportamento imprevedibile della sorella maggiore.
Nell'anno di "Parasite" un altra dark comedy tutt'altro che banale, ottimamente girata con inquadrature perlopiù fisse, magari con un ritmo eccessivamente lento che non permette al film in alcuni frangenti di decollare. Molto bella la scena della sorella ritardata che immagina di incrociare il fratello a Berlino.
Botox ***
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"Mank" (2020) di David Fincher (Seven).
Ripercorre la genesi di "Quarto potere" di Orson Welles, rivisitando il periodo che va dalla seconda metà degli anni trenta al 1940, l'anno appunto di uscita del capolavoro sceneggiato proprio da Herman Mankiewicz, a cui il film tende ad attribuire i maggiori meriti del film diretto da Welles (naturalmente non sono d'accordo) e che portò a una diatriba tra i due per i diritti della pellicola. In alcuni frangenti il film ripercorre la medesima struttura scenica di Quarto potere, bianco e nero con grande contrasto, flashback continui, musica opprimente e le voci con eco. A parte il bianconero digitale/patinato, che funziona poco se si vogliono ricreare le atmosfere dell'epoca, il film è convincente. Ottimamente diretto, con sonoro e montaggio perfetti, da menzionare le interpretazioni, con un discorso a parte per Gary Oldman, la cui recitazione merita da sola la visione del film e che lo porterà direttamente alla notte degli Oscar con grandi possibilità di ripetere la vittoria di appena due anni fa.
Mank ****
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Assassinio sull'Orient Express.
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Elegia Americana, di Ron Howard con Glenn Close e Amy Adams.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Barrett
"The Thin Red Line" (1998) di Terrence Malick.
E' tratto dal romanzo di James Jones, ma guardandolo ho pensato a "Tne Naked and the Dead" di Norman Mailer, quando il film alterna l'attesa dell'attacco militare con momenti di vita vissuti fuori dal quel contesto. I ragazzi americani di vent'anni sapevano del perchè andavano in guerra? Lo sapevano o almeno lo immaginavano che il vero motivo era conservare il loro benessere, perlopiù materiale? Che poi è lo stesso motivo che ha portato i loro padri a creare gli Stati Uniti d'America e l'unica ragione che permette a 50 stati di rimanere incollati è quella economica e in ragione di essa è permesso tutto anche andare a morire in un lontano paese a volte solo per una questione geopolitica. Malick scava nell'animo umano che si appresta a uccidere dei consimili nella stessa maniera in cui osserverebbe degli animali che cacciano altri animali per la sopravvivenza. Il taglio documentaristico è contemporaneamente la forza e la debolezza del film e di tutto il cinema di Malick. La seconda parte è davvero bella, soprattutto la sequenza della conquista della collina in cui ogni dettaglio - interpretazione, regia, montaggio, musica, fotografia - è incastonato perfettamente l'uno con l'altro. Per il resto il film non sempre funziona così perfettamente, ma dipende anche dai propri gusti.
The Thin Red Line ***
È uno dei film più belli mai girati sul tema.
Quando andai a vederlo al cinema, una delle cose che mi colpì di più fu il silenzio, l'assenza di dialoghi lunghi o comunque la scarsità dei medesimi.
Credo che abbia attirato la mia attenzione in prima battuta proprio per questa sua unicità.
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"Ammonite" (2020 di Francis Lee.
Doveva essere uno dei film di punta di Cannes, se si fosse svolta. Racconta la storia di una ricercatrice di fossili che poi lei stessa rivende a ricchi turisti nel suo negozio del sud dell'Inghilterra. Un giorno un turista, incuriosito più del dovuto, le chiede se può aiutare la moglie depressa dopo un incidente. Malgrado appartengano a due mondi completamente diversi, una nata e cresciuta in un isolato villaggio, l'altra nella ricca Londra, tra le due nasce una imprevista passione. Molto bella la regia, con continui primi piani delle protagoniste, a volte riprese solamente di spalle e delle pietre trovate nella spiaggia. Grande interpretazione di Kate Winslet che tiene su un film che difetta nella sceneggiatura. Solamente alla fine quando la protagonista viene invitata a Londra dall'amante e capisce quanto poco è disposta a rinunciare alla sua vita così tanto distante dalla mondanità e dal lusso che le viene prospettata che il film si riscatta. Per il resto è tutto nello sguardo impressionante della Winslet nella scena finale.
Ammonite ***
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Diciotto anni dopo, con Edoardo Leo e Sabrina Impacciatore: Fine ritratto psicologico del rapporto fra due fratelli che si ritrovano dopo tantissimi anni. Lo consiglio a tutti, ma specialmente a chi ha vissuto o vive simili problematiche familiari.
Attendo recensione di Barrett.
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Grazie Cono, lo vedrò questo fine settimana.
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Su Raiplay è presente una sezione dedicata a Francois Truffaut con un'ampia scelta dei suoi migliori film (in verità mancano almeno "Effetto Notte" (1973) ***** e "Adele H" (1975) ****, quest'ultimo da me recensito questa estate) a partire dai suoi esordi nei quali vengono alla luce subito i temi a lui più cari, come ad esempio la difficoltà di essere dei buoni genitori ("I 400 colpi" (1959) **** con un Jean Pierre Leaud bambino), la facilità con cui i protagonisti si mettono nei guai ("Tirate sul pianista" (1960) ****), una tesi complessa sull'amicizia che si trasforma in amore ("Jules e Jim" (1962) *****, uno dei suoi capolavori). In Truffaut in effetti vengono presentate tutte le fasi dell'innamoramento, dall'incontro, alla conoscenza sino all'amore, ma anche ai litigi, che infine portano alla separazione, ma mai definitiva. Infatti a differenza di Bergman dove i problemi di coppia si sviluppano in eterne discussioni o di Allen nel quale si finisce regolarmente dallo psicologo per dirimere la questione, in Truffaut l'amore si guarisce da solo e la lontananza è quasi sempre temporanea. Ci sono però delle eccezioni, ad esempio in "La Calda amante" (1964) *** , nel già citato "Adele H" o nel suo penultimo film "La signora della porta accanto" (1981) ***, dove le protagoniste, soprattutto una disperata Fanny Ardant proprio in quest'ultimo, non accettano l'evolversi e forzano gli eventi attraverso soluzioni tragiche. Gli anni settanta ci presentano un Truffaut stilisticamente impoverito, come molto del cinema europeo dell'epoca, anche per via di una fotografia passata a un colore slavato, ma malgrado questo le storie raccontate non hanno perso niente del loro fascino, a partire da "Le due inglesi" (1971) *** con il soggetto di "Jules e Jim" rovesciato. Lì erano due amici che si innamoravano della stessa donna, qui due sorelle si appassionano allo stesso uomo. La sublimazione del racconto si ha con "L'amore fugge" (1979) ***, nel quale gran parte del film è costruito attraverso pezzi di film precedenti e il fedele Leaud, ormai divenuto uomo, a risolvere le sue infinite questioni sentimentali. Gli anni ottanta si presentano con uno dei suoi film più amati, "L'ultimo metro" (1980) ****, con una coppia di eccezione del cinema francese, Catherine Deneuve e Gerard Depardieu e una storia ambientata a Parigi durante l'occupazione tedesca e come in "Effetto Notte" il tema è la recitazione all'interno dello stesso film , in questo caso all'interno di un teatro. Dopo il già citato "La donna della porta accanto" il suo ultimo film prima della morte improvvisa, " Finalmente Domenica!" (1983) ***, un noir con tinte da commedia, ancora la Ardant con un altro grande del cinema d'oltralpe, Jean Lous Trintignant, film che pare essere un ringraziamento a uno dei suoi idoli, Hitchcock, e con quelle parole finali pronunciate dall'assassino con cui dichiara che tutto quello che ha fatto era per le donne, che sembra una sorta di epitaffio dello stesso regista. Nessuno come lui ha saputo raccontare l'universo femminile, anche in anni in cui la rivoluzione culturale ha fatto perdere la bussola agli uomini. Lunga vita al cinema di Truffaut.
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Meno male che ci sei, Barrett. :love:
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"Aquaman"! Un bel film pieno di effetti speciali ambientati sul mondo sottomarino e poi l'attore principale era proprio bono! :ciaociao: