Visualizzazione Stampabile
-
TIMIDEZZA
Appena seppi, solamente, che esistevo
e che avrei potuto essere, continuare,
ebbi paura di ci�, della vita,
desiderai che non mi vedessero,
che non si conoscesse la mia esistenza.
Divenni magro, pallido, assente,
non volli parlare perch� non potessero
riconoscere la mia voce, non volli vedere
perch� non mi vedessero,
camminando, mi strinsi contro il muro
come un'ombra che scivoli via.
Mi sarei vestito
di tegole rosse, di fumo,
per restare l�, ma invisibile,
essere presente in tutto, ma lungi,
conservare la mia identit� oscura,
legata al ritmo della primavera.
Pablo Neruda
-
Per il mio cuore...
Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua libert� bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriver� fino in cielo
ci� che stava sopito sulla tua anima.
E' in te l'illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada sulle corolle.
Scavi l'orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l'onda.
Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi maestri delle navi.
Come quelli sei alta e taciturna.
E di colpo ti rattristi, come un viaggio.
Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono
gli uccelli che dormivano nella tua anima.
PABLO NERUDA
-
NULLA DI CIO' CHE ACCADE
Nulla di ci� che accade e non ha volto
e nulla che precipiti puro, immune da traccia,
percettibile solo alla piet�
come te mi significa la morte.
Il vento ricco oscilla corrugato
sui vetri, finge estatiche presenze
e un oriente bianco s'esala
nei quadrivi di febbre lastricati.
Dalla pioggia alle candide schiarite
si levano allo sguardo variopinto
blocchi d'aria in festevoli distanze.
Apparire e sparire � una chimera.
E' questa l'ora tua, � l'ora di quei re
sismici il cui trono � il movimento,
insensibili se non al freddo di morte
che lasciano nel sangue all'improvviso.
Loro sede fulminea � qualche specchio
assorto nella sera, ivi s'incontrano,
ivi si riconoscono in un battito.
Sei certa ed ingannevole, � vano ch'io ti cerchi,
ti persegua di l� dai fortilizi,
dalle guglie riflesse negli asfalti,
nei luoghi ove l'amore non pu� giungere
n� la dimenticanza di se stessi.
MARIO LUZI
-
IO SONO DUE
Io sono due
� chiaro ora
sono due pi� uno
meno uno e fanno due
che due volte sono
nata e due volte morta
due volte mi sono persa
forse una volta di pi�
perch� due e una sono tre
le volte che ho sbattuto
e una volta ho anche vomitato
ma erano forse due
dato che sono in quattro
a tirarmi per i piedi
mentre dormo con voce di drago
e una volta sola ho amato
ma saranno duecento le volte
che ho toccato l�allegria
per� non duecento volte sono nata
perch� al centonovantanove
mi sono stufata ed ecco
al due mi sono scordata
non fosse due sarebbe zero
sono io e l�altra due
prendimi come sono
di una due e di due una.
DACIA MARAINI
-
�Non andartene,
non lasciare
l�eclisse di te
nella mia stanza.
Chi ti cerca � il sole,
non ha piet� della tua assenza
il sole, ti trova anche nei luoghi
casuali
dove sei passata,
nei posti che hai lasciato
e in quelli dove sei
inavvertitamente andata
brucia
ed equipara
al nulla tutta quanta
la tua fervida giornata.
Eppure � stata,
� stata,
nessuna ora
sua � vanificata�.
MARIO LUZI
-
L'addio (o "Il commiato")
Volemmo separarci? Ci parve bene, saggio?
Ma perch� ci atterr� come un delitto
nel farlo? Noi ci conosciamo poco.
Perch� davvero regna in noi un Dio.
E tradiremo chi ha creato in noi
tutto, pensiero e vita, che ci anima,
il Dio che ha protetto il nostro amore -
questo, soltanto questo io non posso.
Ma il mondo sa un'altra privazione,
altro onore di ferro, altro diritto,
ed assopisce l'anima
l'abitudine, giorno dopo giorno.
Lo so - da che il terrore informe, radicato
ha diviso dagli uomini gli dei,
deve il cuore espiare col suo sangue,
deve morire il cuore di chi ama.
Fa che non parli, e che non veda pi�
da ora questo che mi fa perire,
e parta alla mia pace in solitudine
e che il congedo resti tutto nostro!
Offrimi tu la coppa dove io possa
bere un sacro veleno di salvezza,
bere con te una bevanda di Lete,
tutto dimenticare, odio e amore!
Andare voglio. Forse ti vedr�
Diotima, un giorno, dopo lungo tempo,
quando sar� sfiorito il desiderio;
vagheremo, guidati dal discorso,
tranquilli, molto simili ai felici,
pensosi, incerti, fin che questo luogo,
il luogo dell�addio, evocher�
tanto passato consolando il cuore;
ti guarder� stupito, udir� voci
d�un tempo antico, un canto molto dolce,
un suonare di corde; sul ruscello
profumer� per noi un giglio d�oro.
Friedrich H�lderlin
-
Primo inno alla notte
Quale vivente, dotato di senso, fra tutte le magiche parvenze dello spazio che si dilata intorno a lui, non ama la pi� gioiosa, la luce � con i suoi colori, i suoi raggi e onde; la sua mite onnipresenza di giorno che risveglia. Come l�anima pi� intima della vita la respira il mondo immane delle costellazioni senza quiete, e nuota danzando nel suo flutto azzurro � la respira la pietra scintillante, in eterno riposo, la pianta sensitiva che sugge, e il multiforme animale istintivo � ma soprattutto lo splendido intruso con gli occhi colmi di sensi, il passo leggero, le labbra dolcemente socchiuse, ricche di suoni. Come un sovrano della natura terrena, essa chiama ogni forza a metamorfosi innumeri, annoda e scioglie alleanze infinite, avvolge la sua immagine celeste intorno ad ogni creatura terrestre. La sua sola presenza rivela l�incanto dei reami del mondo.
In plaghe remote mi volgo alla sacra, ineffabile, arcana notte. Lontano giace il mondo � sepolto nel baratro di una tomba � squallida e solitaria la sua dimora. Nelle corde del petto spira profonda malinconia: In gocce di rugiada voglio inabissarmi e mescolarmi alla cenere. Lontananze della memoria, desideri della giovinezza, sogni dell�infanzia, brevi gioie e vane speranze dell�intera e lunga esistenza vengono in grigie vesti, come nebbie vespertine dopo il tramonto del sole. In altri spazi la luce ha piantato le sue tende gioiose. Non torner� mai dai suoi figli, che l�attendono in ansia con la fede degli innocenti?
Che cosa d�improvviso sgorga cos� carico di presagi sotto il cuore, e inghiotte l�aura tenue della malinconia? Anche tu trovi piacere in noi, oscura notte? Che cosa tieni sotto il tuo manto, che con forza invisibile mi tocca l�anima? Delizioso balsamo stilla dalla tua mano, dal fascio di papaveri. Le ali grevi dell�animo tu innalzi. Ci sentiamo pervasi da una forza oscura, ineffabile � un volto severo vedo con lieto spavento, che si piega su di me devoto e soave, e sotto i riccioli che senza fine s�intrecciano, mostra la cara giovinezza della madre. Come misera e puerile mi sembra ora la luce � come grato e benedetto il commiato dal giorno � Solo per questo quindi, perch� la notte discosta da te i fedeli, tu seminasti per l�immensit� dello spazio le sfere splendenti per annunciare la tua onnipotenza � il tuo ritorno � nei tempi della tua assenza. Pi� celesti di quelle sfere scintillanti ci sembrano gli occhi infiniti che la notte dischiude in noi. Cos� lontano non vedono le pi� pallide di quelle schiere innumerevoli � senza bisogno di luce penetrano con lo sguardo gli abissi di un�anima amante � il che colma uno spazio pi� alto di volutt� indicibile. Premio della regina del mondo, della eccelsa abitatrice di mondi sacri, custode di amore beato � a me ti manda � amata soave � caro sole della notte, � ora veglio. Perch� sono Tuo e Mio � tu mi hai rivelato che la notte � vita � mi hai fatto uomo � consuma con ardore spettrale il mio corpo, cos� che io mi congiunga etereo pi� intimamente con te e la notte nuziale duri in eterno.
NOVALIS
-
Un altro che adoro... grande personaggio, grande poeta.
Ozymandias
I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away.
Incontrai un viandante di una terra dell'antichit�,
Che andava dicendo: �Due enormi gambe di pietra stroncate
Stanno imponenti nel deserto� Nella sabbia, non lungi di l�,
Mezzo viso sprofondato e sfranto, e la sua fronte,
E le rugose labbra, e il sogghigno di fredda autorit�,
Tramandano che lo scultore di ben conoscere quelle passioni rivelava,
Che ancor sopravvivono, stampate senza vita su queste pietre,
Alla mano che le plasmava, e al sentimento che le alimentava:
E sul piedistallo, queste parole cesellate:
�Il mio nome � Ozymandias, re di tutti i re,
Ammirate, Voi Potenti, la mia opera e disperate!�
Null'altro rimane. Intorno alle rovine
Di quel rudere colossale, spoglie e sterminate,
Le piatte sabbie solitarie si estendono oltre confine.
Percy B. Shelley
-
Altre dello stesso autore
Ode al Vento Occidentale
I
Oh tu Vento selvaggio occidentale, �lito
della vita d'Autunno, oh presenza invisibile da cui
le foglie morte sono trascinate, come spettri in fuga
da un mago incantatore, gialle e nere,
pallide e del rossore della febbre, moltitudini
che il contagio ha colpito: oh tu che guidi
i semi alati ai loro letti oscuri
dell'inverno in cui giacciono freddi e profondi
come una spoglia sepolta nella tomba,
finch� la tua azzurra sorella della Primavera
non far� udire la squilla sulla terra in sogno
e colmer� di profumi e di colori vividi
il colle e la pianura, nell'aria i lievi bocci conducendo
simili a greggi al pascolo; oh Spirito selvaggio,
tu che dovunque t'agiti, e distruggi e proteggi: ascolta, ascolta!
II
Tu nella cui corrente, nel tumulto
del cielo a precipizio, le nuvole disperse
sono spinte qua e l� come foglie appassite
scosse dai rami intricati del Cielo e dell'Oceano,
angeli della pioggia e del fulmine, e si spargono
l� sull'azzurra superficie delle tue onde d'aria
come la fulgida chioma che s'innalza
sopra la testa d'una fiera Menade, dal limite
fioco dell'orizzonte fino alle altezze estreme dello zenit,
capigliatura della tempesta imminente. Canto funebre
tu dell'anno che muore, al quale questa notte che si chiude
sar� la cupola del suo sepolcro immenso, sostenuta a volta
da tutta la potenza riunita dei vapori
dalla cui densa atmosfera esploder� una pioggia
nera con fuoco e grandine: oh, ascolta!
III
Tu che svegliasti dai loro sogni estivi
le acque azzurre del Mediterraneo, dove
si giaceva cullato dal moto dei flutti cristallini
accanto a un'isola tutta di pomice del golfo
di Baia e vide in sonno gli antichi palazzi e le torri
tremolanti nel giorno pi� intenso dell'onda, sommersi
da muschi azzurri e da fiori dolcissimi al punto
che nel descriverli il senso viene meno!
Tu per il cui sentiero la possente
superficie d'Atlantico si squarcia
e svela abissi profondi dove i fiori
del mare e i boschi fradici di fango, che indossano
le foglie senza linfa dell'oceano, conoscono
la tua voce e si fanno all'improvviso grigi
per la paura e tremano e si spogliano: oh, ascolta!
IV
Fossi una foglia appassita che tu potessi portare;
fossi una rapida nuvola per inseguire il tuo volo;
un'onda palpitante alla tua forza, e potessi
condividere tutto l'impulso della tua potenza,
soltanto meno libero di te, oh tu che sei incontrollabile!
Potessi essere almeno com'ero nell'infanzia, compagno
dei tuoi vagabondaggi alti nei cieli, come quando
superare il tuo rapido passo celeste
sembrava appena un sogno; non mi rivolgerei
a te con questa preghiera nella mia dolente
necessit�. Ti prego, levami come un'onda, come
una foglia o una nuvola. Cado
sopra le spine della vita e sanguino! Un grave
peso di ore ha incatenato, incurvato
uno a te troppo simile: indomito, veloce ed orgoglioso.
V
Fa' di me la tua cetra, com'� della foresta;
che cosa importa se le mie foglie cadono
come le sue! Il tumulto
delle tue forti armonie lever� a entrambi un canto
profondo e autunnale, e dolcemente triste.
Che tu sia dunque il mio spirito, o Spirito fiero!
Spirito impetuoso, che tu sia me stesso!
Guida i miei morti pensieri per tutto l'universo
come foglie appassite per darmi una nascita nuova!
E con l'incanto di questi miei versi disperdi
come da un focolare non ancora spento,
le faville e le ceneri, le mie parole fra gli uomini!
E alla terra che dorme, attraverso il mio labbro,
tu sia la tromba d'una profezia! Oh, Vento,
se viene l'Inverno, potr� la Primavera esser lontana?
-
Serenata indiana
Nel primo dolce sonno della notte
mi risveglio dai sogni in cui tu appari,
quando sospira lievemente il vento
e splendono le stelle luminose:
mi risveglio dai sogni in cui tu appari,
e uno spirito allora mi ha condotto,
chiss� come, vicino alla finestra
della tua camera, o dolcezza mia!
Le arie vagabonde illanguidiscono
lungo il ruscello oscuro e silenzioso,
i profumi del Champak svaniscono
come dolci pensieri in un sogno;
muore il lamento dell'usignolo sul cuore
della diletta, proprio come me
destinato a morire sul tuo,
o tu che sei la mia amata!
Oh, ti prego, sollevami dall'erba!
Muoio e mi sento debole e languido!
Oh, che il tuo amore piova in mille baci
sulle mie labbra e sulle smorte palpebre.
Ahim�, le guance sono fredde e pallide,
ed il mio cuore batte impetuoso e forte!
Oh, stringilo al tuo cuore nuovamente,
dove alla fine si dovr� spezzare!
-
La nascita del piacere
Alla creazione della terra
il Piacere, la nascita pi� divina,
si lev� dal suolo del Paradiso,
avvolta in dolci e selvagge melodie,
come un'esalazione che sale in spire
al suono dell'aria che soffia lieve
attraverso i pini eolii, che sono
ombra e riparo per il lago
donde si alza tenera e lenta;
le sue membra con il respiro della vita
fluivano nell'armonia divina
di una linea sempre continua
che avvolgeva la sua forma perfetta
di una bellezza calda e luminosa.
Ti amerei
Ti amerei nel vento
Sotto il cielo terso in primavera
Tra la dolcezza delle rose...
Ti amerei nel canto degli uccelli
All'ombra della vegetazione
Sulle pietra calda e nuda
Sotto il solo bruciante,
Nella frescura dell'erba
E con il canto degli insetti..
Ti amerei il giorno e la notte,
Nella calma e nella tempesta
Sotto le stelle che brillano
Sotto la rugiada della notte
E la mattina all'alba
Con il sorriso e con le lacrima,
Ti amerei con tutte le mie forze...
TEMO I TUOI BACI FANCIULLA GENTILE
Temo i tuoi baci fanciulla gentile, ma tu
non hai motivo di temere i miei;
troppo profondamente il mio spirito � oppresso
perch� io possa opprimere anche il tuo.
Temo il tuo viso e la tua voce e i gesti, ma tu
non hai motivo di temere i miei;
la devozione del cuore con la quale adoro
il tuo cuore, sii certa, � innocente.
-
I PELLEGRINI DEL MONDO
Tu Stella dimmi, che ali di luce
ti sospingono rapida a un volo di fiamma,
dentro quale caverna della notte
si chiuderanno ora le tue piume?
E tu Luna che vai, pallida e grigia
pellegrina del Cielo, per vie senza riparo,
in quali abissi del giorno e della notte
stai ora ricercando il tuo riposo? *
Vento ormai stanco, che passi vagabondo
come l'ospite esule del mondo,
possiedi ancora un tuo nido segreto
in vetta a un albero, in mezzo alle onde?
* Mia nota: Leopardi l'avr� letta? Ricorda "che fa tu Luna in ciel?" del Canto notturno
-
Vi � un piacere nei boschi inesplorati
e un'estasi nelle spiagge deserte,
vi � una compagnia che nessuno pu� turbare
presso il mare profondo,
e una musica nel suo ruggito;
non amo meno l'uomo ma di pi� la natura
dopo questi colloqui dove fuggo
da quel che sono o prima sono stato
per confondermi con l'universo e l� sentire
ci� che mai posso esprimere
n� del tutto celare.
George Gordon Byron
-
Ode su un'urna greca
Tu, ancora inviolata sposa della quiete,
Figlia adottiva del tempo lento e del silenzio,
Narratrice silvana, tu che una favola fiorita
Racconti, pi� dolce dei miei versi,
Quale intarsiata leggenda di foglie pervade
La tua forma, sono dei o mortali,
O entrambi, insieme, a Tempe o in Arcadia?
E che uomini sono? Che dei? E le fanciulle ritrose?
Qual � la folle ricerca? E la fuga tentata?
E i flauti, e i cembali? Quale estasi selvaggia?
S�, le melodie ascoltate son dolci; ma pi� dolci
Ancora son quelle inascoltate. Su, flauti lievi,
Continuate, ma non per l'udito; preziosamente
Suonate per lo spirito arie senza suono.
E tu, giovane, bello, non potrai mai finire
Il tuo canto sotto quegli alberi che mai saranno spogli;
E tu, amante audace, non potrai mai baciare
Lei che ti � cos� vicino; ma non lamentarti
Se la gioia ti sfugge: lei non potr� mai fuggire,
E tu l'amerai per sempre, per sempre cos� bella.
Ah, rami, rami felici! Non saranno mai sparse
Le vostre foglie, e mai diranno addio alla primavera;
E felice anche te, musico mai stanco,
Che sempre e sempre nuovi canti avrai;
Ma pi� felice te, amore pi� felice,
Per sempre caldo e ancora da godere,
Per sempre ansimante, giovane in eterno.
Superiori siete a ogni vivente passione umana
Che il cuore addolorato lascia e sazio,
La fronte in fiamme, secca la lingua.
E chi siete voi, che andate al sacrificio?
Verso quale verde altare, sacerdote misterioso,
Conduci la giovenca muggente, i fianchi
Morbidi coperti da ghirlande?
E quale paese sul mare, o sul fiume,
O inerpicato tra la pace dei monti
Ha mai lasciato questa gente in questo sacro mattino?
Silenziose, o paese, le tue strade saranno per sempre,
E mai nessuno torner� a dire
Perch� sei stato abbandonato.
Oh, forma attica! Posa leggiadra! con un ricamo
D'uomini e fanciulle nel marmo,
Coi rami della foresta e le erbe calpestate -
Tu, forma silenziosa, come l'eternit�
Tormenti e spezzi la nostra ragione. Fredda pastorale!
Quando l'et� avr� devastato questa generazione,
Ancora tu ci sarai, eterna, tra nuovi dolori
Non pi� nostri, amica all'uomo, cui dirai
"Bellezza � verit�, verit� � bellezza," - questo solo
Sulla terra sapete, ed � quanto basta.
John Keats
-
Paesetto di Riviera
La sera amorosa
ha raccolto le logge
per farle salpare
le case tranquille
sognanti la rosa
vaghezza dei poggi
discendono al mare
in isole, in ville
accanto alle chiese.
ALFONSO GATTO