“Challengers” (2024) di Luca Guadagnino
Due amici di vecchia data si affrontano in una partita di tennis in un torneo challenger. Uno è diventato un giocatore di successo ma è reduce da un infortunio, l’altro gioca nei tornei minori e non se la passa troppo bene. Entrambi anni prima hanno perso la testa per la stessa ragazza (che con la treccia mentre gioca Zendaya ricorda Camila Giorgi anche se bruna) la quale decide di stare con quello più forte. Qualunque fosse stata la scelta avrebbe comunque messo in crisi l’amicizia tra i due, anche perché appare come una decisione non definitiva, aldilà del matrimonio. ”Challengers” doveva essere il film di apertura di Venezia 80 ma per via dello sciopero degli attori americani la presentazione in laguna saltò. Ha una struttura originale con continui flash back che ci fanno vedere com’è il rapporto dei tre attualmente e come lo era stato anni prima, soprattutto come tutto è iniziato e si è sviluppato nel corso del tempo. Guadagnino sa stare dietro la macchina da presa anche se eccede con l’utilizzo del rallentatore, mentre particolare la scelta delle musiche affidate a Trent Reznor, quindi techno pulsante a disegnare i colpi di un tennis diventato ai giorni nostri sempre più fisico. Ci sono anche altri brani non originali tra cui un accenno di “Pensiero stupendo” cantata da Patti Pravo (appunto sul triangolo). Detto ciò il film non mi è dispiaciuto ma nemmeno entusiasmato per via di un’eccessiva pulizia stilistica, forse per bilanciare il cannibalismo del precedente, ma che poi pensandoci bene è il tratto distintivo del cinema di Guadagnino, come già si era potuto capire in quello che rimane il suo miglior film, “Call me by your name”, un Bertolucci leggero e poco idealista che lascia la porta aperta a qualsiasi possibilità, aldilà del formalismo. Esplicativa, simpatica e divertente la scena dei tre nella camera d’albergo all’inizio del film.

Challengers ***