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Discussione: L'ultimo film che avete visto?

  1. #7531
    Opinionista L'avatar di Barrett
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    “Mulholland Drive” (2001) di David Linch
    Per un attimo abbandono i film presentati a Cannes e Venezia. Il 15 novembre uscirà in molte città italiane la versione restaurata di quello che i fan di Linch considerano il suo capolavoro, alcuni arrivano addirittura a considerarlo il più bel film del cinema. Non lo avevo mai visto, non potevo non dagli un’occhiata prima di vederlo magari al cinema nella nuova veste (in verità l’ho visto due volte). E’ la storia di un’attricetta che sogna di diventare una stella di Hollywood. Questo in estrema sintesi il soggetto, la trama è molto complessa ma a mio parere è la cosa migliore del film, una sceneggiatura geniale in una realizzazione che soprattutto nella prima parte lascia un po’ a desiderare. Ascoltando la trasmissione radiofonica di Raitre “Hollywood Party” che ha dedicato al film un’intera puntata, si scopre che in verità il film doveva essere una serie televisiva bocciata però dal committente per la complessità della vicenda. Linch allo decide di concluderlo come film. A parte Naomi Watts e davvero pochi altri, gli attori sono di basso livello, il direttore della fotografia di certo non uno Storaro e qui e là si nota l’influenza neppure troppo nascosta di Hitchcock. Un film corretto in corsa che col tempo ha acquisito la fama di capolavoro tra appassionati e critici. Presentato a Cannes venne battuto per la Palma d’Oro da “La stanza del figlio” di Moretti. Un consiglio per chi lo volesse guardare: una visione non è sufficiente, oppure prima ancora di vederlo, approfondire la trama perché il rischio è di non capire nulla.

    Mullholland Drive ***

  2. #7532
    Opinionista L'avatar di Barrett
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    "In the Mood for Love" (2000) di Wong Kea-wai
    Altro film recuperato. Hong Kong 1962. Due coppie si trasferiscono in uno stabile nello stesso momento, divenendo vicini di casa. L'uomo di una coppia e la donna dell'altra si incontrano spesso nel pianerottolo nei momenti di rientro uscita da ciascuna casa. Con molta discrezione decidono di frequentarsi anche fuori, dando vita a una relazione extra-coniugale. La trama è molto semplice, la bellezza del film è nella cura con cui è stato realizzato. Ogni scena è girata con una perfezione maniacale. Ogni dettaglio, come l'inquadratura di un viso o di un oggetto, rimanda all'arte fotografica. La varietà dei colori dei vestiti e dell'arredamento delle abitazioni lascia senza parole. Qualcuno dirà che è solo un esercizio stilistico e alcune immagini troppo ridondanti, ma la qualità della pellicola non può essere messa in discussione.

    In the Mood for Love ****

  3. #7533
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    17/07/06
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    "Tutti in piedi" di Franck Dubosc, francese, 2018, sabato su Raimovie.

    Jocelyn mente tutto il tempo, ci prova tutto il tempo. Con tutte. Bionde, rosse, brune, indigene, straniere, alte, piccine, il catalogo è infinito e disparato. Appassionato corridore e playboy con azienda florida e Porsche fiammante, Jocelyn incontra Florence, una violinista con l'hobby del tennis costretta sulla sedia a rotelle. Un concorso di circostanze, affatto nobili e a cui proprio non riesce a sottrarsi, lo spingono a sedurla fingendosi paraplegico. Ma il sentimento che insorge improvvisamente per la donna complica dannatamente le cose e rimanda (troppo) a lungo il momento della verità. Colta e sensibile, Florence gli servirà un rovescio, costringendolo all'errore e alla resa totale.

    Divertente e allo stesso tempo profondo. Bella e brava la protagonista Alexandra Lamy
    amate i vostri nemici

  4. #7534
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    Tre film del 2021 dai festival più importanti. Presentato a Berlino “Petite Maman” di Céline Sciamma. Una bambina accompagna i genitori a mettere a posto la casa della nonna appena morta. Giocando nel bosco vicino incontra un’altra bambina che non è altro che la madre alla sua stessa età. Film sul potere che i bambini hanno di vivere un’altra vita immaginaria all’interno della loro reale. Ottime le premesse, che purtroppo però vengono disperse con il passare dei minuti quando la magia diventa troppo simile alla realtà. **.
    Direttamente da Cannes dove ha vinto la Palma d’Oro “Titane” di Julia Ducournau. Una ragazza con una placca di titanio nel cervello a seguito di un incidente, ha seri problemi ad accettarsi e a sopportare tutto quello che le ruota attorno. Diventa una serial killer ammazzando chiunque abbia la pessima idea di voler stabilire un rapporto con lei. Per sfuggire alla cattura si traveste da maschio, ma è solo un altro modo per cancellare la propria identità ed essendo rimasta incinta cerca in tutti modi di abortire. Faccio fatica a considerarlo un film riuscito, tropo controverso e a volte inutilmente violento con scene difficili da digerire. Eppure alla fine l’ho trovato interessante, con una regia incalzante, bellissima nei due minuti iniziali. Più che da Palma d’Oro il mio pensiero è che sia diretto a un pubblico ristretto. ***
    Proveniente da Venezia invece “Freaks Out” (2021) di Gabriele Mainetti, film fantastico ambientato durante la seconda guerra mondiale. Alcuni circensi con poteri straordinari sono costretti a sciogliere la compagnia per via della guerra. Dopo varie peripezie si ritrovano a lavorare nel circo di Berlino di stanza a Roma. Utilizzeranno i loro poteri per liberare alcuni ebrei destinati ai campi di concentramento. Film di puro cinema dove si possono riconoscere tanti grandi registi del passato a partire da Fellini ma anche recenti come Tim Burton. Gran lavoro di Mainetti, una regia brillante senza pause. Molto brava Aurora Giovinazzo nella parte di Matilde. Unico difetto del film, la battaglia finale troppo lunga e eccessiva. Per il resto ottimo. ***

  5. #7535
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    "Annette" (2021) di Leos Carax
    Film di apertura di Cannes quest'anno. Una coppia di artisti, lui (Adam Driver) stand up comedian, lei (Marion Cotillard) cantante lirica hanno una bambina che ha le sembianze di un pupazzo. Il loro è un rapporto che funziona, basato sull'equilibrio dei ruoli, nessuno sente invidia per il successo dell'altro. Improvvisamente lui viene accusato di molestie da alcune donne a da li in avanti l'equilibrio nel rapporto di coppia si rompe sino a un evento tragico. La prima parte l'ho trovata davvero riuscita, un film coraggioso diviso tra musical, teatro e lirica senza che una componente prenda il sopravvento sull'altra. La regia e il montaggio dimostrano il gusto e il talento di Carax, la parte teatrale mi è parsa davvero interessante. Purtroppo nella seconda parte non si rovina solo l'equilibrio nella coppia ma anche quello presente nel film dove la componente musical prende il sopravvento rendendo il tutto un po' ridicolo con Driver che tenta di sfruttare il talento acerbo della figlia. Un film sull'amore, sul potere che ha di migliorare la nostra esistenza ma che a volte ci spinge oltre misura rovinando tutto.

    Annette **

  6. #7536
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    “Spencer” (2021) di Pablo Larrain
    Proveniente da Venezia, un altro scorcio di biografia da parte del regista cileno dopo “Jackie” moglie di Kennedy e “Neruda”. Sono gli ultimi mesi del matrimonio di Lady Diana e l’ultimo natale con la famiglia reale nella residenza in Norfolk. E’ una Diana sull’orlo del suicidio, isolata dall’entourage della Regina, evitata da Carlo che l’accusa di aver mischiato vita privata con vita pubblica. Diana è stufa di recitare una parte che non le si addice, di vivere una vita piena di formalità e lusso sfrontato, per non parlare del tradimento perpetuo e sin dal principio da parte del marito. Le rimangono i figli e poco altro. Nel film non c’è nulla che non si sapesse già e Larrain fa del suo meglio per mantenere l’interesse nello spettatore attraverso la sua regia, una delle migliori in circolazione, aiutato dalla fotografia opaca, come il film, di Claire Mathon e dalla musica classica da camera, alternata nei momenti più bui da un soffice jazz fusion, composta da Jonny Greenwood, chitarrista dei Radiohead. Il finale è un po’ hollywoodiano, con le cose che sembrano mettersi a posto, con Diana che “scappa” con i figli a Londra. Ma, come sappiamo, è solo apparenza.

    Spencer ***

  7. #7537
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    “E’ stata la mano di Dio” (2021) di Paolo Sorrentino
    Gran premio della giuria a Venezia, prodotto da Netflix, quindi pochi giorni in sala e poi solo sulla piattaforma. Film autobiografico in cui il giovane Sorrentino è alla ricerca della sua strada nei giorni dell’arrivo a Napoli di Maradona, di cui il regista era grande tifoso. E’ un film personale, con la sua famiglia al centro della storia, Toni Servillo il padre, e nel quale il protagonista capisce un giorno che il suo futuro sarà nel cinema, il solo che gli permetta di trovare quello che la realtà gli nega. Personalmente l’ho trovato debole, con una regia stanca senza che bastassero le acrobazie di alcuni protagonisti pittoreschi e alcune sequenze felliniane a risollevare il mio giudizio. Però leggo da più parti recensioni positive, quindi sicuramente sbaglio io.

    E’ stata la mano di Dio **

  8. #7538
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    “Belfast” (2021) di Kenneth Branagh
    Come Sorrentino, anche Branagh si cimenta in un film autobiografico che riguarda la sua infanzia a Belfast, Irlanda del Nord, durante gli scontri tra cattolici e protestanti. Il problema irlandese è tornato in voga ultimamente con la Brexit per motivi commerciali, mentre all’epoca era di natura politico/religioso e il film rappresenta gli scontri in atto alla fine degli anni sessanta visti attraverso gli occhi di un bambino, appunto Branagh. Ne esce fuori un affresco irlandese, per certi versi simile a quello messicano, anche in quel caso autobiografico, di cui fu artefice qualche anno fa Alfonso Cuaron con “Roma”, senza naturalmente raggiungere quelle vette. Ottima comunque la regia di Branagh, soprattutto il lavoro fatto con gli attori, con il bambino in particolare. Inutile aggiungere qualcosa su Judi Dench. Qualche perplessità invece sul b/n grigio topo che con il digitale è quasi sempre inevitabile.

    Belfast ***

  9. #7539
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    “Get Back” (2021) di Peter Jackson
    E’ un documentario sulle session che portarono i Beatles agli ultimi due album della loro epopea, “Abbey Road” e “Let it Be”, gennaio 1969. Per quanto mi riguarda i fab four non mi introdussero al rock, per quello ci furono successivamente i Rolling Stones, mi limitai ad ascoltarli insieme ad Abba e Donna Summer. Furono comunque la miglior vetrina per la nuova musica che si stava sviluppando negli anni sessanta, oltre a contribuire al mutamento del costume in una società sempre più dedita ai consumi. Il documentario è diviso in tre parti per un totale di circa 7 ore. Nella prima parte si vede il gruppo e il suo infinito entourage affittare uno stabile a Twickenham per preparare uno show televisivo poi annullato. A parte McCartney gli altri componenti non sono entusiasti della situazione che sfocia con l’abbandono momentaneo di Harrison. Nella seconda parte la band si trasferisce negli studi di Abbey Road per l’incisione di nuovi brani e la preparazione di un concerto dal vivo. Dopo aver pensato al parco di Primrose Hill decidono di farlo sul tetto degli studi. In questa fase alternano le prove di nuovi brani (Get Back, Let it Be, Don’t Let Me Down etc) con la riproposizione di vecchi (comica una versione di “Help”), anche di altri artisti rock and roll o brani futuri come “Jealous Guy” intitolato per l’occasione “Going to Marrakesh” che farà parte di un album solista di Lennon. Vedendoli suonare e non conoscendoli vengono in mente dei principianti capitati per caso in uno studio di registrazione. Si nota anche la differenza tecnica con l’unico session man presente alle registrazioni, Billy Preston. Poi però i brani ascoltati nella versione definitiva fanno capire quale fosse la capacità compositiva e la loro coesione come band. La terza parte prosegue con le stesse modalità della seconda con le prove di altri brani nuovi come “The Long and Winding Road” e “Something” con alcune delle più memorabili melodie mai ascoltate. Che il gruppo si trovasse a un bivio è evidente quando discutono a lungo se continuare a lavorare per un disco, fare il concerto sul tetto o ripensare al Tv show, con Harrison che parla già di disco solista (con l’approvazione di Yoko Ono…). Il successivo breve concerto sul tetto, interrotto dalla polizia per le lamentele e il caos creato in strada, è la cosa migliore del documentario, ma era già visibile da tempo su Youtube.
    Giudizio finale. Anche come documentario o mini serie televisiva in tre puntate mi è parso eccessivamente lungo e con alcune parti ripetitive. Avrei escluso totalmente la prima parte e accorciato le altre due. La qualità delle immagini e il suono è eccelso e non sorprende considerato quale investimento ci fosse dietro ai Beatles. Per appassionati.

    Get Back **

  10. #7540
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    Ancora da Cannes 2021

    “Scompartimento 6” (2021) di Juho Kuosmanen
    Ha vinto il premio speciale della giuria nella kermesse francese, è la storia di una giovane archeologa finlandese che si reca in treno nel nord della Russia per esaminare alcuni reperti. Il viaggio è lungo e nel suo scompartimento incontra un tipo con il quale inizialmente ha difficoltà a legare ma con cui successivamente il rapporto si scioglie rendendo il viaggio più piacevole per entrambi. Storia interessante, paesaggi e personaggi rari nei nostri film, situazioni nelle quali la qualità della vita non è solo precaria per il clima glaciale ma anche per la evidente ristrettezza economica post comunista. Quello a cui è mancato al film a mio parere è uno stile più personale da parte del regista. Si spera che il premio vinto gli permetta di dotare il suo cinema di una maggiore espressività anche grazie a un differente supporto tecnico.

    Scompartimento 6 **

    “The French Dispatch” (2021) di Wes Anderson
    Da un film privo di stile a uno che ne ha persino troppo. Il cinema di Anderson presenta connotati assurdi sia nelle storie che nei personaggi, con un mutamento costante di umore e ambientazione, ma che alla fine rimane comunque fumettistico. Anche in questo film lo ritroviamo nella medesima veste, con tre episodi nei quali i protagonisti sono in ordine un pittore incarcerato, una protesta studentesca e un rapimento. A seconda delle situazioni si passa dal colore al b/n, purtroppo il solito grigio topo digitale, con la presenza di alcuni tra gli attori del momento, come se ci fosse una corsa per essere diretti dal regista. Impossibile non rimanere affascinati (o schifati) dal lavoro artigianale, dai dettagli e dall’imprevedibilità di scene e battute.

    The French Dispatch ***

  11. #7541
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    “One Second” (2020) di Zhang Yimou
    Dedicatosi al cinema per sfuggire al duro lavoro da operaio in Cina, Yimou diventa famoso in occidente all’inizio degli anni 90 con “Lanterne Rosse” interpretato dalla bellissima Gong Li. Con quel film e gli altri di quel periodo racconta la Cina di inizio secolo scorso, soprattutto le zone rurali, quelle più povere e abbandonate, attento a sfuggire ai duri colpi della censura. “One Second” era programmato per Berlino 2020, poi improvvisamente è stato bloccato, si pensa per volere del governo cinese, ed è apparso solo quest’anno al festival di Toronto nel mese di settembre. Per certi versi ricorda “Nuovo Cinema Paradiso” di Tornatore, con l’attesa da parte degli abitanti dei distretti sorti nel vasto deserto cinese di assistere alle proiezioni del cinema, film e cinegiornali. Il protagonista è un carcerato che fugge di prigione in quanto è venuto a conoscenza che nella pellicola è ripresa la figlia che non vede da anni. A differenza dei film degli esordi Yimou strizza l’occhio al cinema occidentale, si nota nella recitazione e in alcune scene che appaiono anche un po’ scontate, ma sempre con il gusto e la tecnica che da sempre gli sono state riconosciute, come ad esempio nella varie riprese del deserto.

    One Second ***

  12. #7542
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    E’ partita la campagna degli Oscar e gli americani lanciano le proprie frecce per tentare di fare loro le statuette più ambite. Per quella di miglior film per ora i favoriti sembrano essere lontani dal puro cinema di Hollywood, “The Power of the Dog” e “Belfast”.

    “CODA” (2021) di Sian Heder
    Una famiglia dedita alla pesca è interamente sordomuta tranne la figlia più piccola che si prodiga per risolvere i problemi che evidentemente i parenti debbono affrontare per le loro limitazioni. La ragazza studia, aiuta i genitori nella loro attività e a ad un certo punto decide di dedicarsi al canto che scopre essere la sua vera passione. Bel soggetto, ma realizzazione povera. Non pare avere quelle tipiche caratteristiche per vincere la statuetta più ambita.

    CODA **

    “Don’t Look Up” (2021) di Adam McKay
    Una studentessa di astronomia (Jennifer Lawrence) osservando alcune immagini dell’universo scopre una nuova cometa e il suo professore (Leonardo di Caprio) che la stessa è diretta contro la terra e a fatica riesce ad ottenere un colloquio con il Presidente degli Stati Uniti (una spassosissima Meryl Streep) la quale non intravvede tutto questo percolo per poi tornare sui suoi passi quando deve coprire degli scandali. Il film che è tutto nella interpretazione dei grandi attori (anche Cate Blanchett e l’onnipresente Timothée Chalamet), è una parodia del cinema che si occupa del pericolo che viene dallo spazio e di quello tipo Malick circa il significato della vita o cose simili. Ottima l’impaginazione con titoli di apertura e di coda che presentano delle sorprese.

    Don’t Look Up **

    “King Richard” (2021) di Reinaldo Marcus Green
    Richard Williams è convinto che le figlie Venus e Serena diventeranno delle campionesse di tennis. E’ così determinato che costringe le due bambine ad ore ed ore di allenamenti monotoni e ad insistere affinché partecipino ai tornei dei più grandi, saltando il percorso giovanile, ridicolizzando manager e allenatori che credono di sapere come gestire le due sorelle. Storia vera naturalmente, di quelle una su mille ce la fa e Richard ce l’ha fatta. Venus è stata la prima giocatrice afroamericana a diventare numero uno della classifica mondiale, Serena se non è la più grande tennista di sempre poco ci manca. Un tennis dove la determinazione è la qualità fondamentale, il resto sono grugniti e palla colpita con violenza. Ottimo Will Smith in un sonnacchioso Richard Williams, ma il film che potrebbe anche vincere la statuetta più ambita, è poca cosa.

    King Richard **

  13. #7543
    Opinionista L'avatar di Breakthru
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    "Drive" di Nicolas Winding Refn con Ryan Gosling
    La storia di un eroe anonimo

    era da tempo che lo tenevo in lista, i giudizi della critica sono tutti positivi, premiato a Cannes per la regia


    Gradevole visivamente, dialoghi quasi assenti, prevalgono gli sguardi e la mimica facciale, azione quando meno te l'aspetti, un paio di inseguimenti con la macchina

    si, beh, mah... non male, non fondamentale

  14. #7544
    mi vergogno a dirlo
    Helzapoppin
    ed il passaggio del giardiniere che cerca la signora Jones mi fa sempre ridere

  15. #7545
    "Don't Look Up" con Di Caprio, Jennifer Lawrence e un cast corale che comprende Meryl Streep, Cate Blanchett e il grande Mark Rylance. Una commedia fantascientifico-catastrofica prodotta in modo molto intelligente.
    A parte il cast, notevole, anche la storia nell'insieme non è male. Voto: diciamo un 8 ben meritato.

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