“The virgin suicides” (1999) di Sofia Coppola
Il suicidio di un’adolescente manda in crisi una piccola cittadina della provincia americana. Era la sorella più piccola di altre tre ragazze, le più belle del posto con una fila di pretendenti fuori della porta. La madre intrisa di credenze religiose le costringe a una vita quasi di clausura punendole oltremodo quando le figlie si comportano come tutte le loro coetanee. Presentato per la rassegna “Il cinema ritrovato” nelle sale italiane in questi giorni, il film è l’esordio cinematografico di Sofia Coppola, figlia del leggendario Francis Ford – e questo più che un peso è un macigno che ti frega per sempre. Che abbia respirato cinema sin da piccola si nota all’istante e questo film rappresenta gran parte della sua carriera essendosi occupata spesso di adolescenti. Per il resto dovrei ripetere quello detto su Guadagnino anche se qui si parla di un film di 25 anni fa e cioè che non si discute la fattura complessiva dell’opera, come pure la capacità di dirigere un cast nel quale emerge una promettente Kirsten Dunst, per non parlare della fotografia, un analogico dai colori sempre un po’ sfumati che non invecchierà mai, semmai su una evidente superficialità nel disegnare storie e personaggi come può dimostrare la biografia di Priscilla Presley dell’anno passato, la cui vicenda aveva poco da dire se non quello di raccontare la vita sacrificata della moglie di una celebrità, in modo che la Coppola potesse concentrarsi essenzialmente sulla forma.

The virgin suicides ***