Grazie![]()
amate i vostri nemici
“Anora” (2024) di Sean Baker
Anora è una escort che lavora in un locale di New York dove conosce un giovane russo figlio di un miliardario. Dopo pochi incontri il ragazzo le chiede di passare insieme una intera settimana al termine della quale le fa la una proposta di matrimonio che la ragazza accetta e che viene immediatamente celebrato a Las Vegas. E’ una delle tante versioni moderne della favola di Cenerentola, ma qui più che rompersi l’incantesimo si guasta virando decisamente verso toni volgari, grotteschi e comici, con alcune scene davvero esilaranti. A Cannes “Anora” si è aggiudicata la Palma d’Oro, un premio meritato per Sean Baker, regista che non ha mai tradito la sua vena di autore indipendente (“The Florida Project”, “Red Rocket”) che vede quali protagonisti dei suoi film gli emarginati, gli esclusi, i mezzo falliti o falliti del tutto, magari in cerca di riscatto o che lo ricevono senza averlo cercato, come appunto Anora che per un attimo sfiora la svolta a una vita passata a soddisfare le voglie altrui e la cui vera natura è ben rappresentata nella scena conclusiva. Il film non mi ha convinto del tutto per via di una sceneggiatura che presenta alcuni tempi morti e diverse scene ripetitive (quelle di sesso in primis), mentre convincente è la regia di Baker, davvero di alto livello. E per la regia gli avrei dato il premio a Cannes.
Anora ***
Il film consigliatomi da Conogelato.
“Sotto le stelle di Parigi” (2021) di Claus Drexel
Una clochard dorme sotto un ponte di Parigi, all’interno di un magazzino grazie all’interessamento di un dipendente del Comune. Fuori dalla porta, una notte, si presenta un bambino di colore che la donna cerca in tutti i modi di mandare via per non avere problemi con le autorità. Il bambino però dal giorno seguente inizia a seguirla dappertutto fino a quando la donna non finisce per perdere la sua sistemazione. Da questo momento in poi la clochard si occuperà del bambino adoperandosi a rintracciare la madre. Il film analizza tre problemi in uno ovvero i senzatetto, gli immigrati e il rapporto tra questi e coloro che sono già integrati. Tutto sommato ha una certa qualità nella direzione, ma banalizza i temi trattati edulcorandoli oltremisura ed enfatizzando dove sta il giusto e il buono in contrasto con l’egoismo da parte di persone insensibili. Sicuramente adatto ai bambini, magari da far vedere durante le feste anche per introdurli ai problemi della nostra società. Per chi volesse vedere tre film di spessore usciti recentemente che trattano del problema dell’immigrazione il mio consiglio va a “Io Capitano” di Matteo Garrone e soprattutto a “Green Border” di Agnieska Holland, entrambi dell’anno passato e “La storia di Souleymane” di Boris Lojkine uscito quest’anno.
Sotto le stelle di Parigi **
Visti i tempi, per me è molto più adatto a noi adulti....
amate i vostri nemici
“Juror n. 2” (2024) di Clint Eastwood
Malgrado la moglie sia oggetto di una gravidanza a rischio, un giurato non esita a impedire una veloce conclusione di un processo per omicidio allungando la discussione per giorni. Il protagonista ha un motivo valido per bloccare la necessaria unanime decisione della giuria, ma non dico altro per non svelare il punto centrale del soggetto del film nel caso in cui qualcuno avesse già deciso di andare a vederlo. Personalmente non sono tra quelli che nel corso degli anni si è mai stracciato le vesti per il cinema di Eastwood regista. Mi è diventato persino un po’ antipatico quando saltò fuori che tentò, da giurato di Cannes, di bloccare un premio a “Caro diario” di Nanni Moretti. Diceva che non comprendeva tutto questo interesse nei confronti di quella persona che andava in giro in motorino per le strade di Roma. “Giurato n. 2” non mi sembra di una qualità diversa dai suoi film precedenti e non mi pare neppure una storia originalissima e a parte alcune forzature giudiziarie, tipiche di un certo cinema americano, oltre al senso di rimorso e all’impossibilità di raccontare la verità da parte del protagonista, aggiungendo il dietrofront dell’ultimo minuto, quello che il film ci ricorda è che se le indagini per un delitto sono fatte male o neanche fatte, è automatico pensare che il colpevole sia quello più facile da considerare tale.
Juror n. 2 ***
Sei inflessibile. Mettersi addirittura a contestare Clint Eastwood....
Vabbè.
amate i vostri nemici
“Paris, Texas” (1984) di Wim Wenders
In questi mesi stanno uscendo in sala alcuni capolavori dei decenni passati tra cui “The Godfather” parte seconda, “Pulp Fiction” e appunto “Paris, Texas”.
Prima scena, un uomo vaga nel deserto americano, apparentemente senza meta. Viene recuperato dal fratello che lo porta a casa sua dove vive il bambino che l’uomo ha avuto anni prima da una ragazza poi scomparsa. Travis, il nome dell’uomo, fatica a ricordare il passato e di essere perfino padre, ma in pochi giorni, vivendo insieme al bambino e guardando un vecchio video dove loro appaiono in momenti spensierati, riaffiorano in lui quegli istanti che aveva cancellato dalla sua mente. Si mette quindi alla ricerca della madre del bambino ritrovandola in un luogo squallido; l’incontro tra i due è commovente, ma è nulla rispetto a quello successivo tra lei e il bambino in una stanza di un hotel. Il film vinse all’epoca la Palma d’Oro a Cannes; nella regia di Wenders l’espressività delle immagini si sposano perfettamente con la precisione delle inquadrature, i primi piani si alternano ai campi lunghi e il diaframma è spesso chiuso per evidenziare ogni millimetro della scena; la storia, scritta da Sam Shepard, narra del vuoto esistenziale dopo un abbandono in una società che non prevede gli anticorpi; la fotografia di Robby Muller è intensa e abbina le variazioni cromatiche ai riflessi; la musica di Ry Cooder lacerante.
Paris, Texas *****
Ehhhh uno dei più bei film del secolo scorso!
Peccato la Natassja Kinski non abbia mantenuto nel tempo le premesse che lasciava intravedere come attrice, vero? Qua fu eccellente.
amate i vostri nemici
“Conclave” (2024) di Edward Berger
Il Papa è morto. Si apre quindi il conclave per l’elezione del successore, con vedute opposte tra i cardinali, più progressisti alcuni altri meno. Durante i tentativi di elezione vengono fuori situazioni scabrose con il diretto coinvolgimento di candidati, alcune reali, segnalate tra l’altro anche dal Papa prima di morire, altre montate ad arte per screditare possibili vincitori. In questa veste la Chiesa viene dipinta come un covo di serpi, e qui mi pare nulla di nuovo, tra chi pensa di fare un servizio a Dio, chi alla Curia e chi a se stesso. Ma la sorpresa uscirà fuori a Papa eletto e sarà una vera bomba, comunque in linea con i nostri tempi. Berger l’avevamo apprezzato due anni fa con il film di guerra “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, Oscar al miglior film internazionale e con questo conferma di essere un regista di alto livello. Ottime tutte le componenti del film, oltre alla regia si segnalano fotografia e interpretazione, soprattutto quella di Ralp Fiennes. Nel cast presenti anche Isabella Rossellini e Sergio Castellito. Pur essendo un film fin troppo compassato (guardandolo il mio pensiero non poteva non andare alla versione ben più movimentata e surreale che sullo stesso tema fece Nanni Moretti) è difficile pensare che non riceva candidature ai prossimi Oscar.
Conclave ***
“Small little things like these” (2024) di Tim Mielants
Un venditore di carbone di un piccolo villaggio nella cattolicissima Irlanda scopre le condizioni di vita a cui sono costrette delle giovani ragazze senza famiglia ospitate in un convento gestito da suore. La vicenda riporta alla mente dell’uomo un trauma che non è mai riuscito a superare e malgrado abbia una mezza intenzione di intervenire, viene avvisato che le suore controllano un po’ tutto nella zona ed è quindi meglio che si tenga per se la scoperta. Il film era in concorso a Berlino e si avvale di un ottimo cast tra cui Cillian Murphy (Oppenheimer) e Emily Watson e a parte un certo indugiare persistente in alcune situazioni che finiscono per renderlo troppo lento, mi è parso ben fatto.
Small little things like these ***
“Freud’s last session” (2023) di Matt Brown
Tratto da un testo teatrale narra di un incontro ipotetico avvenuto a Londra all’inizio della seconda guerra mondiale tra Sigmund Freud e C.S. Lewis, uno dei padri del genere fantasy. Mentre la guerra entra nel vivo, i due discutono di diversi argomenti soprattutto di religione e omosessualità e non essendo d’accordo su nulla finiscono per analizzarsi l’un l’altro. Pochi esterni ma con flash back dell’infanzia di Freud, della morte della madre e qualcosa anche di Lewis. Particolarmente riuscita la descrizione del rapporto morboso tra Freud e la figlia, forse il personaggio più interessante e che alla fine rende il padre partecipe di un dettaglio della sua vita privata. Il film sconta dell’inevitabile struttura teatrale ma si regge grazie alla solita grande interpretazione di Anthony Hopkins. Sempre più vecchio e sempre più bravo.
Freud’s last session ***
Fa come il vino, Anthony Hopkins
amate i vostri nemici
“Grand Tour” (2024) di Miguel Gomez
Inizio del secolo scorso, Edward si deve sposare a Londra ma all’ultimo ha un ripensamento e scappa in Asia. Prima tappa Singapore, poi Birmania, Vietnam, Filippine, Giappone, Cina. Si adatta senza difficoltà agli usi e ai costumi dei vari paesi, rischiando più volte l’arresto ma pensa che la prigione del matrimonio sia peggio. Nella seconda parte la protagonista è Molly, la fidanzata di Edward, che si mette sulle sue tracce per riportarlo a casa, ripetendone lo stesso percorso. Grand Tour era a Cannes dove ha vinto il premio per la miglior regia. Nella prima parte appare come un documentario naif, per come riporta il modo di vivere delle popolazioni dei paesi visitati dai due protagonisti, descrivendo situazione economica e tradizioni, con inquadrature dei palazzoni delle città e del traffico fatto essenzialmente da ciclomotori, per poi spostarsi nelle campagne, con le sue baracche e i personaggi pittoreschi. Nella seconda parte, quella con Molly protagonista, la storia appare più lineare e con una sceneggiatura scritta in maniera più tradizionale per un film. Le immagini alternano il colore con il b/n, purtroppo il solito grigio topo di questi anni, anche se successivamente, nei primi piani e nelle riprese con meno luce, migliora significativamente. Una voce fuoricampo descrive parte delle vicende anche se quasi sempre slegate dalle immagini che vediamo. Bellissimo l’utilizzo della musica (Strauss, Verdi, Frank Sinatra, musica locale etc.), l’ultimo brano con cui si arriva ai titoli di coda è “La mer” nella versione americana. Dopo i primi minuti ero perplesso ma alla fine la stravaganza della storia e della regia, con quello stile caleidoscopico dal sapore anni 30, alternato a sequenze perlopiù didascaliche e quel l’humour sempre dietro l’angolo, mi hanno conquistato.
Grand Tour ***
Si, però alla fine dicci se i due si ritrovano.
amate i vostri nemici