Mio crescione,
mia ricrescita,
contrappasso di tutti i contrappassi,
contrabbasso di tutti i violoncelli scordati,

come stai?

E' da tanto che non te lo chiedo,
anche perché non mi interessa.
Queste mie lettere non prevedono una risposta,
che comunque, date le tue proterve capacità,
servirebbe solo un elenco dei tuoi millesimati rompimenti di palle.

Compromesso storico della mia vita,
non ho intenzione di fare ulteriori patti e di farmi cogliere alla sprovvista,
perciò dimmi subito cosa vuoi.

Gioventù, intelliggiAnza, charmanzia e capacità prognocchiche?
Non le ho.
Preferisci togliere l'intelligiAnza e sostituirla con silenzi senza dissensi?
Non le ho.
Vuoi aggiungere del sale sulla pasta già condita?
Guarda che fa male...

Un giorno mi hai detto - ricordo che ero da sola sul lungomare di Salerno, con due valigie e un colpo di vento dietro la nuca -
che qualsiasi cosa sarebbe stata senza senso se non avessi potuto ridere almeno una volta al giorno.
Ti chiesi se fosse parte della tua terapia - ricordo che in quel periodo avevi una grossa passione per i coccodrilli e passavi ore al sole con la bocca mezza aperta come un caimano questuante uva - e tu non cogliesti l'ironia.

Ci avrei scommesso, dissi a me stessa, sempre da sola sul lungomare.
Presi le valigie e me ne andai.

Ti lascio questa mia nel termosifone,
tra la terza e la quarta colonnina.
Tanto da te c'è freddo e questo pezzo di carta si combustionerà

diversamente da te che sei cittadino orario dei marmi di Carrara.

Con tramortito splendore,

la non tua.