17 gennaio 2008
Proviamo a riepilogare i fatti
di Giorgio Parisi
Ordinario di fisica teorica all’Università di Roma La Sapienza
componente il Comitato promotore Nazionale di Sinistra Democratica
In questi ultimi giorni una lettera scritta a metà di novembre da 67 docenti dell’università della
Sapienza, fra cui il sottoscritto, in cui s’invitava il rettore a riconsiderare l’invito al Papa per parlare
all’inaugurazione dell’anno accademico, è finita sulle prime pagine di tutti i giornali.
Non ho seguito, per (forse colpevole) abitudine i telegiornali, ma molti docenti mi hanno scritto per
esprimere la loro solidarietà a me e agli altri colleghi “fatti oggetto di un indegno linciaggio
mediatico”.
Si è arrivati al punto che con la scusa di difendere il diritto di parola del Papa, che non è stato mai
messo in discussione, sono state avanzate proposte di provvedimenti di vario tipo contro di noi, fra
cui spicca quella di Gasparri, che dichiara ”dopo lo sconcio della Sapienza di Roma ci attendiamo
che vengano assunte iniziative per allontanare dall'ateneo i professori ancora in servizio che hanno
firmato quel vergognoso manifesto. Questa dimostrazione di intolleranza non può restare priva di
conseguenze.” (Ovviamente quest’ultima proposta è del tutto incostituzionale).
Visto il coro di condanna proveniente ieri da tutto il mondo politico, sono convinto che ci sia stata
anche una mancanza di comunicazione da parte nostra e che sia opportuno riassumere tutta la
vicenda e aggiungere degli elementi chiarificatori. Non vorrei che la scelta del Papa di annullare
motu proprio la sua conferenza all’ultimo momento venisse collegata pretestuosamente con la
nostra lettera che nasceva in un altro tempo e con altro scopo. Tuttavia non posso far a meno di
notare che quando lo stato abdica al suo ruolo di garante della laicità si crea un vuoto, un vuoto in
cui molti cittadini non si sentono rappresentati e corrono il rischio di contribuire al generarsi di
polemiche come questa.
Il primo atto è stata una lettera di Marcello Cini pubblicata sul Manifesto il 15 Novembre scorso,
reperibile su questo sito all’indirizzo
La laicitÃ* è un bene prezioso serve a preservare l'autonomia della cultura e il progresso della scienza | Sinistra Democratica.
Successivamente verso il 20 novembre (attenzione alla data) una sessantina di docenti della
Sapienza hanno scritto al proprio rettore la seguente lettera (che gli è stata consegnata fisicamente):
“Magnifico Rettore,
con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la
lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della
sconcertante iniziativa che prevedeva l’intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione
dell'Anno Accademico alla Sapienza.
Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora
cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di
Feyerabend: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso
Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto». Sono parole che, in quanto scienziati
fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione
delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano.
In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a
docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa
ancora essere annullato.”
Il rettore non ci ha risposto e poco accortamente è andato avanti per la sua strada. A questo punto
per noi (o almeno per la stragrande maggioranza dei firmatari) la questione era chiusa. La lettera è
2
rispuntata fuori nei giorni recenti talmente all’improvviso che alcuni giornali (tra cui l’Unità
hanno
preso un abbaglio e hanno pensato che fosse stata scritta il 10 gennaio. C’è stata una reazione
popolare di un’ampiezza inaspettata (tremila interventi sul forum di Repubblica. La maggior parte a
nostro favore) che a parer mio ha confermato il nostro giudizio che l’invito era incongruo.
La reazione dei lettori dei forum e quella di molti studenti romani mostra chiaramente che c’è una
fortissima tensione politica intorno al problema della laicità e che la nostra lettera è stata una
scintilla che ha fatto sviluppare un incendio in un bosco pieno di legna secca durante una libecciata.
Non c’è stata quindi dai 67 docenti nessuna forma di prevaricazione verso gli altri colleghi, ma
semplicemente l’esposizione di una tesi culturale mediante una dichiarazione fatta nei dovuti modi
e tempi. La riscoperta da parte della grande stampa di questa tesi, a ridosso della visita del Papa, ha
aperto su scala nazionale un dibattito che si sarebbe potuto e dovuto fare con maggior calma e senza
toni concitati nel mese di novembre. I problemi culturali devono essere discussi pacatamente e se
arrivano in maniera clamorosa sui talk show televisivi o sulle prime pagine dei telegiornali,
abbiamo un scontro frontale senza che per l’ascoltatore sia possibile afferrare il bandolo della
matassa.
Come docente di un’università ritengo mio diritto e dovere interloquire col mio rettore su chi far
intervenire alla cerimonia di apertura dell’anno accademico, che è un momento simbolico per
l'inizio del percorso formativo universitario. Mi pare che tutto ciò faccia parte normale della
dialettica interna di un’università che deve scegliere chi far parlare all’inaugurazione dell’anno
accademico in base a considerazioni di varia natura.
Sono in questo confortato dalle recenti dichiarazioni alla stampa del direttore del dipartimento di
fisica, professor Giancarlo Ruocco, che era uno dei destinatari (per conoscenza) della lettera, che
afferma che “l’inaugurazione dell'anno accademico, cui partecipa un pubblico di docenti e studenti
di diversa formazione politica e religiosa, non sembra essere il giusto contesto per una visita del
Papa, o di qualsiasi altra autorità religiosa o politica che non si rapporti direttamente all’accademia.
Infatti, insegnare ai giovani è una grande responsabilità che richiede di prescindere in ogni
momento dalle proprie convinzioni religiose e ideologiche. La presenza del Papa alla cerimonia di
inaugurazione dell'anno accademico propone invece un’interpretazione e lettura del mondo ben
precisa, che pone la fede innanzi a ogni percorso della conoscenza. Tale posizione può risultare,
come troppo spesso è avvenuto in passato, fonte di censura della conoscenza e non di confronto
libero del sapere.
In un altro, diverso contesto la visita del Papa alla Sapienza sarebbe benvenuta, come qualsiasi
forma di dialogo e confronto fra culture diverse. Nessuno, tanto meno i docenti della Sapienza,
vuole esercitare un arrogante diritto censorio sulla libertà di espressione del pensiero religioso, o
politico che sia, in nome di un laicismo di stato.”
Dal punto di vista politico quest’articolo potrebbe finire qui. Tuttavia fatemi aggiungere un punto
marginale, ma per me importante. Nella lettera facevamo riferimento ad una citazione del Cardinal
Ratzinger e siamo stati accusati da varie parti (giornali, televisioni e uomini politici) di non aver
letto (o di non aver saputo leggere) il testo originale. Questo non è vero. Il testo originale era il
seguente:
“Nell'ultimo decennio, la resistenza della Creazione a farsi manipolare dall'uomo si è manifestata
come elemento di novità nella situazione culturale complessiva. La domanda circa i limiti della
scienza e i criteri cui essa deve attenersi si è fatta inevitabile.
Particolarmente significativo di tale cambiamento del clima intellettuale mi sembra il diverso modo
con cui si giudica il caso Galileo.
Questo fatto, ancora poco considerato nel XVII secolo, venne - già nel secolo successivo - elevato a
mito dell'illuminismo. Galileo appare come vittima di quell'oscurantismo medievale che permane
nella Chiesa. Bene e male sono separati con un taglio netto. Da una parte troviamo l'Inquisizione: il
3
potere che incarna la superstizione, l'avversario della libertà e della conoscenza. Dall'altra la scienza
della natura, rappresentata da Galileo; ecco la forza del progresso e della liberazione dell'uomo
dalle catene dell'ignoranza che lo mantengono impotente di fronte alla natura. La stella della
Modernità brilla nella notte buia dell'oscuro Medioevo.(…)
Molto più drastico appare invece un giudizio sintetico del filosofo agnostico-scettico P. Feyerabend.
Egli scrive: «La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e
prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua
sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può
legittimare la revisione». (…)
Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non
cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale
affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande.”
Come si vede, il cardinale Ratzinger non si distanzia dall’affermazione di Feyerabend, anzi la
utilizza per argomentare che Galileo non è stato vittima dell'oscurantismo della Chiesa. Conclude
dicendo di non voler usare questo testo per una “frettolosa apologetica”, ma non ne nega la validità.
Inoltre la citazione di Feyerabend, fatta senza far riferimento alle posizioni teoriche di Feyerabend,
stravolge completamente il pensiero di questo filosofo della scienza. Al contrario di quello che
sembra da questa citazione isolata, Feyerabend ha sempre esaltato la creatività e l'audacia
intellettuale di Galileo; tuttavia si esprime per paradossi e tutta la sua visione è una critica della
"ragione", quindi, nel dire che la Chiesa era da parte della ragione, non sta dando torto a Galileo ma
alla Chiesa.
Tuttavia un'analisi del pensiero di questo filosofo ci porterebbe troppo lontano.