Lo dedico al mio zar
Il Canto della Schiera di Igor'
Splendido poema epico del medioevo slavo, il Canto della schiera di Igor' ha per argomento la tragica sconfitta di un esercito russo avvenuta nel 1185 ad opera dei Polovesiani o Cumani.
Scritto forse poco dopo la disfatta, il poema ha avuto vicende assai complicate.
Il manoscritto, scoperto casualmente alla fine del XVIII secolo, andò distrutto durante l'incendio di Mosca nel 1812.
Ne rimasero l'edizione a stampa «Musin-Puškin» del 1800 e una copia scritta appositamente per l'imperatrice Caterina II.
Già questo fatto gettò dei dubbi in alcuni studiosi, per i quali si tratterebbe di un falso.
Tale idea è però stata sempre respinta dalla critica russa, e non soltanto per ragioni di ordine filologico.
CANTO DELLA SCHIERA DI IGOR',
DI IGOR' FIGLIO DI SVJATOSLAV, NIPOTE DI OLEG.
Esordio nel ricordo di Bojan
Non sarebbe forse meglio, o fratelli, intonare in stile antico il racconto della schiera di Igor', di Igor' figlio di Svjatoslav?
Che invece questo canto esordisca secondo i fatti del nostro tempo, e non secondo la fantasia di Bojan! Ché il vate Bojan, se per qualcuno voleva cantare un canto, si arrampicava come uno scoiattolo sugli alberi, correva per la terra come un lupo grigio, volava sotto le nubi come un'aquila azzurra.
Rievocava, diceva, le battaglie dei tempi andati. Lanciava allora dieci falchi contro uno stormo di cigni, e quale che arrivava a segno intonava per primo un canto in onore dell'antico Jaroslav, per l'ardito Mstislav che trafisse Rededja davanti alle schiere circasse, al bel Roman figlio di Svjatoslav.
Ma Bojan, o fratelli, non dieci falchi lanciava contro lo stormo di cigni: ma posava le sue dita stregate sopra le corde viventi e quelle da sole cantavano ai principi gloria.
Il presagio dell'eclisse
Cominciamo dunque, o fratelli, questo racconto dall'antico Vladimir all'odierno Igor', il quale temprò la mente con la volontà, infiammò il cuore con il coraggio e, ricolmo di spirito guerriero, condusse le sue valorose schiere oltre la terra russa, in terra polovesiana.
Alzò Igor' lo sguardo al sole lucente e vide che da esso veniva un'ombra che copriva le schiere.
E disse Igor' alla sua družina: «Fratelli e družina, è meglio morire che essere fatti prigionieri. Montiamo perciò, o fratelli, sui nostri veloci destrieri per guardare l'acqua dell'azzurro Don!»
S'infiammò al principe il cuore per il desiderio di guerra e la brama di bere l'acqua dell'azzurro Don gli rese oscuro il presagio.
Disse: «Con voi o Russi, voglio spezzare la mia lancia sul confine del campo cumano; voglio sacrificare la mia testa o bere con l'elmo l'acqua del Don!»
La schiera di Igor' marcia verso la battaglia
O Bojan, usignolo del tempo antico! Se fossi stato tu a celebrare queste imprese, saltando come un usignolo sugli alberi, volando con la mente sotto le nubi, congiungendo le due ali della gloria dei nostri tempi, percorrendo il sentiero di Trojan, attraverso i campi e verso le montagne, così, intoneresti questo canto per suo nipote Igor':
«Non la tempesta ha portato i falchi attraverso le ampie distese: stormi di cornacchie fuggono verso il grande Don.»
Invece così avresti dovuto cantare, o profetico Bojan, nipote di Veles:
«I cavalli nitriscono oltre la Sulà, risuonano inni di gloria a Kiev, squillano le trombe a Novgorod, si alzano gli stendardi a Putivl'.»