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C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternitÃ
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Joyce Lossu
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SERA DI FEBBRAIO
di Umberto Saba
Spunta la luna. Nel viale è ancora
giorno, una sera che rapida cala.
Indifferente gioventù s'allaccia;
sbanda a povere mète.
Ed è il pensiero
della morte che, in fine, aiuta a vivere.
 
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O capitano! Mio capitano!
O Capitano! Mio Capitano!
Il nostro viaggio tremendo è terminato,
la nave ha superato ogni ostacolo,
l'ambìto premio è conquistato,
vicino è il porto, odo le campane,
tutto il popolo esulta,
occhi seguono l'invitto scafo,
la nave arcigna e intrepida;
Ma o cuore! Cuore! Cuore!
O gocce rosse di sangue,
là sul ponte dove giace il Capitano,
caduto, gelido, morto.
O Capitano! Mio Capitano!
Risorgi, odi le campane;
risorgi - per te è issata la bandiera
- per te squillano le trombe,
per te fiori e ghirlande ornate di nastri
- per te le coste affollate,
te invoca la massa ondeggiante,
a te volgono i volti ansiosi;
Ecco Capitano! O amato padre!
Questo braccio sotto il tuo capo!
È solo un sogno che sul ponte
sei caduto, gelido, morto.
Non risponde il mio Capitano,
le sue labbra sono pallide e immobili
non sente il padre il mio braccio,
non ha più energia né volontà ,
la nave è all'ancora sana e salva,
il suo viaggio concluso, finito,
la nave vittoriosa è tornata dal viaggio tremendo,
la meta è raggiunta;
Esultate coste, suonate campane!
Mentre io con funebre passo
percorro il ponte dove giace il mio Capitano,
caduto, gelido, morto.
(Walt Whitman)
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A Dio
Sempre ti chiamo
quando tocco il fondo,
so il numero a memoria
e ti disturbo come un maniaco
abbarbicato al telefono;
lascio un messaggio se sei fuori.
So che a volte cancelli
a qualche fortunato
il debito che tutti con te abbiamo.
La bolletta falla pagare a me,
ma dimmi almeno
che non farai tagliare la mia linea.
Ti prego, quando echeggerÃ
quell'ultimo e dolorante squillo,
Dio-per-Dio!
non staccare: rispondimi!
Vittorio Gassman
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Amare è rischiare di essere rifiutati.
Vivere è rischiare di morire.
Sperare è rischiare di essere delusi.
Provare è rischiare di fallire.
Rischiare è una necessità .
Solo chi osa rischiare è veramente libero.
Alda Merini
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Le violette
Anche quest' anno andrai per violette
lungo le prode, nel febbraio acerbo.
Quelle pallide, sai: che han tanto freddo,
ma spuntano lo stesso, appena sciolte
l'ultime nevi; e fra uno scroscio e un raggio
ti dicono: «Domani è primavera.»
Ogni anno ti confidi al tuo tremante
cuore: «È finita», e pensi: «Non andrò
per violette – ché passò il mio tempo –
lungo le prode, nel febbraio acerbo.»
Invece (e donde ignori, e da qual bocca)
una voce ti chiama alla campagna:
e vai; e i piedi ti diventan ali,
sì alta è la promessa ch'è nell'aria.
E per amor dell’esili corolle
quasi senza fragranza, ma beate
d’esser le prime, avidamente schiacci
con gli steli la zolla entro le dita.
O sempre nuova, o non guarita mai
dell’inquieto mal di giovinezza,
a chi dunque darai le tue viole?
A nessuno: a te stessa: o, forse, ad una
fanciulla che ti passi, agile, accanto,
e ti domandi dove tu l’hai colte:
sola n’è degna, ella che fresca ride
come il febbraio; e non si sa qual sia
più felice, se ella, o primavera.
Ada Negri, Vespertina
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Quando senti qualcosa che
‎ti fa vibrare il cuore,
‎non domandarti mai cosa sia,
‎ma vivilo fino in fondo
‎perché quel brivido,
‎quella sensazione,
‎si chiama vita.
‎Alda Merini
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Pedro Almodovar
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Opinionista
Pubblico
un testo che ho scritto diverso tempo fa
Eva
Imparammo parole
da libri non letti
senza indicazioni.
Provammo a capire
cos’è la saggezza
ma forse era infanzia.
Fummo come fanciulli
giocosi e sprezzanti
davanti al frutteto.
Di fronte al regno
ci lasciammo cadere
nella commedia più audace.
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Brava Nina, la tua poesia mi piace. 
Meglio un testo scritto da un nick del forum anziché leggere conosciute composizioni poetiche di altri noti autori.
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Mordi e fuggi anche lei? Speriamo di no.
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Opinionista
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Opinionista
Di blog in blog, di forum in forum, sono approdata su questo spazio.
Ai posteri l'ardua sentenza.
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Hai morso: adesso non fuggire!
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