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Discussione: Poesie

  1. #1561
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    Ritratto di donna

    Deve essere a scelta.
    Cambiare, purché niente cambi.
    E’ facile, impossibile, difficile, ne vale la pena.
    Ha gli occhi se occorre, ora azzurri, ora grigi,
    neri, allegri, senza motivo pieni di lacrime.
    Dorme con lui come la prima venuta, l’unica al mondo.
    Gli darà quattro figli, nessuno, uno.
    Ingenua, ma è un’ottima consigliera.
    Debole, ma ce la farà.
    Non ha la testa sulle spalle, però l’avrà.
    Legge Jaspers e le riviste femminili.
    Non sa a cosa serve questa vite, e costruirà un ponte.
    Giovane, come al solito giovane, sempre ancora giovane.
    Tiene nelle mani un passero con l’ala spezzata,
    soldi suoi per un viaggio lungo e lontano,
    una mezzaluna, un impacco e un bicchierino di vodka.
    Dove è che corre, non sarà stanca?
    Ma no, solo un poco, molto, non importa.
    O lo ama, o si è intestardita.
    Nel bene, nel male, e per l’amore del cielo.


    W. Szymborska
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  2. #1562
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    Bene, vediamo un po’ come fiorisci,
    come ti apri, di che colore hai i petali,
    quanti pistilli hai, che trucchi usi
    per spargere il tuo polline e ripeterti,
    se hai fioritura languida o violenta,
    che portamento prendi, dove inclini,
    se nel morire infradici o insecchisci,
    avanti su, io guardo, tu fiorisci.

    Patrizia Cavalli
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  3. #1563
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Succede che mi stanco di essere uomo
    Succede che entro nelle sartorie e nei cinema smorto,
    impenetrabile, come un cigno di feltro
    che naviga in un’acqua di origine e di cenere.
    L’odore dei parrucchieri mi fa piangere e stridere
    Voglio solo un riposo di ciottoli o di lana
    Non voglio più vedere stabilimenti e giardini
    Mercanzie, occhiali e ascensori.
    Succede che mi stanco dei miei piedi e delle mie unghie
    E dei miei capelli e della mia ombra
    Succede che mi stanco di essere uomo.
    Dopo tutto sarebbe delizioso
    Spaventare un notaio con un giglio mozzo
    O dar morte a una monaca con un colpo d’orecchio.
    Sarebbe bello andare per le vie con un coltello verde
    E gettar grida fino a morir di freddo.
    Non voglio essere più radice nelle tenebre,
    barcollante, con brividi di sonno, proteso all’ingiù,
    nelle fradicie argille della terra
    assorbendo e pensando, mangiando tutti i giorni.
    Non voglio per me tante disgrazie
    Non voglio essere più radice e tomba
    Sotterraneo deserto, stiva di morti,
    intirizzito, morente di pena.
    E per ciò il lunedì brucia come il petrolio
    Quando mi vede giungere con viso da recluso
    E urla nel suo scorrere come ruota ferita
    E fa passi di sangue caldo verso la morte.
    E mi spinge in certi angoli, in certe case umide,
    in ospedali dove le ossa escono dalla finestra,
    in certe calzolerie che puzzano d’aceto
    in strade spaventose come crepe.
    Vi sono uccelli color zolfo e orribili intestini
    Appesi alle porte delle case che odio,
    vi sono dentiere dimenticate in una caffetteria
    vi sono specchi
    che avrebbero dovuto piangere di vergogna e spavento,
    vi sono ombrelli dappertutto e veleni e ombelichi.
    Io passeggio con calma, con occhi, con scarpe,
    con furia, con oblio
    passo attraverso uffici e negozi ortopedici
    e cortili con panni tesi a un filo metallico:
    mutande, camicie e asciugamani che piangono
    lente lacrime sporche.

    PABLO NERUDA
    amate i vostri nemici

  4. #1564
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    « Essere, o non essere, questo è il problema:
    se sia più nobile nella mente soffrire
    colpi di fionda e dardi d'atroce fortuna
    o prender armi contro un mare d'affanni
    e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire…
    nient'altro, e con un sonno dire che poniamo fine
    al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
    di cui è erede la carne: è una conclusione
    da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
    Dormire, forse sognare. Sì, qui è l'ostacolo,
    perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
    dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
    deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
    che dà alla sventura una vita così lunga.
    Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
    il torto dell'oppressore, l'ingiuria dell'uomo superbo,
    gli spasimi dell'amore disprezzato, il ritardo della legge,
    l'insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
    che il merito paziente riceve dagli indegni,
    quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
    con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
    grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
    se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
    il paese inesplorato dalla cui frontiera
    nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
    e ci fa sopportare i mali che abbiamo
    piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
    Così la coscienza ci rende tutti codardi,
    e così il colore naturale della risolutezza
    è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
    e imprese di grande altezza e momento
    per questa ragione deviano dal loro corso
    e perdono il nome di azione. »

  5. #1565
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Sei arrivata nella mia vita
    con ciò che ti stavi portando,
    già fatto
    di luce, di ombra e di pane io ti aspettai,
    e come tale ho bisogno di te,
    Così ti amo,
    ed a coloro che vogliono sentire domani
    quello che io non gli dico, lasciate che leggano qui,
    e lasciali perdere per oggi, perché è presto
    per questi argomenti.

    Domani daremo loro solo
    una foglia dell’albero del nostro amore, una foglia
    che cadrà sulla terra
    come se fosse stata prodotta dalle nostra labbra
    come un bacio che cade
    dalle nostre altezze invincibili
    per mostrare il fuoco e la tenerezza
    di un amore vero.

    PABLO NERUDA
    amate i vostri nemici

  6. #1566
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    "...la lor cieca vita è tanto bassa, che 'nvidiosi son d'ogne altra sorte. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa."

  7. #1567
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    Fotografia di mio padre a ventidue anni


    Ottobre. In questa cucina umida ed estranea
    studio il giovane viso imbarazzato di mio padre.
    Con un sorriso mansueto, tiene in mano un filo
    di persici gialli e spinosi, nell’altra
    una bottiglia di birra Carlsbad.

    In jeans e maglietta, si appoggia
    al paraurti di una Ford del 1934.
    Vorrebbe apparire cordiale e sincero ai posteri,
    porta il suo vecchio cappello alzato sull’orecchio.
    Per tutta la vita mio padre ha cercato di essere spavaldo.

    Ma gli occhi lo tradiscono, e le mani
    il filo mollemente offerto dei pesci morti
    la bottiglia di birra. Padre, ti voglio bene,
    ma come faccio a dirti grazie, io che, come te, non reggo l’alcool,
    e non conosco neppure i posti dove pescare?

    Raymond Carver
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  8. #1568
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    « S'i' fosse foco, arderei 'l mondo;
    s'i' fosse vento, lo tempesterei;
    s'i' fosse acqua, i' l'annegherei;
    s'i' fosse Dio, mandereil'en profondo;

    s'i' fosse papa, sare' allor giocondo,
    ché tutti cristïani imbrigherei;
    s'i' fosse 'mperator, sa' che farei?
    A tutti mozzarei lo capo a tondo.

    S'i' fosse morte, andarei da mio padre;
    s'i' fosse vita, fuggirei da lui:
    similemente farìa da mi' madre,

    S'i' fosse Cecco, com'i' sono e fui,
    torrei le donne giovani e leggiadre:
    e vecchie e laide lasserei altrui. »

    Cecco Angiolieri, ribelle ante litteram

  9. #1569
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Al mare
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    Nella moltitudine
    Sono quella che sono.
    Un caso inconcepibile
    come ogni caso.
    In fondo avrei potuto avere
    altri antenati,
    e così avrei preso il volo
    da un altro nido,
    così da sotto un altro tronco
    sarei strisciata fuori in squame.
    Nel guardaroba della natura
    c'è un mucchio di costumi: di
    ragno, gabbiano, topo campagnolo.
    Ognuno calza subito a pennello
    e docilmente è indossato
    finché non si consuma.
    Anch'io non ho scelto,
    ma non mi lamento.
    Potevo essere qualcuno
    molto meno a parte.
    Qualcuno d'un formicaio, banco, sciame ronzante,
    una scheggia di paesaggio sbattuta dal vento.
    Qualcuno molto meno fortunato,
    allevato per farne una pelliccia,
    per il pranzo della festa,
    qualcosa che nuota sotto un vetrino.
    Un albero conficcato nella terra,
    a cui si avvicina un incendio.
    Un filo d'erba calpestato
    dal corso di incomprensibili eventi.
    Uno nato sotto una cattiva stella,
    buona per altri.
    E se nella gente destassi spavento,
    o solo avversione,
    o solo pietà?
    Se al mondo fossi venuta
    nella tribù sbagliata
    e se avessi tutte le strade precluse?
    La sorte, finora,
    mi è stata benigna.
    Poteva non essermi dato
    il ricordo dei momenti lieti.
    Poteva essermi tolta
    l'inclinazione a confrontare.
    Potevo essere me stessa – ma senza stupore,
    e ciò vorrebbe dire
    qualcuno di totalmente diverso.


    (Wislawa Szymborska)

  10. #1570
    Opinionista
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    14/07/08
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    Had I the heavens' embroidered cloths,
    Enwrought with golden and silver light,
    The blue and the dim and the dark cloths
    Of night and light and the half-light,
    I would spread the cloths under your feet:
    But I, being poor, have only my dreams;
    I have spread my dreams under your feet;
    Tread softly because you tread on my dreams.


    W.B.Yeats

  11. #1571
    Chiamatemi Margherita L'avatar di Magiostrina
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    Passerò per piazza di Spagna

    Sarà un cielo chiaro.
    S’apriranno le strade
    sul colle di pini e di pietra.
    Il tumulto delle strade
    non muterà quell’aria ferma.
    I fiori spruzzati
    di colori alle fontane
    occhieggeranno come donne
    divertite. Le scale
    le terrazze le rondini
    canteranno nel sole.
    S’aprirà quella strada,
    le pietre canteranno,
    il cuore batterà sussultando
    come l’acqua nelle fontane
    sarà questa la voce
    che salirà le tue scale.
    Le finestre sapranno
    l’odore della pietra e dell’aria
    mattutina. S’aprirà una porta.
    Il tumulto delle strade
    sarà il tumulto del cuore
    nella luce smarrita.

    Sarai tu – ferma e chiara.

    (Cesare Pavese)

  12. #1572
    Chiamatemi Margherita L'avatar di Magiostrina
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    Schierandosi

    Il peso da 56 libbre. Solida unità di ferro
    della negazione; marchiata e fusa con un tramezzo,
    una corta traversa forgiata per maniglia,
    spessa come un piolo,

    peso squadrato dall’aspetto innocuo,
    finché non provi a sollevarlo, quindi uno scricchiolio d’ossa,
    forza disintegra-vita.

    Nera scatola di gravità, l’inamovibile
    stampo, tarchiata radice del peso morto.
    Eppure prova a controbilanciarlo

    con un altro peso posto su una basculla
    – una basculla ben calibrata, oleata di fresco –
    e ogni cosa trema, si effonde di dare e avere.

    *

    E a questo ammontano le buone notizie:
    questo principio del sopportare, del far buon viso
    a cattivo gioco e dare il proprio appoggio dovendo solo

    controbilanciare con il proprio ciò che è intollerabile
    negli altri, dovendo sopportare
    qualsiasi cosa sia stata concordata e accettata

    contro il nostro migliore giudizio. La sofferenza
    passiva fa andare in tondo il mondo.
    Pace sulla terra, uomini di buona volontà, tutto ciò

    porta bene finché l’equilibrio tiene,
    il piatto sorge fermo e lo sforzo dell’angelo
    si prolunga fino a un grado sovrumano.

    *

    Rifiutare l’altra guancia, lanciare la pietra,
    non agire così, alle volte, non contrastare
    l’adempiente che ti offende d’essere

    è fallire il colpo, te stesso, la regola intrinseca.
    Maledici chi ti ha colpito! Quando i soldati beffeggiarono
    Gesù bendato ed Egli, a sua volta, non li irrise

    non si offesero né impararono nulla, tuttavia
    qualcosa fu reso manifesto – il potere
    del potere non esercitato, della speranza intuita

    dagli impotenti, per sempre! Tuttavia, per Cristo,
    fammi un favore, almeno per questa volta:
    maledici, dai scandalo, lancia la pietra.

    *

    Due aspetti in ogni questione, certo, certo…
    ma ogni tanto, schierarsi è la sola cosa
    a cui si può ricorrere e senza

    discolparsi o compatirsi.
    Ahimè, una sera che ci voleva un colpo a seguire,
    e un colpo secco t’avrebbe fatto rodere d’invidia,

    replicasti ch’era la mia limitatezza
    a mantenermi destro, e avesti una mia prima resa.
    Mi trattenni quando avrei dovuto invece darci dentro

    e persi (mea culpa) il mordente.
    Una cavalleria del tutto fuori luogo, vecchio mio.
    A questo punto, solo un colpo basso lava l’onta.

    Seamus Heaney

  13. #1573
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    La notte

    Ma la notte ventosa, la limpida notte
    che il ricordo sfiorava soltanto, è remota,
    è un ricordo. Perdura una calma stupita
    fatta anch'essa di foglie e di nulla. Non resta,
    di quel tempo di là dai ricordi, che un vago
    ricordare.
    Talvolta ritorna nel giorno
    nell'immobile luce del giorno d'estate,
    quel remoto stupore.
    Per la vuota finestra
    il bambino guardava la notte sui colli
    freschi e neri, e stupiva di trovarli ammassati:
    vaga e limpida immobilità. Fra le foglie
    che stormivano al buio, apparivano i colli
    dove tutte le cose del giorno, le coste
    e le piante e le vigne, eran nitide e morte
    e la vita era un'altra, di vento, di cielo,
    e di foglie e di nulla.
    Talvolta ritorna
    nell'immobile calma del giorno il ricordo
    di quel vivere assorto, nella luce stupita.




    Cesare Pavese
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  14. #1574
    Opinionista
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    Oblìo

    Il tuo chiamare accanto alla tua voce,
    ultima libertà senza paese,
    fu desolato amore che distese
    in te solo caduto la sembianza

    Ascolto, all'eco della lontananza
    mare morto nel mare alla sua foce

    Tutto si calma di memoria e resta
    il confine più dolce della terra,
    una lontana cupola di festa.


    Alfonso Gatto

  15. #1575
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Al mare
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    Signore, a fare data dal mese prossimo
    voglia accettare le mie dimissioni.
    E provvedere, se crede, a sostituirmi.
    Lascio molto lavoro non compiuto,
    sia per ignavia, sia per difficoltà obiettive.
    Dovevo dire qualcosa a qualcuno,
    ma non so più che cosa e a chi: l'ho scordato.
    Dovevo anche dare qualcosa,
    una parola saggia, un dono, un bacio;
    ho rimandato da un giorno all'altro. Mi scusi,
    Provvederò nel poco tempo che resta.
    Ho trascurato, temo, clienti di riguardo.
    Dovevo visitare città lontane, isole, terre deserte;
    le dovrà depennare dal programma
    o affidarle alle cure del successore.
    Dovevo piantare alberi e non l'ho fatto;
    costruirmi una casa, forse non bella, ma conforme a un disegno.
    Principalmente, avevo in animo un libro meraviglioso, caro signore,
    che avrebbe rivelato molti segreti, alleviato dolori e paure,
    sciolto dubbi, donato a molta gente
    il beneficio del pianto e del riso.
    Ne troverà traccia nel mio cassetto,
    in fondo, tra le pratiche inevase;
    Non ho avuto tempo per svolgerla.
    È peccato, sarebbe stata un'opera fondamentale.
    -
    Le pratiche inevase, di Primo Levi

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