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Discussione: Poesie

  1. #1801
    Opinionista L'avatar di Tiberio
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    La primavera hitleriana

    Né quella ch'a veder lo sol si gira. Dante (?) a Giovanni Quirini

    Hitler e Mussolini a Firenze. Serata di gala al Comunale. Sull'Arno una nevicata di farfalle bianche


    Folta la nuvola bianca delle falene impazzite
    turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,
    stende a terra una coltre su cui scricchia
    come su zucchero il piede; l'estate imminente sprigiona
    ora il gelo notturno che capiva
    nelle cave segrete della stagione morta,
    negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai.

    Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale
    tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso
    e pavesato di croci a uncino l'ha preso e inghiottito,
    si sono chiuse le vetrine, povere
    e inoffensive benché armate anch'esse
    di cannoni e giocattoli di guerra,
    ha sprangato il beccaio che infiorava
    di bacche il muso dei capretti uccisi,
    la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue
    s'è tramutata in un sozzo trescone d'ali schiantate,
    di larve sulle golene, e l'acqua séguita a rodere
    le sponde e più nessuno è incolpevole.

    Tutto per nulla, dunque? – e le candele
    romane, a San Giovanni, che sbiancavano lente
    l'orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii
    forti come un battesimo nella lugubre attesa
    dell'orda (ma una gemma rigò l'aria stillando
    sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi
    gli angeli di Tobia, i sette, la semina
    dell'avvenire) e gli eliotropi nati
    dalle tue mani – tutto arso e succhiato
    da un polline che stride come il fuoco
    e ha punte di sinibbio....
    Oh la piagata
    primavera è pur festa se raggela
    in morte questa morte! Guarda ancora
    in alto, Clizia, è la tua sorte, tu
    che il non mutato amor mutata serbi,
    fino a che il cieco sole che in te porti
    si abbàcini nell'Altro e si distrugga
    in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi
    che salutano i mostri nella sera
    della loro tregenda, si confondono già
    col suono che slegato dal cielo, scende, vince -
    col respiro di un'alba che domani per tutti
    si riaffacci, bianca ma senz'ali
    di raccapriccio, ai greti arsi del sud...




    (La bufera e altro)
    Ultima modifica di Tiberio; 28-02-2020 alle 13:21
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  2. #1802
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    Il sogno del prigioniero

    Albe e notti qui variano per pochi segni.

    Il zigzag degli storni sui battifredi
    nei giorni di battaglia, mie sole ali,
    un filo d'aria polare,
    l'occhio del capoguardia dello spioncino,
    crac di noci schiacciate, un oleoso
    sfrigolio dalle cave, girarrosti
    veri o supposti - ma la paglia é oro,
    la lanterna vinosa é focolare
    se dormendo mi credo ai tuoi piedi.

    La purga dura da sempre, senza un perché.
    Dicono che chi abiura e sottoscrive
    puo salvarsi da questo sterminio d'oche ;
    che chi obiurga se stesso, ma tradisce
    e vende carne d'altri, affera il mestolo
    anzi che terminare nel patée
    destinato agl'Iddii pestilenziali.

    Tardo di mente, piagato
    dal pungente giaciglio mi sono fuso
    col volo della tarma che la mia suola
    sfarina sull'impiantito,
    coi kimoni cangianti delle luci
    scironate all'aurora dai torrioni,
    ho annusato nel vento il bruciaticcio
    dei buccellati dai forni,
    mi son guardato attorno, ho suscitato
    iridi su orizzonti di ragnateli
    e petali sui tralicci delle inferriate,
    mi sono alzato, sono ricaduto
    nel fondo dove il secolo e il minuto -

    e i colpi si ripetono ed i passi,
    e ancora ignoro se saro al festino
    farcitore o farcito. L'attesa é lunga,
    il mio sogno di te non e finito.


    (La bufera e altro)
    Ultima modifica di Tiberio; 28-02-2020 alle 13:21
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  3. #1803
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    La morte di Dio

    Tutte le religioni del Dio unico
    sono una sola: variano i cuochi e le cotture.
    Così rimuginavo; e m’interruppi quando
    tu scivolasti vertiginosamente
    dentro la scala a chiocciola della Périgourdine
    e di laggiù ridesti a crepapelle.
    Fu una buona serata con un attimo appena
    di spavento. Anche il papa
    in Israele disse la stessa cosa
    ma se ne pentì quando fu informato
    che il sommo Emarginato, se mai fu,
    era perento.


    (Satura)




    Non chiederci la parola

    Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
    l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
    lo dichiari e risplenda come un croco
    Perduto in mezzo a un polveroso prato.

    Ah l'uomo che se ne va sicuro,
    agli altri ed a se stesso amico,
    e l'ombra sua non cura che la canicola
    stampa sopra uno scalcinato muro!

    Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
    sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
    Codesto solo oggi possiamo dirti,
    ciò che non siamo, ciò che non vogliamo


    (Ossi di seppia)
    Ultima modifica di Tiberio; 28-02-2020 alle 13:21
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  4. #1804
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    Forse un mattino andando in un'aria di vetro

    Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
    arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
    il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
    di me, con un terrore da ubriaco.

    Poi, come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
    alberi, case, colli per l'inganno consueto.
    Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
    tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.



    (Ossi di seppia)
    Ultima modifica di Tiberio; 28-02-2020 alle 13:22
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  5. #1805
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    Dora Markus

    I

    Fu dove il ponte di legno
    mette a Porto Corsini sul mare alto
    e rari uomini, quasi immoti, affondano
    o salpano le reti. Con un segno
    della mano additavi all'altra sponda
    invisibile la tua patria vera.

    Poi seguimmo il canale fino alla darsena
    della città, lucida di fuliggine,
    nella bassura dove s'affondava
    una primavera inerte, senza memoria.

    E qui dove un'antica vita
    si screzia in una dolce
    ansietà d'Oriente,
    le tue parole iridavano come le scaglie
    della triglia moribonda.

    La tua irrequietudine mi fa pensare
    agli uccelli di passo che urtano ai fari
    nelle sere tempestose:
    è una tempesta anche la tua dolcezza,
    turbina e non appare.

    E i suoi riposi sono anche più rari.
    Non so come stremata tu resisti
    in quel lago
    d'indifferenza ch'è il tuo cuore; forse
    ti salva un amuleto che tu tieni
    vicino alla matita delle labbra,
    al piumino, alla lima: un topo bianco
    d'avorio; e così esisti!

    (Le occasioni I ediz.)

    II


    Ormai nella tua Carinzia
    di mirti fioriti e di stagni,
    china sul bordo sorvegli
    la carpa che timida abbocca
    o segui sui tigli, tra gl'irti
    pinnacoli le accensioni
    del vespro e nell'acque un avvampo
    di tende da scali e pensioni.

    La sera che si protende
    sull'umida conca non porta
    col palpito dei motori
    che gemiti d'oche e un interno
    di nivee maioliche dice
    allo specchio annerito che ti vide
    diversa una storia di errori
    imperturbati e la incide
    dove la spugna non giunge.

    La tua leggenda, Dora!
    Ma è scritta già in quegli sguardi
    di uomini che hanno fedine
    altere e deboli in grandi
    ritratti d'oro e ritorna
    ad ogni accordo che esprime
    l'armonica guasta nell'ora
    che abbuia, sempre più tardi.

    È scritta là. Il sempreverde
    alloro per la cucina
    resiste, la voce non muta,
    Ravenna è lontana, distilla
    veleno una fede feroce.
    Che vuole da te? Non si cede
    voce, leggenda o destino.
    Ma è tardi, sempre più tardi.



    (Le occasioni II ediz.)
    Ultima modifica di Tiberio; 28-02-2020 alle 13:45
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  6. #1806
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    Due nel crepuscolo

    Fluisce fra te e me sul belvedere
    un chiarore subacqueo che deforma
    col profilo dei colli anche il tuo viso.
    Sta in un fondo sfuggevole, reciso
    da te ogni gesto tuo; entra senz'orma,
    e sparisce, nel mezzo che ricolma
    ogni solco e si chiude sul tuo passo:
    con me tu qui, dentro quest'aria scesa
    a sigillare il torpore dei massi.

    Ed io riverso
    nel potere che grava attorno, cedo
    al sortilegio di non riconoscere
    di me più nulla fuor di me; s'io levo
    appena il braccio, mi si fa diverso
    l'atto, si spezza su un cristallo, ignota
    e impallidita sua memoria, e il gesto
    già più non m'appartiene;
    se parlo, ascolto quella voce attonito,
    scendere alla sua gamma più remota
    o spenta all'aria che non la sostiene

    Tale nel punto che resiste all'ultima
    consunzione del giorno
    dura lo smarrimento; poi un soffio
    risolleva le valli in un frenetico
    moto e deriva dalle fronde un tinnulo
    suono che si disperde
    tra rapide fumate e i primi lumi
    disegnano gli scali.

    Le parole
    tra noi leggere cadono. Ti guardo
    in un molle riverbero. Non so
    se ti conosco; so che mai diviso
    fui da te come accade in questo tardo
    ritorno. Pochi istanti hanno bruciato
    tutto di noi: fuorché due volti, due
    maschere che s'incidono, sforzate,
    di un sorriso.


    L'anguilla

    L’anguilla, la sirena
    dei mari freddi che lascia il Baltico
    per giungere ai nostri mari,
    ai nostri estuari, ai fiumi
    che risale in profondo, sotto la piena avversa,
    di ramo in ramo e poi
    di capello in capello, assottigliati,
    sempre più addentro, sempre più nel cuore
    del macigno, filtrando
    tra gorielli di melma finché un giorno
    una luce scoccata dai castagni
    ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
    nei fossi che declinano
    dai balzi d’Appennino alla Romagna;
    l’anguilla, torcia, frusta,
    freccia d’Amore in terra
    che solo i nostri botri o i disseccati
    ruscelli pirenaici riconducono
    a paradisi di fecondazione;
    l’anima verde che cerca
    vita là dove solo
    morde l’arsura e la desolazione,
    la scintilla che dice
    tutto comincia quando tutto pare
    incarbonirsi, bronco seppellito;
    l’iride breve, gemella
    di quella che incastonano i tuoi cigli
    e fai brillare intatta in mezzo ai figli
    dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
    non crederla sorella?


    (La bufera ed altro)
    Ultima modifica di Tiberio; 28-02-2020 alle 13:23
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  7. #1807
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    Citazione Originariamente Scritto da Tiberio Visualizza Messaggio
    Ti libero la fronte dai ghiaccioli

    Ti libero la fronte dai ghiaccioli
    che raccogliesti traversando l’alte
    nebulose; hai le penne lacerate
    dai cicloni, ti desti a soprassalti.

    Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo
    l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole
    freddoloso; e l’altre ombre che scantonano
    nel vicolo non sanno che sei qui.

    La speranza di pure rivederti

    La speranza di pure rivederti
    m'abbandonava;

    e mi chiesi se questo che mi chiude
    ogni senso di te, schermo d'immagini,
    ha i segni della morte o dal passato
    è in esso, ma distorto e fatto labile,
    un tuo barbaglio:

    (a Modena, tra i portici,
    un servo gallonato trascinava
    due sciacalli al guinzaglio).
    Altri Mottetti

    Non recidere, forbice, quel volto

    Non recidere, forbice, quel volto,
    solo nella memoria che si sfolla,
    non far del grande suo viso in ascolto,
    la mia nebbia di sempre.
    Un freddo cala… duro il colpo svetta.
    E l’acacia ferita da sé scrolla
    il guscio di cicale
    nella prima belletta di Novembre.


    Addii, fischi nel buio, cenni, tosse

    Addii, fischi nel buio, cenni, tosse
    e sportelli abbassati. E’ l’ora. Forse
    gli automi hanno ragione. Come appaiono
    dai corridoi, murati!
    . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

    – Presti anche tu alla fioca
    litania del tuo rapido quest’orrida
    e fedele cadenza di carioca? –

    Lo sai: debbo riperderti e non posso

    Lo sai: debbo riperderti e non posso.
    Come un tiro aggiustato mi sommuove
    ogni opera, ogni grido e anche lo spiro
    salino che straripa
    dai moli e fa l’oscura primavera
    di Sottoripa.
    Paese di ferrame e alberature
    a selva nella polvere del vespro.
    Un ronzìo lungo viene dall’aperto,
    strazia com’unghia ai vetri. Cerco il segno
    smarrito, il pegno solo ch’ebbi in grazia
    da te.
    E l’inferno è certo.


    Ecco il segno; s'innerva

    Ecco il segno; s’innerva
    sul muro che s’indora:
    un frastaglio di palma
    bruciato dai barbagli dell’aurora.
    Il passo che proviene
    dalla serra sì lieve,
    non è felpato dalla neve, è ancora
    tua vita, sangue tuo nelle mie vene.




    (Le occasioni)
    Ultima modifica di Tiberio; 28-02-2020 alle 13:27
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  8. #1808
    No Excuses L'avatar di Jerda
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    Essere, o non essere, questo è il problema:
    se sia più nobile nella mente soffrire
    colpi di fionda e dardi d'atroce fortuna
    o prender armi contro un mare d'affanni
    e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire…
    nient'altro, e con un sonno dire che poniamo fine
    al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
    di cui è erede la carne: è una conclusione
    da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
    Dormire, forse sognare. Sì, qui è l'ostacolo,
    perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
    dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
    deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
    che dà alla sventura una vita così lunga.
    Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
    il torto dell'oppressore, l'ingiuria dell'uomo superbo,
    gli spasimi dell'amore disprezzato, il ritardo della legge,
    l'insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
    che il merito paziente riceve dagli indegni,
    quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
    con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
    grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
    se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
    il paese inesplorato dalla cui frontiera
    nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
    e ci fa sopportare i mali che abbiamo
    piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
    Così la coscienza ci rende tutti codardi,
    e così il colore naturale della risolutezza
    è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
    e imprese di grande altezza e momento
    per questa ragione deviano dal loro corso
    e perdono il nome di azione.

    W.Shakespeare, Amleto
    Citazione Originariamente Scritto da BiO-dEiStA Visualizza Messaggio
    Questa sì che è vita, altro che la marea di boiate pseudoscientifiche con cui una mandria di dilettanti pagati a peso d'oro continua a riempirci la testa e a mandare a puttane il paese.
    Ben ritrovati.

  9. #1809
    Opinionista L'avatar di Tiberio
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    Segue la serie di Montale


    Arsenio

    I turbini sollevano la polvere
    sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi
    deserti, ove i cavalli incappucciati
    annusano la terra, fermi innanzi
    ai vetri luccicanti degli alberghi.
    Sul corso, in faccia al mare, tu discendi
    in questo giorno
    or piovorno ora acceso, in cui par scatti
    a sconvolgerne l’ore
    uguali, strette in trama, un ritornello
    di castagnette.

    È il segno d’un’altra orbita: tu seguilo.
    Discendi all’orizzonte che sovrasta
    una tromba di piombo, alta sui gorghi,
    più d’essi vagabonda: salso nembo
    vorticante, soffiato dal ribelle
    elemento alle nubi; fa che il passo
    su la ghiaia ti scricchioli e t’inciampi
    il viluppo dell’alghe: quell’istante
    è forse, molto atteso, che ti scampi
    dal finire il tuo viaggio, anello d’una
    catena, immoto andare, oh troppo noto
    delirio, Arsenio, d’immobilità…

    Ascolta tra i palmizi il getto tremulo
    dei violini, spento quando rotola
    il tuono con un fremer di lamiera
    percossa; la tempesta è dolce quando
    sgorga bianca la stella di Canicola
    nel cielo azzurro e lunge par la sera
    ch’è prossima: se il fulmine la incide
    dirama come un albero prezioso
    entro la luce che s’arrosa: e il timpano
    degli tzigani è il rombo silenzioso.

    Discendi in mezzo al buio che precipita
    e muta il mezzogiorno in una notte
    di globi accesi, dondolanti a riva, –
    e fuori, dove un’ombra sola tiene
    mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita
    l’acetilene –
    …………………finché goccia trepido
    il cielo, fuma il suolo che s’abbevera,
    tutto d’accanto ti sciaborda, sbattono
    le tende molli, un frùscio immenso rade
    la terra, giù s’afflosciano stridendo
    le lanterne di carta sulle strade.

    Così sperso tra i vimini e le stuoie
    grondanti, giunco tu che le radici
    con sé trascina, viscide, non mai
    svelte, tremi di vita e ti protendi
    a un vuoto risonante di lamenti
    soffocati, la tesa ti ringhiotte
    dell’onda antica che ti volge; e ancora
    tutto che ti riprende, strada portico
    mura specchi ti figge in una sola
    ghiacciata moltitudine di morti,
    e se un gesto ti sfiora, una parola
    ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
    nell’ora che si scioglie, il cenno d’una
    vita strozzata per te sorta, e il vento
    la porta con la cenere degli astri.



    (Ossi di seppia)
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  10. #1810
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    Corno inglese

    l vento che stasera suona attento -
    ricorda un forte scotere di lame -
    gli strumenti dei fitti alberi e spazza
    l'orizzonte di rame
    dove strisce di luce si protendono
    come aquiloni al cielo che rimbomba
    (Nuvole in viaggio, chiari
    reami di lassù! D'alti Eldoradi
    malchiuse porte!)
    e il mare che scaglia a scaglia,
    livido, muta colore
    lancia a terra una tromba
    di schiume intorte;
    il vento che nasce e muore
    nell'ora che lenta s'annera
    suonasse te pure stasera
    scordato strumento,
    cuore.




    (Ossi di seppia)
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  11. #1811
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    Felicità raggiunta, si cammina

    Felicità raggiunta, si cammina
    per te sul fil di lama.
    Agli occhi sei barlume che vacilla,
    al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
    e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

    Se giungi sulle anime invase
    di tristezza e le schiari, il tuo mattino
    è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
    Ma nulla paga il pianto del bambino
    a cui fugge il pallone tra le case.



    (Ossi di seppia)
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  12. #1812
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    Riviere


    Riviere,
    bastano pochi stocchi d'erbaspada
    penduli da un ciglione
    sul delirio del mare;
    o due camelie pallide
    nei giardini deserti,
    e un eucalipto biondo che si tuffi
    tra sfrusci e pazzi voli
    nella luce;
    ed ecco che in un attimo
    invisibili fili a me si asserpano,
    farfalla in una ragna
    di fremiti d'olivi, di sguardi di girasoli.

    Dolce cattività, oggi, riviere
    di chi s'arrende per poco
    come a rivivere un antico giuoco
    non mai dimenticato.
    Rammento l'acre filtro che porgeste
    allo smarrito adolescente, o rive:
    nelle chiare mattine si fondevano
    dorsi di colli e cielo; sulla rena
    dei lidi era un risucchio ampio, un eguale
    fremer di vite,
    una febbre del mondo; ed ogni cosa
    in se stessa pareva consumarsi.

    Oh allora sballottati
    come l'osso di seppia dalle ondate
    svanire a poco a poco;
    diventare
    un albero rugoso od una pietra
    levigata dal mare; nei colori
    fondersi dei tramonti; sparir carne
    per spicciare sorgente ebbra di sole,
    dal sole divorata…
    Erano questi,
    riviere, i voti del fanciullo antico
    che accanto ad una rósa balaustrata
    lentamente moriva sorridendo.

    Quanto, marine, queste fredde luci
    parlano a chi straziato vi fuggiva.
    Lame d'acqua scoprentisi tra varchi
    di labili ramure; rocce brune
    tra spumeggi; frecciare di rondoni
    vagabondi…
    Ah, potevo
    credervi un giorno, o terre,
    bellezze funerarie, auree cornici
    all'agonia d'ogni essere.
    Oggi torno
    a voi più forte, o è inganno, ben che il cuore
    par sciogliersi in ricordi lieti - e atroci.
    Triste anima passata
    e tu volontà nuova che mi chiami,
    tempo è forse d'unirvi
    in un porto sereno di saggezza.
    Ed un giorno sarà ancora l'invito
    di voci d'oro, di lusinghe audaci,
    anima mia non più divisa. Pensa:
    cangiare in inno l'elegia; rifarsi;
    non mancar più.
    Potere
    simili a questi rami
    ieri scarniti e nudi ed oggi pieni
    di fremiti e di linfe,
    sentire
    noi pur domani tra i profumi e i venti
    un riaffluir di sogni, un urger folle
    di voci verso un esito; e nel sole
    che v'investe, riviere,
    rifiorire!
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  13. #1813
    Opinionista L'avatar di Tiberio
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    Vincenzo Cardarelli
    Liguria

    È la Liguria terra leggiadra.
    Il sasso ardente, l’argilla pulita,
    s’avvivano di pampini al sole.
    È gigante l’ulivo. A primavera
    appar dovunque la mimosa effimera.
    Ombra e sole s’alternano
    per quelle fondi valli
    che si celano al mare,
    per le vie lastricate
    che vanno in su, fra campi di rose,
    pozzi e terre spaccate,
    costeggiando poderi e vigne chiuse.
    In quell’arida terra il sole striscia
    sulle pietre come un serpe.
    Il mare in certi giorni
    è un giardino fiorito.
    Reca messaggi il vento.
    Venere torna a nascere
    ai soffi del maestrale.
    O chiese di Liguria, come navi
    disposte a esser varate!
    O aperti ai venti e all’onde
    liguri cimiteri!
    Una rosea tristezza vi colora
    quando di sera, simile ad un fiore
    che marcisce, la grande luce
    si va sfacendo e muore.
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  14. #1814
    Opinionista L'avatar di Tiberio
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    Sul muro grafito che adombra i sedili rari

    Sul muro grafito
    che adombra i sedili rari
    l’arco del cielo appare
    finito.

    Chi si ricorda più del fuoco ch’arse
    impetuoso
    nelle vene del mondo; – in un riposo
    freddo le forme, opache, sono sparse.

    Rivedrò domani le banchine
    e la muraglia e l’usata strada.
    Nel futuro che s’apre le mattine
    sono ancorate come barche in rada.



    (Ossi di seppia)
    Ultima modifica di Tiberio; 28-02-2020 alle 14:12
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  15. #1815
    ????? ???????????? L'avatar di Pazza_di_Acerra
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    Citazione Originariamente Scritto da restodelcarlino Visualizza Messaggio
    Parole sante

    "Al modo delle foglie che nel tempo
    fiorito della primavera nascono
    e ai raggi del sole rapide crescono,
    noi simili a quelle per un attimo
    abbiamo diletto del fiore dell’età,
    ignorando il bene e il male per
    dono dei Celesti.
    Ma le nere dee ci stanno a fianco,
    l’una con il segno della grave vecchiaia
    e l’altra della morte. Fulmineo
    precipita il frutto di giovinezza,
    come la luce d’un giorno sulla terra.
    E quando il suo tempo è dileguato
    è meglio la morte che la vita.
    Molti mali giungono nell'animo: a volte, il patrimonio
    si consuma, e seguono i dolorosi effetti della povertà;
    sente un altro la mancanza di figli,
    e con questo rimpianto scende all'Ade sotterra;
    un altro ha una malattia che spezza l'animo. Non c'è
    un uomo al quale Zeus non dia molti mali."
    Mimnermo, il famoso frammento 2.

    (Esclusivamente per Pazza
    ἡμεῖς δ', οἷά τε φύλλα φύει πολυάνθεμος ὥρη
    ἔαρος, ὅτ' αἶψ' αὐγῆις αὔξεται ἠελίου,
    τοῖς ἴκελοι πήχυιον ἐπὶ χρόνον ἄνθεσιν ἥβης
    τερπόμεθα, πρὸς θεῶν εἰδότες οὔτε κακὸν
    οὔτ' ἀγαθόν· Κῆρες δὲ παρεστήκασι μέλαιναι,
    ἡ μὲν ἔχουσα τέλος γήραος ἀργαλέου,
    ἡ δ' ἑτέρη θανάτοιο· μίνυνθα δὲ γίνεται ἥβης
    καρπός, ὅσον τ' ἐπὶ γῆν κίδναται ἠέλιος.

    αὐτὰρ ἐπὴν δὴ τοῦτο τέλος παραμείψεται ὥρης,
    αὐτίκα δὴ τεθνάναι βέλτιον ἢ βίοτος·
    πολλὰ γὰρ ἐν θυμῶι κακὰ γίνεται· ἄλλοτε οἶκος
    τρυχοῦται, πενίης δ' ἔργ' ὀδυνηρὰ πέλει·
    ἄλλος δ' αὖ παίδων ἐπιδεύεται, ὧν τε μάλιστα
    ἱμείρων κατὰ γῆς ἔρχεται εἰς Ἀΐδην·
    ἄλλος νοῦσον ἔχει θυμοφθόρον· οὐδέ τίς ἐστιν
    ἀνθρώπων ὧι Ζεὺς μὴ κακὰ πολλὰ διδοῖ."
    Grazie!
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

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