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Discussione: Destinazione Francoforte. (ricordi di un viaggio rimasto nel cuore)

  1. #1

    Destinazione Francoforte. (ricordi di un viaggio rimasto nel cuore)

    Cap. 1° - Il viaggio in treno (prima parte)

    07 Dicembre 1988. Avevo compiuto da poco vent’anni, quando mi si presentò l'occasione di lavorare all'estero, precisamente a Francoforte, in Germania. Un amico di mio padre vi si era trasferito da diversi anni e gestiva un ristorante nel cuore di Francoforte, proprio di fronte la sede di uno dei principali quotidiani tedeschi il “Frankfurter Allgemeine Zeitung”.

    Mio padre gli chiese se era disposto a farmi lavorare con lui per un pò di tempo, giusto per fare esperienza. Mi ero diplomato due anni prima presso l’Istituto Alberghiero della mia città ed avevo studiato, oltre che l'inglese ed il francese, anche il tedesco e questa era una buona occasione per far pratica direttamente suo posto.

    Così il 07 Dicembre presi il treno. Prima tappa Milano e poi avrei proseguito per Francoforte. Il viaggio fu stancante, ben ventidue ore solo dalla Sicilia a Milano. Ricordo che il treno era pieno di viaggiatori. Chi raggiungeva i parenti emigrati al nord, chi era stato giù in Sicilia ed ora ritornava in sede. Insomma, quel giorno, in tutte le fermate principali della mia isola, il treno imbarcava tanti viaggiatori. Molti erano accompagnati dalle famiglie. Al momento di salutarsi alcuni piangevano, soprattutto madri che accompagnavano i figli alla stazione, ma anche qualche padre, commosso, non riusciva a trattenere le lacrime.

    In particolare ricordo che a Catania, salì una signora anziana, robusta, vestita di nero, probabilmente in lutto, accompagnata da due figli che l'aiutarono a sistemare ben quattro grandi valigie. Aveva prenotato la cuccetta di fronte la mia. Questa Signora si recava a Milano per trascorrere una settimana con un terzo figlio che viveva "al Nord", come si usa dire qui da noi. Ben presto cominciammo a parlare e come d’abitudine, anche se praticamente estranei, mi raccontò tutta la storia della sua famiglia. Il matrimonio avvenuto in età giovane, i figli, le difficoltà a tirare avanti … ecc. Mi disse che in una delle sue valigie aveva sistemato tutti i suoi preparati (melanzane, peperoni sott'olio, caponata e altro) Rimasi stupito, ma non più di tanto però. Lei si scusò per l'eccessivo spazio che occupavano le sue valige, ma era più di un anno che non vedeva il figlio e gli voleva portare i sapori della sua terra. La mamma è sempre la mamma, pensai tra me e me.

    Arrivati a Messina il treno si fermò per iniziare la manovra d’imbarco nel traghetto. Quanti di voi hanno vissuto quest’esperienza?
    Il treno viene fatto entrare nella stiva e, raggiunta la lunghezza massima possibile, i vagoni vengono sganciati e riportati indietro, fuori dal traghetto, per cambiare binario. Poi rientra nel binario accanto, altri vagoni si affiancano a quelli sistemati prima, si sganciano nuovamente ed il treno esce per continuare avanti e indietro, fino a quando tutti i vagoni vengono sistemati nella stiva. Sembra un'operazione semplice, banale, senza particolare importanza, ma vi assicuro che è bella viverla direttamente.

    Completato l’imbarco, scesi dal treno per assistere alla traversata dello stretto dal ponte della nave. Era sera, lo spettacolo semplicemente meraviglioso. Usciti dal porto di Messina si potevano notare le luci della città che si allontanavano sempre di più. Di fronte, le luci di Reggio Calabria invece si avvicinavano.

    Il mare era calmo e lo stretto era attraversato da altre imbarcazioni, altre navi traghetto, pescherecci, navi cargo. Tutte ci sfilavano vicine, ognuno seguendo la propria rotta, silenziose, come fossero in processione.



    Attraversato lo stretto, il treno si ricompose per continuare il viaggio. Si fece tardi e preparai la cuccetta. Aiutai la Signora a sistemare le lenzuola d'oro (chi si ricorda lo scandalo delle lenzuola d'oro??) cioè le classiche lenzuola di carta che ti davano da stendere e per foderare il cuscino. Mi sdraiai per cercare di dormire, ma era impossibile. Il rumore delle rotaie dava fastidio, così scesi e andai nel corridoio a parlare a bassa voce con altre persone che come me, non riuscivano a prendere sonno.

    Ognuno raccontava la propria storia, dove si stava recando, per quale motivo, quando sarebbe rimasto e quando sperava di ritornare giù, in paese. Storie quasi tutte simili tra loro. Nelle prime ore mattutine, ricordo che il treno aveva già passato Roma e viaggiava spedito verso Firenze per poi proseguire per Bologna ed infine arrivare a destinazione, Milano. Avevo già viaggiato in treno, con i miei genitori. A Bologna per esempio mi ero recato già diverse volte. Mi ero operato agli occhi quando avevo solo quattro anni e ogni tanto ci tornavo per fare delle visite di controllo.

    Arrivammo a Milano in tarda mattinata. Appena il treno si fermò scese una marea di gente. La signora si incontrò con il figlio e la nuora. La scena fu davvero commovente. Si abbracciarono, si baciarono. La signora sembrava non staccarsi più dal figlio. Cominciarono a parlare in dialetto e devo dire che fu un spettacolo ascoltarli. Aiutai la signora e suo figlio a scendere le valigie, pensando a tutte quelle buone cose da mangiare che aveva portato al figlio. Li salutai e gli feci i miei migliori auguri. Lei mi volle abbracciare, quasi fossi suo figlio! Ricambiò gli auguri, dato che anch’io le raccontai di me e di questo mio primo viaggio all’estero, da solo. Mi fece mille raccomandazioni, pensate un pò.

    Rimasto solo, mi venne all'improvviso fame e mi recai in un bar per mangiare un boccone. Ricordo che faceva freddino. Mangiai in fretta, in mezzo a tanta confusione. La stazione era piena di gente. Alcuni avevano un passo decisamente spedito. Anch'io dovevo sbrigarmi. Il treno aveva portato ritardo ed il “Tiziano”, il treno che avrei dovuto prendere per arrivare a Francoforte, sarebbe partito a breve.

    Fine prima parte.
    Ultima modifica di bumble-bee; 04-05-2010 alle 14:35
    Bambol utente of the decade

  2. #2
    la viaggiatrice L'avatar di dark lady
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    Avvincente la tua storia di viaggio. Credo che ogni viaggio sia una storia da raccontare, e hai avuto un'ottima idea!
    “Io e il mio gatto... siamo due randagi senza nome che non appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene” [cit. Colazione da Tiffany]

    Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità [cit: Manifesto futurista] .

  3. #3
    Citazione Originariamente Scritto da dark lady Visualizza Messaggio
    Avvincente la tua storia di viaggio. Credo che ogni viaggio sia una storia da raccontare, e hai avuto un'ottima idea!
    grazie, sei davvero incoraggiante (ne ho bisogno ).
    Bambol utente of the decade

  4. #4
    Cap. 1° - Il viaggio in treno - (2° parte)

    Dopo essermi rifocillato un pò, mi diressi verso il binario dove sostava il treno denominato "Tiziano" diretto a Francoforte. Appena vi salii notai subito che il vagone era profondamente diverso rispetto a quello preso in precedenza. Innanzi tutto non era suddiviso in più scompartimenti, ma in uno solo, grande con tante file di sedili sia a destra che a sinistra, come in aereo. Ne scelsi uno vicino al finestrino, sistemai la valigia e mi sedetti. Notai che era straordinariamente pulito e tenuto in perfetto ordine. Non un graffio, nessun “graffito” alle pareti. I sedili erano ricoperti di federe che nel poggiatesta erano di colore bianco ed estremamente pulite. Era decisamente molto più confortevole rispetto all’altro. Dimenticai la stanchezza accumulata e mi rilassai aspettando che il treno partisse.

    Alle 13:00 in punto il treno cominciò a muoversi, lentamente, senza fare quasi rumore. C’erano poche persone nel vagone e tutte sparpagliate, tanto che ognuno aveva un vuoto attorno a se. Il silenzio regnava. Un’ atmosfera completamente diversa rispetto a quella trovata durante la prima parte del viaggio, dove la confusione e le conversazioni della gente contribuivano a farmi compagnia. Sin dall’inizio del mio viaggio infatti, avevo sempre sentito parlare qualcuno e anche in quel momento di assoluto silenzio, sentivo ancora echeggiare dentro di me, la voce della “Mamma” di Catania che non aveva smesso di parlare un minuto da quando era salita … qui invece nulla. Tutti zitti quasi fossimo in raccoglimento. Cominciai ad osservare il paesaggio che mi scorreva davanti. Ben presto fui circondato da colline, boschi, pareti rocciose, montagne tutte innevate. Avevamo lasciato l’Italia e stavamo attraversando la Svizzera.

    Il treno si fermò a Lugano, dove risiedeva una mia zia, sorella di mio padre. Abitava lì perché da ragazzina i miei nonni erano emigrati in Svizzera per un certo periodo di anni. Lei visse la sua adolescenza a Lugano dove conobbe colui che poi sarebbe diventato suo marito, originario di Como e che faceva il frontaliere. Mi sarebbe piaciuto salutarli, ma non era certo possibile. Proseguimmo per Zurigo, Basilea e dopo circa tre ore di viaggio, attraversammo il confine con la Germania. Passato il primo tratto montuoso, ben presto il paesaggio diventò pianeggiante. Attraverso il finestrino notai fiumi, laghetti, boschi. Era tutto così bello, fantastico, così diverso dal paesaggio a cui ero abituato.

    Cominciai a riflettere. Mi stavo recando in una grande città europea, chissà cosa mi aspettava, chissà quali esperienze avrei fatto. Cominciai a domandarmi : “E se mi trovassi così bene da viverci per sempre?” Sarei rimasto in Germania, separandomi dai miei genitori, i miei amici … Per un attimo mi prese un senso di malinconia. “Questo viaggio avrebbe rappresentato una svolta davvero significativa alla mia vita? Chissà?” Non ero neanche arrivato a destinazione che già provavo malinconia? Così cancellai questi pensieri dalla mia mente e mi concentrai su altre cose. Chissà che tipo sarebbe stato il mio datore di lavoro? Sapevo solo che era amico d'infanzia di mio padre e che abitavano l'uno di fronte all'altro.

    Venne il momento di esibire il biglietto al controllore e con grande sorpresa scoprii che era mio concittadino. Pensa com'è piccolo il mondo, mi dissi. Mi raccontò che mancava da casa da 25 anni, che si trovava bene e che era andato via per i solito motivo, la ricerca di un lavoro, che giù da noi era difficile trovare. Mi chiese notizie della nostra città e quando gli risposi che era tutto uguale, tutto fermo, immobile, senza sostanziali cambiamenti, con una certa amarezza commentò : "Ho fatto bene ad andarmene." Mi fece i suoi migliori auguri e salutando mi disse : "se arrivi ad ambientarti, non tornerai più a casa".

    Ricominciai a pensare, a chiedermi cosa mi aspettavo in verità da questo viaggio. Alla fine mi dissi che qualsiasi cosa sarebbe accaduta, sarebbe stata comunque un’ esperienza positiva che mi avrebbe giovato in futuro.

    Il tempo passava, il paesaggio era diventato monotono e la stanchezza cominciò a farsi sentire. Ero in viaggio da 28 ore! Quando sarei arrivato?

    Alla fine arrivai. Verso le venti di sera il treno entrò nella stazione di Francoforte. Stanco, presi la valigia e scesi, dirigendomi insieme a molti viaggiatori verso l’uscita principale. La stazione era molto grande e piena di gente. Appena uscii mi trovai di fronte una grande via, la Kaiser Strasse. Tutt’intorno palazzi e numerosissime insegne di vari colori e grandezza. Una su tutte mi rimase impressa, era grande, illuminata di rosso e riportava la scritta : “LAUDA AIR”. La famosa compagnia aerea di niki Lauda, il campione di formula uno.



    Presi un taxi e dissi all'autista di portarmi in Stift Strasse nr. 34. Dopo circa dieci minuti arrivammo. Scesi, pagai la corsa con i soldi che avevo cambiato in banca prima di partire e mi fermai a guardare di fronte a me. L’insegna era tricolore e la scritta riportava “RESTAURANT CIAO ITALY”. E
    ro arrivato!

    Fine capitolo.
    Ultima modifica di bumble-bee; 05-05-2010 alle 21:05
    Bambol utente of the decade

  5. #5

    Destinazione Francoforte - Cap. 2

    [COLOR=#0071cc][B][SIZE=2]Destinazione Francoforte - Cap. 2
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  6. #6

    Destinazione Francoforte - Cap. 3

    [B][COLOR=#0071cc]Destinazione Francoforte - Cap. 3
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  7. #7

    Destinazione Francoforte - Cap. 4

    Destinazione Francoforte - Cap. 4° - Natale 1988 (prima parte)


    L'indomani ci alzammo presto. Io e Riccardo, mentre ci preparavamo, cominciammo a parlare di noi per conoscerci meglio. Lui veniva da Perugia, aveva la mia stessa età ma era circa un anno che stava in Germania. Nel ristorante del figlio di Giovanni si trovava bene, eccetto per il maitre. Un tipo che veniva da Ischia, che era abbastanza borioso e pieno di se e trattava male tutti. Si chiamava Michele ed era il capo del personale. In effetti quando Giovanni me lo presentò, l'indomani del mio arrivo, non mi aveva fatto una bella impressione. Abbastanza taciturno, sguardo penetrante, a stento si presentò, assumendo aria di sufficienza.

    Riccardo mi disse anche che il proprietario della pensione avrebbe provveduto a fornirci due letti separati, ma essendo molto anziano, dubitava che avrebbe risolto presto. Usciti dalla pensione facemmo colazione in una pasticceria, appena di fronte. Poi ci salutammo. Riccardo si diresse verso il ristorante ed io alla fermata dei pulman ad aspettare Giovanni, che passò a prendermi e proseguimmo per Francoforte.

    I giorni trascorrevano e tutto andava bene. I ritmi erano frenetici la mattina e blandi la sera. All'inizio avevo difficoltà a capire quello che i clienti mi chiedevano. Non conoscevo la terminologia da ristorante. Giovanni mi aiutava, traducendo ciò che non capivo. Nelle pause andavo a curiosare in giro. Visitavo i grandi magazzini. C'era da perdersi per ore ed ore, solo a guardare tutto quello che era esposto. Spesso durante la pausa facevo delle passeggiate lungo il bordi del Meno. Il fiume era percorso da imbarcazioni, abbastanza lunghe con una chiglia larga e dal basso profilo, che trainavano spesso delle chiatte che trasportavano legname, carbone e merci di ogni genere. Tutto mi era nuovo e c’era tanto da guardare e da scoprire.

    ]

    Si avvicinava il Natale. C'era un clima di festa, le strade erano tutte addobbate con stelline, nastri colorati e alberi di natale. Questo natale sarebbe stato il primo trascorso all'estero. Una settimana prima di Natale, Giovanni mi disse che dall'indomani avrei preso servizio presso il ristorante del figlio fino a dopo capodanno. Per un pò di tempo quindi, non avrei lavorato con lui. La cosa mi disturbò. Mi trovavo bene a Francoforte. Perché cambiare? Provai a convincere Giovanni per farmi rimanere con lui, anche perché da solo non avrebbe potuto farcela, specialmente di giorno. Lui rispose invece che se la sarebbe cavata ugualmente, poiché nel periodo natalizio molti dei suoi clienti abituali, gli impiegati dei vari uffici limitrofi al ristorante, andavano in ferie, pertanto il lavoro diminuiva, mentre nello stesso periodo, nel ristorante del figlio, che si trovava in un paesino d’interesse turistico, il lavoro incrementava, pertanto aveva bisogno di più personale.

    Così la mattina del 18 Dicembre 1988, insieme a Riccardo, mi recai presso il "Ristorante Italiano Atelier" di Konigstain im Taunus. Mi presentai a Michele, il maitre, che a sua volta mi presentò tutto lo staff. Tra i camerieri oltre a Riccardo c'era una ragazza jugoslava, Djena. Il cuoco era mio concittadino, si chiamava Pasquale ed era fidanzato con Djena. Il ristorante era diverso da quello di Francoforte. Più grande, più elegante e signorile. La clientela era composta da persone di una certa classe. Michele mi spiegò alcune cose che caratterizzavano questo ristorante. Tra queste, vi erano le ricette flambé e cioè l'arte di completare la preparazione di certi piatti irrorando le pietanza con alcool (generalmente rum, whisky e cognac) e provocando la tipica fiammata che tanto colpisce i commensali per l'effetto scenico e la particolarità di insaporire le pietanze.

    Mi chiese se sapevo farlo. Rimasi a guardarlo per un attimo, prima di rispondere. Io avevo 20 anni, un diploma di segretario d’albergo e facevo il cameriere da poco tempo, giusto per iniziare a lavorare e lui mi chiedeva se sapevo preparare i piatti al flambé? "No" risposi, "non mi è ancora capitato e non so prepararli." "Pazienza, imparerai. Faremo delle prove prima, non vorrai bruciare il viso dei nostri clienti, vero?” continuò ridendo. Cosa ci trovasse poi da ridere… "Sai almeno pulire il pesce? Perché sai, qui il pesce lo puliamo noi ai clienti. Sai fare almeno questo?" "No" risposi, "Non so neanche pulire il pesce.", dissi con un tono abbastanza scocciato. "Mamma mia, non sai fare nulla allora. Ma chi mi mandato Giovanni?", sbottò.

    Già lo odiavo questo tizio. Non era passata nemmeno mezz'ora e già non potevo sopportarlo. Vidi Riccardo che rideva in disparte, facendomi segno portandosi il dito alla tempia, come per dire “Non farci caso è completamente fuori di testa”.

    Dopo un pò arrivò il proprietario, Giuseppe, il figlio di Giovanni. Mi salutò e anche lui volle parlarmi. Mi spiegò che era necessario mostrare una certa professionalità e una certa capacità, perché la clientela era di un certo livello. Tutte persone a modo, che venivano per trascorrere delle ore liete e alla quale era necessario rivolgersi sempre garbo e cortesia, oltre che offrire la massima disponibilità. Subito Michele intervenne per lamentarsi, dicendo che non ero in grado di fare le cose più elementari e che dovevo imparare prima possibile se volevo essere veramente d'aiuto. Giuseppe lo rassicurò dicendogli che avrei imparato presto.

    Per farla breve, mi ritrovai trasferito in un altro genere di ristorante, completamente diverso da quello di Francoforte, che aveva altre regole e abitudini diverse da quelle cui ero abituato. L'orario di apertura si avvicinava e ben presto sarebbero arrivati i primi clienti. Andai a cambiarmi e mentre lo facevo, provavo una sensazione di disagio. Da quando mi trovavo in Germania, per la prima volta, mi sentivo come un pesce fuor d'acqua.

    fine prima parte.
    Ultima modifica di bumble-bee; 19-05-2010 alle 14:33
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  8. #8
    preso L'avatar di mariomac
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  9. #9
    Citazione Originariamente Scritto da mariomac Visualizza Messaggio
    E' molto bello leggerti...
    Spero continuerai presto.

    grazie, mi fa molto piacere... continuerò naturalmente. Ciao
    Bambol utente of the decade

  10. #10

    Destinazione Francoforte - Cap. 4

    Destinazione Francoforte - Cap. 4° - Natale 1988 (seconda parte)

    I primi clienti entrarono. Erano eleganti e dall'atteggiamento si notava che alcuni erano di una certa classe sociale. Michele li accolse con estrema cortesia, aiutò le signore a togliere il cappotto di pelliccia e le accompagnò fino ai tavoli, aiutandole ad accomodarsi. Mi raccomandò di osservarlo in modo da imparare. Il locale si riempì, ma a differenza di quello di Francoforte, qui clienti non avevano fretta di pranzare e noi non lavoravamo con frenesia. Tutto si svolgeva con calma e tranquillità. Tutto era curato nei minimi particolari, Michele si prendeva cura dei clienti, li coccolava, scambiava delle battute e sorrideva sempre. Ai clienti piacevano queste attenzioni e lui ci sapeva fare.

    Il pesce veniva sempre spinato, prima di essere servito a tavola e questa operazione si faceva sempre di fronte ai clienti. In un apposito carrello veniva poggiato il vassoio contenente il pesce. Accanto al vassoio si mettevano i piatti e con coltello e forchetta si apriva il pesce in due parti, si toglieva la spina centrale, la testa, la coda, si proseguiva togliendo le spine dorsali, ed infine si posizionava il pesce nei piatti, ben sistemato e si completava l'operazione decorando il piatto con una fetta di limone poggiata sopra delle foglioline di prezzemolo. Michele eseguiva questa operazione con estrema disinvoltura e ogni tanto alzava gli occhi e mi guardava, per assicurarsi che stessi osservando.

    Dopo che gli ultimi clienti andarono via, ci sedemmo tutti in un unico tavolo per pranzare. Tra cuochi, camerieri e lavapiatti, eravamo una decina. Dialogai con Pasquale e Djena. Mi raccontarono che erano cinque anni che lavoravano in questo locale dove tra l'altro si erano conosciuti. Pasquale era mio concittadino, mentre Djena veniva da Serajevo. Speravano presto di sposarsi. Poi parlai di me, dei miei studi, dissi che mi ero diplomato presso l’Istituto Alberghiero della mia città e che avevo voglia di fare esperienza e imparare meglio il tedesco. Non ero ancora bravo a fare questo mestiere, soprattutto in un ristorante di una certa classe. Dissi anche che in effetti questo non sarebbe stato il mio mestiere definitivo. Al momento rappresentava un lavoro come un altro, giusto per cominciare a lavorare e dissi anche che aspiravo a lavorare in un albergo come segretario. Michele pare che si risentì ascoltandomi, perché rispose che fare il cameriere non era da tutti e che ci vuole una certa preparazione e soprattutto, molta passione, altrimenti non si può diventare vermaente bravi. Io però non volevo offendere nessuno, intendevo dire semplicemente ch rappresentava solo un punto di partenza.

    Dopo pranzo, io e Riccardo facemmo una passeggiata in centro. Konigstein era un paesino piccolo, tutto concentrato attorno ad una collinetta dove csi trovavano i resti di un antico castello medievale, circondato da un grande parco che conteneva dei laghetti con anatre e cigni. Un paesaggio davvero fantastico. C’era anche la neve, che seppur non abbondante, contribuiva a rendere il paesaggio bicolore, verde e bianco.



    Riccardo mi disse che lavorare in questo paesino era deprimente. Dopo un pò ci si annoiava e a parte andare negli unici due pub che si trovavano in centro, non rimaneva altro da fare. Il lavoro impegnava moltissimo e avendo solo un giorno di riposo la settimana, non ci si poteva allontanare dalla zona. Non possedendo una vettura, l’unica cosa che si poteva fare durante il giorno libero era quella di prendere il treno e andare fino a Francoforte. Lì, con altri colleghi di altri ristoranti che erano liberi il suo stesso giorno, andavano in giro per la città e ogni tanto si recavano nei bordelli.

    “Nei bordelli?” gli chiesi stupito. E lui, “Certo nei bordelli, perché tu ancora non ci sei stato? Eppure hai lavorato con Giovanni a Francoforte a due passi dal quartiere a luci rosse.”

    "A parte che ogni sera rientravo con lui a Konigstein e poi io non so neanche dove si trova il quartiere a luci rosse” Risposi. Lui allora disse “Ti ci porterò io allora, non sai cosa ti perdi”

    “Ti ringrazio, ma non mi interessa, preferisco evitare” gli risposi. Lui allora mi disse con un certo tono “Ma che dici? Qui la prostituzione è tollerata. Molte ragazze scelgono di fare le prostitute per pagarsi le ferie o gli studi, alcuni fanno questo lavoro solo per certi periodi, per arrotondare. I bordelli non sono mica quei iposti che ti immagini. Sono dei locali dove alcune ragazze si esibiscono, fanno spogliarelli, dove tutto si svolge con una certa classe, senza volgarità, in piena pulizia e igene e poi, il preservativo è d’obbligo.” Rimasi stupito. “Per Pagarsi le ferie? Gli studi? Ma che stava dicendo?

    Le ore trascorsero e venne il momento di riprendere servizio. Rassettammo i tavoli e ci preparammo alla riapertura. Verso le diciannove i primi clienti arrivarono ed il locale presto si riempì nuovamente. Michele, ricominciò a sorridere e ad essere estremamente gentile con le clienti, adulandole e facendole dei complimenti.. “Che paraculo!” pensai tra me e me, ma probabilmente per essere un bravo maitre bisognava fare come lui. Feci tutto quello che mi ordinò. Lo osservai attento mentre ancora una volta puliva il pesce davanti ai clienti che lo osservavano compiaciuti.

    Insomma la storia si ripeteva come per la mattina. L’unica differenza la facevano i lumini a petrolio che venivano posizionati ai tavoli e accesi. Nel frattempo le luci principali venivano abbassate, in modo da creare un’atmosfera più romantica, che contribuiva a rendere le coppie più intime. Ogni tanto mi avvicinavo ai tavoli e con un sorriso, prendevo la bottiglia del vino dall’apposito contenitore con in ghiaccio e avvolto da un tovagliolo di stoffa per evitare che l’acqua gocciolasse sul tavolo, riempivo i bicchieri vuoti dei clienti, assumendo un attegiamento estremamente professionale, ponendo rigorosamente il braccio sinistro dietro la schiena e congedandomi con sorriso. Non una parola veniva pronunciata durante quest‘operazione per non interrompere il dialogo e l'armonia dei clienti.

    Arrivò anche quella sera l’ora di chiusura. Prendemmo i cappotti degli ultimi clienti, aiutammo le signore ed i signori a indossarli, salutammo accompagnandoli alla porta e augurando loro la buona notte. Il tutto condido da smaglianti sorrisi. Si sorrideva praticamente sempre.

    Cenammo nuovamente tutti insieme e dopo la chiusura, io e Riccardo andammo a piedi verso la nostra pensioncina. Faceva freddo pertanto allungammo il passo per rincasare il prima possibile. Le strade erano deserte ed il silenzio, totale. Entrati in camera, il letto matrimoniale era sempre al suo posto. Il proprietario della pensione non lo aveva ancora cambiato. Rassegnati, andammo a dormire.

    Fine seconda parte

    Ultima modifica di bumble-bee; 23-05-2010 alle 13:13
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  11. #11
    preso L'avatar di mariomac
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  12. #12

    Destinazione Francoforte - Cap. 4

    Destinazione Francoforte - Cap. 4° - Natale 1988 (Terza parte)

    I giorni passarono ed il Natale si avvicinava. Il ristorante lavorava bene. Tra i clienti abituali c’era una coppia molto distinta. Erano sempre accompagnati dal loro pastore tedesco e venivano spesso, specialmente la sera. Lei era bionda, molto fine e graziosa. Il marito poi estremamente educato. Erano entrambi sulla quarantina. Il cane poi sembrava finto. Si accucciava sotto il tavolo e lì stava, immobile, fino a quando andavano via. Ben presto feci amicizia con entrambi. Lei era molto gentile , mi chiese da dove venivo, da quanto tempo mi trovavo in Germania, quali aspirazioni avessi. A volte mi capitava di parlare con loro in inglese, specialmente quando non trovavo i vocaboli adatti, secondo il tipo di conversazione che facevamo. Così capitò che quando venivano al ristorante, ero io che il più delle volte li accoglievo e li servivo. Questo mi aiutava molto a prendere fiducia in me stesso poiché non mi sentivo impacciato con loro, anzi mi trovavo a mio agio.

    Fu con loro che iniziai anch’io a spinare il pesce. Un giorno, davanti alla coppia di ospiti, con alle mie spalle Michele che mi osservava attento, mi apprestai per la prima volta a compiere questa operazione. Ricordo che ero abbastanza agitato, non volevo fare brutte figure, tantomeno farmi rimproverare da Michele, che sembrava non aspettasse altro. Aprii il pesce in due parti, continuando il taglio dalla fessura che si trovava già sull’addome, proseguendo il taglio verso la coda. Poggiai l’altra metà del pesce accanto alla prima, tolsi la spina centrale, la testa, la coda, proseguii togliendo le spine dorsali, sistemai il pesce, perfettamente pulito da ogni spina, sui piatti, in maniera ordinata, in modo da presentarlo elegantemente. Presi le fettine di limone e li posizionai sul cespuglietto di prezzemolo già collocato sul piatto, Aggiunsi un filo d’olio e lo servii ai clienti. La signora mi guardò con simpatia e ammirazione, sorrise e mi strizzò l’occhio, come per dire : "C'è l'hai fatta, hai superato la prova con successo, bravo." Ne fui molto contento. Anche se poteva sembrare banale, per me rappresentava un piccolo successo.

    l giorno di Natale il ristorante era al completo. Molte persone avevano prenotato per il pranzo. Ci demmo molto da fare. La coppia di amici era presente con altri ospiti. Oramai mi chiamavano per nome ed io ero contento di servirli. Andò tutto bene, eccetto il mio rapporto con Michele. Era sempre sgarbato, insofferente e credo fosse dovuto al fatto che mano a mano acquisivo sempre più fiducia in me stesso. Ogni tanto qualche errore lo commettevo e quando capitava, lui era sempre pronto ad enfatizzarlo, per mettermi in cattiva luce. Riccardo aveva ragione, era l'esempio perfetto di un superiore a dir poco, perfido, meschino e stronzo. Per quanto mi riguardava, cercavo di evitare ogni discussione. Evitavo di rispondere o di mostrarmi a mia volta sgarbato, ma confesso che cominciava a pesarmi non poco.

    Subito dopo Natale litigammo di brutto. Mi ordinò di prendere dei vassoi in cucina con delle pietanze appena cucinate da portare al tavolo dei clienti. Mi recai in cucina e Pasquale, il cuoco, mi disse di stare attento perché aveva uscito i vassoi dal forno appena in quel momento e rischiavo di bruciarmi. Così presi due tovaglioli di stoffa e li utilizzai a mo di guanti . Quando arrivai in sala, Michele vide le mie mani avvolte nei tovaglioli emi rimproverò di brutto, perché a suo dire, non offrivo un bello spettacolo, concludendo dicendo che un "vero" cameriere, ha i calli nelle dita, che fanno da cuscinetto e ciò basta per evitare le bruciature. Detto questo prese a mani nude i vassoi e li portò al tavolo come se niente fosse.

    Mi sentii veramente umiliato e provai tanta rabbia. Stavo dando il meglio di me stesso e lui, piuttosto che apprezzarlo, non perdeva occasione per punzecchiarmi. Al momento evitai ogni discussione perché il ristorante era pieno di clienti, ma successivamente, quando tutti andarono via, prima che ci sedessimo a tavola, lo affrontai una volta per tutte. Gli dissi che era un gran maleducato, una persona meschina, invidiosa e incapace di mantenere la giusta armonia nell’ambiente di lavoro. Gli dissi che cercava ogni pretesto per mettermi in cattiva luce e di non azzardarsi più i futuro di riprovarci.Lui sembrava non aspettare altro. Si impetti, alzo il tono della voce andò in escandescenza, provocandomi e minacciandomi di farmi licenziare. Poi telefonò a Giovanni per raccontargli tutto.

    Me ne andai sbattendo la porta, furioso. Riccardo mi seguì. Disse che avevo fatto bene a reagire, che era palese che gli stessi antipatico e che Giovanni avrebbe capito la mia reazione e mi avrebbe dato ragione. Ci recammo al parco, sotto il castello e mangiammo due panini presso un chiosco. Provai a rilassarmi e godermi quel momento di quiete. Ricordo che c’erano tanti merli. Tutti neri, dalle piume lucide e il becco giallo. A casa avevo un merlo, si chiamava “pippo”. Non era un merlo indiano quindi non imitava la voce, ma fischiava imitando delle tonalità che gli canticchiavo. Me lo aveva regalato mio zio che per sbarazzarsene me lo portò fino a casa. La mattina presto cominciava a fischiare alle sei del mattino, svegliando tutto il vicinato, se dimenticavo di coprire la sua gabbia con un asciugamano. Ora in quel preciso momento, ne contavo una decina accanto a me che si affannavano a beccare le molliche di pane che gli tiravo. Mi venne l’istinto di provare a prenderne uno, ma Riccardo mi disse che erano protetti.






    Mentre davo da mangiare ai merli, pensavo che sarebbe stato meglio ritornare a Francoforte. I rapporti oramai erano compromessi e poi non volevo più rimanere a Konigstain. La sera ripresi servizio senza dire una parola. Anche Michele evitò di parlarmi. Il figlio di Giovanni era assente in quei giorni e così l'indomani sarebbe passato il padre per chiarire le cose.

    Fine terza parte
    Ultima modifica di bumble-bee; 28-05-2010 alle 10:19
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  13. #13
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  14. #14
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    Brutta peste sto Michele, eh?
    Si. Un sabato sera, saputo che noi tutti volevamo andare a ballare dopo la chiusura del locale, cerc
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    evvabbhè, al di là delle capacità, dovevate sorbirvelo voi sul lavoro...
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