crepuscolo;
Interrompo parzialmente qui il tuo discorso perch� non sono d'accordo con il tuo modo di considerare l'insegnamento.
Se, quando sei bambino come dici tu non ti insegnano a leggere in italiano (quel che vogliono, ma l'importante per chi impara � comunicare con il prossimo altrimenti saresti un escluso) ed a scrivere in italiano, non potresti neppure replicare in futuro e sorgerebbe una domanda: come sarei da grande? Messo male, secondo me
.
Tra l'altro qui vedrei bene quel ragionamento sull'umilt� che coinvolge sia chi impara e sia chi insegna, se chi insegna insegna bene, e chi impara impara bene, ovviamente, facendo un po' i filosofi. Grande deve essere l'umilt� di chi vuole imparare ( il bambino che va a scuola o il bambino che va in chiesa), ma ancor pi� grande deve essere l'umilt� del buon maestro, indipendentemente da qualsiasi tipo di verit� che possegga o meno, ( "che cos'� la verit�?" disse quel praticone di Pilato
a Ges� volendo dimostrare che aveva il potere di salvarlo o farlo morire, anche un po' beffardo quel Pilato
), perch� � nel sentimento dell'insegnar bene che sta la verit�, e poich� la verit� per Ges� � "vita vissuta in Dio", in quel caso impara lo scolaro per essere libero ma impara anche il maestro, soprattutto sentimentalmente, perch� il suo messaggio � stato recepito, � andato a buon fine.
Ecco perch� si deve insegnare bene.
Come disse Ges� ai farisei: voi che (ipocritamente) credete di insegnare bene, sarete giudicati dai vostri discepoli.