Non sono certo uno che applaude all'imparzialit� o si fida di forze dell'ordine e apparati statali in genere, e nemmeno si illude che principi scritti sulla carta li possano rendere meno distorti di come sono. Figuriamoci dei servizi segreti.
Tuttavia Bruno Contrada, nei suoi vent'anni di disavventure giudiziarie, mi ha sempre dato l'idea di essere un uomo onesto, che ha sopportato tutto ci� che gli � capitato senza scendere a compromessi. Difende la propria dignit� solo sul piano dei fatti a lui contestati, e non ha mai tirato in ballo toghe rosse et similia, come invece il teatrino della politica (berlusconiano e non solo) ci ha abituati da troppo tempo. Non so cosa Contrada abbia fatto di tanto grave in un'epoca in cui la mafia alzava la voce contro lo stato a colpi di stragi; oltretutto sappiamo benissimo che questi due poteri opposti e complementari, facendo finta di lottare l'uno contro l'altro, lontano da sguardi indiscreti scendono a patti almeno dall'epoca dell'unit� d'Italia. La mia impressione � che serva da capro espiatorio per chiss� chi o che cosa, pagando colpe magari al posto di qualcuno di quegli stessi plurinquisiti e pluricondannati che facendo slalom fra le aule di giustizia continuano imperterriti nei loro incarichi istituzionali e non.
Ora per�, dopo una ridda di rinvii a giudizio e sentenze contraddittorie, arriva la sentenza della corte europea di Strasburgo la quale, senza entrare nel merito dei fatti, ribadisce un elementare principio della giurisprudenza: nessuna pena senza legge. Traduzione, Contrada non poteva essere condannato in base a elementi che all'epoca dei fatti non costituivano reato.
A questo punto, ditemi voi se fior fior di giudici e avvocati in vent'anni di iter processuale non hanno dimostrato una volta di pi� di essere dei pagliacci al servizio di poteri pi� forti. Poteri che da sempre se ne sbattono di leggi che valgono solo per i ladri di polli, e incaricano dei servi di piegarle alle loro volont� del momento.