Mentre 10 milioni e 600.000 di italiani erano davanti alla tv a seguire Sanremo, io sono mi sono regalata a teatro un’esperienza immersiva nell’ultimo canto del Paradiso di Dante recitato da Elio Germano (ricordate la sua divina interpretazione de Il giovane favoloso nelle vesti Leopardi?).
La dimensione visiva e quella immersiva sono totalizzanti, le videoproiezioni e le animazioni accompagnano la declamazione con un moto acceso, dinamico ma fluido, astratto ma allo stesso tempo quasi tangibile. La musica di Teho Teardo in consolle fra suoni elettronici e acustici si fa tutt’uno con quella live del duo viola e violoncello sul palco, contribuendo alla creazione di una dimensione sospesa e onirica.
Gli effetti tecnologici speciali meravigliosi, anche se per i miei gusti racchiusi in troppo buio (io mi figuro il paradiso dantesco come un’ininterrotta festa di luci), la musica d’autore, non sempre consona a ciò che si diceva, ma soprattutto la declamazione di Elio Germano che scandiva le sillabe e le pause (come Ungaretti) con troppa lentezza e la voce rauca, come di chi fa molta fatica, mi hanno lasciata sorpresa sì, ma anche perplessa e non del tutto contenta.