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Risultati da 61 a 75 di 776

Discussione: Siamo tutti critici cinematografici

  1. #61
    Orribile grassone L'avatar di Zazzauser
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    The Trigger Effect (1996) di David Koepp con Kyle McLachlan, Elizabeth Sue, Dermot Mulroney e Michael Rooker.

    Beh incomincia bene creando i presupposti per un film molto bello e parzialmente raggiunge il suo intento... il titolo del film significa l'"effetto del grilletto", ed in un certo qual modo vuole (almeno tentare) di esaminare i rapporti fra persone e di come la nostra personalità cambi radicalmente in situazioni apparentemente non gravi, come un black-out, in cui per il proprio interesse si dimenticano tutta l'etica, la moralità, il torto o la ragione, la paura di essere giudicati. Di cosa scatta esattamente quando ci troviamo con in mano un fucile e dobbiamo minacciare qualcuno per "sopravvivere", di come tutte le regole di comportamento che abbiamo adottato in situazioni normali vengano a combattere col nostro istinto di sopravvivenza. Ma è anche una critica ad un Mondo ormai troppo condizionato da innovazioni tecnologiche come l'elettricità, della quale non si può fare a meno senza che tutti impazziscano.
    Crea i presupposti, ma in parte toppa in pieno. Mi ha lasciato una sensazione abbastanza strana, apparentemente non c'è il benchè minimo difetto, nessun dialogo fuori posto, tutto chiaro, la trama non ha lacune, ma fin dall'inizio mi ha dato la sensazione che in realtà un'idea di base così sarebbe stata trattata un po' superficialmente, come se fosse di scarsa qualità, come se fosse chiaro che non è un film che verrà ricordato fra i migliori, forse a causa della regia (che magari è buona, ma non mi convince per niente) e la mancanza di veri colpi di scena che ne fanno a lungo andare un film pesantuccio. Recitazione è la nota positiva, bravi Lachlan e Rooker.
    Comunque, idea originale e ben congeniata e quindi gli darei 7+
    Ultima modifica di Zazzauser; 07-07-2006 alle 15:34
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  2. #62
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    Un giorno di ordinaria follia (1993) di Joel Schumacher con Micheal Douglas e Robert Duvall.

    Molto bello, molto ben diretto, peccato che Schumacher, in seguito, tranne in alcuni casi, si sarebbe risolto a fare film non certo come questi.
    Oltretutto sto rivalutando un sacco Micheal Douglas (qui forse in una delle sue migliori interpretazione), che consideravo di gran lunga inferiore al padre, invece in questo film interpreta spettacolarmente la sua parte, dove vengono interpretate le follie assassine di un frustato cittadino medio americano, causate da una serie di fattori di cui lui non ha nessuna colpa (il divorzio, il licenziamento) che lo portano a considerare la società, in quanto vittima di essa, con un occhio diverso, facendosi tante domande a cui nè lui nè la società stessa sa rispondere. Sfaccettature di una società che solo in quel momento riesce a cogliere: patiti del nazismo, spacconi che per difendere il proprio territorio rischiano di uccidere altre persone, gay cacciati dai negozi, uomini del McDonald con sorrisi idioti, lavori stradali di cui non si sa la vera utilità: sfaccettature di un società al quale egli si ribella espressamente.
    Fa la sua parte anche la figura del padre abbandonato da moglie e figli... ma qua la mettiamo troppo sul sentimentale.
    Quasi in parallelo, corre la vita di un Robert Duvall agente di polizia ormai quasi in pensione che dovrebbe correre verso una vita nuova e migliore, ma alla quale per via della moglie e dell'attaccamento al lavoro rinuncia, che giocherà un ruolo fondamentale per fermarlo.

    C'è da notare che la sua violenza nei confronti degli altri non è mai fine a sè stessa, è sempre causata dalle altre persone che sulla base di pregiudizi ed arroganza lo fanno incazzare. Ma non sono importanti le persone, ma come dicevo, è importante la società, di cui le persone che lo fanno incazzare sono membri rappresentativi, corrispondono ai vari lati, alle varie sfaccettature di essa (e per questo molto ben caratterizzati ed interpretati).

    Un film dai significati abbastanza profondi, con una leggera dose di umorismo (come quando il bambino gli dà le istruzioni per il bazooka) e soprattutto verso la fine una parte d'azione (di cui avrei fatto volentieri a meno) che mette in evidenza il lato hollywoodiano della pellicola (non priva di un paio di stereotipi inutili...)

    Molto bello. Da vedere
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  3. #63
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    Nightwatch (1997) di Ole Bornedal con Ewan McGregor, Nick Nolte, Patricia Arquette e John C. Reilly.
    Un thriller come tutti gli altri, una trama classica, con il killer delle prostitute che fa cadere i sospetti su un'altra persona, ma anche se l'ambientazione è surreale, curiosa, crea tensione, il film è molto meno avvincente, a parer mio. Inizia abbastanza bene ma tempo 20 minuti e cade nella noiosità, dopodichè il ritmo della storia si alza man mano che viene a scoprirsi il colpevole. Nulla di speciale.
    Mi aspettavo di certo molto di più da un film che credevo molto bello ed invece alla lunga mi ha stancato... Bravino McGregor, grandissimo come al solito Nolte e menzione d'onore per John C. Reilly (nella parte di Bill Davis, collaboratore di Nolte).
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  4. #64
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    La grande abbuffata (1973) di Marco Ferreri con Marcello Mastroianni, Philippe Noiret, Michel Piccoli ed Ugo Tognazzi.
    Vi assicuro che per una buona metà del film mi ero già convinto fosse una delle solite menate italiane degli anni '70. Poi mi sono ricreduto perchè ho capito esattamente che tipo di film fosse.
    Una pellicola veramente forte sotto tutti i punti di vista, con punte di trash, sbroccato e senza mezzi termini, ma mai pieno di volgarità inutili.
    Una critica, più che ad una società ormai orientata al consumismo, rivolta soprattutto all'essere uomo, ai suoi vizi, al suo affogare i propri problemi in ciò che più può soddisfarci: il cibo e le donne.
    Perchè proprio questo sono i vizi: abitudini di cui non si può fare a meno, piaceri che portati all'esasperazione diventano dispiaceri ma nonostante tutto continuano per inerzia ad impadronirsi delle nostre menti.
    In particolare il vizio del mangiare viene analizzato con una maestria degna di pochi. Il cibo come droga dei poveri, il cui abuso stravolge completamente il senso, lo scopo stesso che il cibo ha per l'uomo, cioè sopravvivere: "Mangia, mangia, sennò non puoi morire". Si mangia non più per sopravvivere, ma per giungere alla morte, morale e fisica.
    Un uomo che non sa dire di no a queste due cose ed arriva quindi ad uccidersi pur di non rinunciarci. Ed ancora una volta la donna si dimostra più saggia e se vogliamo più sadica.
    Mastroianni, Piccoli, Tognazzi e Noiret sono un quartetto grandioso, attori strepitosi tutti e quattro, inseriti in personaggi dalla forte caratterizzazione.
    Solitamente mangio durante la visione dei film. Durante questo non ho toccato cibo.
    Un piccolo capolavoro.
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  5. #65
    Il Magnifico L'avatar di mat
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    Boyz n the Hood (1991) di John Singleton, con Laurence Fishburne, Cuba Gooding Jr., Ice Cube, Morris Chestnut, Nia Long, Angela Bassett, Tyra Ferrell e Lexie Bigham.
    Los Angelese 1984: nel ghetto nero di south central i giovani di colore sono in armi l'uno contro l'altro e la vita non vale il costo di una pallottola.
    Qualcuno riesce ad uscire dal ghetto, gli altri, rassegnati alla violenza muoiono per i più futili motivi.
    Come dice l'introduzione del film: su cento giovani neri del ghetto almeno ventuno morivano di morte violenta per mano di un altro giovane di colore...
    Da vedere.
    Fossi stato il regista avrei pompato un po' di più con la colonna sonora...
    Ultima modifica di mat; 10-07-2006 alle 10:58
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  6. #66
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    Intervista col vampiro (1994) di Neil Jordan con Tom Cruise, Brad Pitt, Christian Slater, Antonio Banderas e Stephen Rea.
    Ci sono rimasto parecchio male.
    Cruise, che è un attore che non m'ha mai soddisfatto, qua è a dir poco superlativo addirittura meglio di Pitt. Molto brava Kirsten Dunst ed applausi anche ai personaggi secondari di Banderas e Slater.
    Uno dei migliori film sui vampiri mai fatti, forse merito del libro, che analizza tutti i lati di una superstizione che forse non è superstizione e di come le sue sfaccettature possano essere interessanti, anche se sono stato leggermente deluso, avevo avanzato troppe pretese verso un film che non poteva soddisfarle. Dialoghi e regia eccellenti per un film molto bello.
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  7. #67
    Il Magnifico L'avatar di mat
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    Io la conoscevo bene (1965) di Antonio Pietrangeli, con Stefania Sandrelli, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Robert Hoffmann, Jean-Claude Brialy, Joachim Fuchsberger, Mario Adorf, Franco Fabrizi, Karin Dor, Véronique Vendell, Enrico Maria Salerno, Franco Nero e Turi Ferro.
    Solo il cast dovrebbe invogliare a vedere questo piccolo gioiello di quella che io considero un'epoca felice del cinema italiano.
    Molto convincente la Sandrelli agli esordi della carriera...peccato che poi non abbia fatto molti progressi...
    Un affresco molto credibile di certi ambienti "artistici" negli anni del boom dipinto sullo sfondo di una Roma notturna in bianco e nero a tratti veramente emozionante..
    Ultima modifica di mat; 11-07-2006 alle 11:03
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  8. #68
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    My name is modesty (2003) di Scott Spiegel, con Alexandra Staden e Nikolaj Koster-Waldau.
    Diciamo che non è un brutto film, diciamo che è sviluppato molto male. L'idea di base secondo me è originale, il personaggio di Modesty abbastanza ben caratterizzato, ma la sceneggiatura è proprio banale anche se qualche buona trovata ce l'ha, ma niente che sia degno di nota che dia un po' di corposità e personalità al film. Sembra una pellicola vuota, priva di una struttura portante che dia carattere al film, che faccia capire che tipo di film è. Non mette in risalto le qualità (ammesso che ci siano) del regista, non mette in risalto un presunto messaggio che vuole dare, non mette in risalto niente, solo una storia di una ragazza che sembra campata per aria, tante sono le incongruenze e le leggerezze. Un film debole, con basi deboli che sono destinate a crollare alla fine del film.
    Nonostante tutto, idea di base molto buona ma analizzata e sviluppata male, peccato
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  9. #69
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    Il maratoneta (1976) di John Schlesinger con Dustin Hoffmann, Lawrence Olivier, Roy Scheider e William Devane.
    E' un thriller davvero ben congeniato, ben elaborato e coinvolgente, e si sente subito che è derivato da un romanzo: buona cura dei personaggi e dei particolari. Forse rispetto ad altri film di spionaggio come "I tre giorni del condor" è più hollywoodiano, lo si vede anche nel finale, ma gli attori sono strepitosi, superbo Hoffmann, bravo anche Olivier e buona parte anche per Roy Scheider. La giusta dose di suspence per un film che tiene attaccati allo schermo.
    Forse potevano prolungare il finale per fare un po' più di chiarezza.
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  10. #70
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    Ho visto anche Insiang (1976) di Lino Brocka. E' un bel film, dai toni fortemente drammatici e forse a tratti un po' forzati, su una ragazza che abita alla periferia della capitale filippina, in una casa-baracca con una madre che non le vuole bene ed il suo compagno Dado. La madre scaccia addirittura i vicini dopo una lite e questo fa capire quanto sia scorbutica nei confronti delle altre persone e non vuole che la figlia esca di casa.
    La pellicola analizza con chiarezza e senza mezzi termini la situazione di una periferia molto degradata, dove non ci sono regole, girano pettegolezzi e voci, i soprusi sono all'ordine del giorno e la polizia non interviene mai, e dove la situazione di una ragazza come Insiang peggiori mano a mano che gli affetti che aveva ormai cadono, che capisce che non ci si può fidare di nessuno, ma il sentimento di vendetta la porterà a vendicarsi di tutti coloro che l'avevano abbandonata per cominciare una nuova vita.
    La regia è molto buona, molto brava Hilda Koronel (la protagonista), musica bellissima anche se viene ripetuta continuamente.
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  11. #71
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    La ribelle (1993) di Aurelio Grimaldi, con Penelope Cruz e Stefano Dionisi.
    Tratto dall'omonimo romanzo dello stesso Grimaldi, La ribelle non può essere un film che rispetto al libro è fatto male... La storia non ha niente di esageratamente originale in sé, ma è come viene sviluppata che ne fa un bel film. Il tutto gira attorno alla figura di Enza, straordinariamente ben caratterizzata, la cui personalità è talmente intricata che è troppo lungo analizzarne tutti i lati, ed interpretata da una bravissima Penelope Cruz, che appena affacciatasi alla vita già prova cosa vuol dire pensare di essere adulti, avere un contrasto di sentimenti ed emozioni tale che la vita non ci riserva altro che tranvate in testa di cui noi dobbiamo fare tesoro per non ripetere gli stessi errori.
    Aurelio Grimaldi fa film non realistici, ma reali, che rispecchiano in tutto e per tutto il contesto in cui sono inseriti: accento siciliano marcato, modo di vestirsi... la regia è ottima. Forse forse si poteva snellire verso la fine che risulta un po' troppo pesante, e chiarire sul finale troppo repentino.
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  12. #72
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    Io piaccio (1955) di Giorgio Bianchi, con Walter Chiari, Aldo Fabrizi, Bianca Fusari e Dorian Gray... Il film praticamente narra di un giovane scienziato (Chiari) che convinto di aver scoperto una formula che aumenti gli ormoni del coraggio nelle persone invece scopre che ha inventato una formula che d
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  13. #73
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  14. #74
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    Secretary (2002) di Steven Shainberg con Maggie Gyllenhaal, James Spader e Jeremy Davies. Bellissimo. Il dolore, l'amore, il sesso, il masochismo, la sottomissione, la solitudine, la comprensione, tutto è analizzato con originalità e cura dei personaggi.
    Maggie Gyllenhaal è bravissima ad interpretare il suo ruolo di ragazza stressata, in cerca di sé, in cerca di qualcuno che capisca il suo stato d'animo e la sua condizione. Un film duro e diretto in tutto e per tutto, che può scandalizzare nei suoi lati più proibiti, che può sembrare a tratti una rappresentazione becera di immagini semi-spinte, ma in realtà tutto ha il suo significato, niente eccede in volgarità inutili. Anche James Spader entra benissimo nel ruolo. Comunque penso che il merito maggiore vada al racconto. La regia di Shainberg ogni tanto pecca per il fatto che verso la parte centrale il film rallenta il suo corso ed arranca divenendo un po' pesante.
    La frase più bella: "Chi ha detto che l'amore dev'essere dolce?"
    Comunque dire che questo film è una commedia equivale a tirare un cazzotto in bocca a Shainberg ed alla Gaitskill.
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  15. #75
    Il Magnifico L'avatar di mat
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    Dancer in the Dark (2000) di Lars von Trier con Björk, Catherine Deneuve, David Morse, Peter Stormare, Joel Grey, Cara Seymour e Vladica Kostic.
    Indubbia la capacità del regista d'indagare sugli aspetti tragici dell'esistenza e sui baratri di nefandezza in cui può precipitare l'essere umano.
    Accanto alla tragedia convive però sempre qualcosa di positivo: persone principalmente più che sentimenti astratti o astrusi (come purtroppo ci tocca di subire in tanti film)...l'essere umano sembra essere sempre in bilico sull'orlo del precipizio, viviamo sospesi tra la catastrofe e l'estasi, sembrano esserci poche vie di mezzo, anche perchè i due piani dell'esistenza spesso si confondono e si intersecano anche per fatti casuali e imprevedibili...Da tale caos il riscatto umano è possibile con le azioni, con concrete e fattive opere più che attraverso ideologie o fedi.
    Ero indeciso se postare nel 3d sulla pena capitale perchè il film ha molta attinenza anche con questo argomento.
    Comunque anche su questo aspetto il regista descrive molto efficacemente il suo pensiero: il delitto è profondamente umano mentre è la pena che è profondamente disumana...
    Non è ai livelli di "Le onde del destino" ma lo consiglio anche per il buon esordio sul grande schermo della cantante Bjork..
    Ultima modifica di mat; 20-07-2006 alle 15:33
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