Caporalato, in Salento 4 imprenditori condannati a 11 anni: "Migranti schiavizzati"


Sentenza a 5 anni dagli arresti: i lavoratori impegnati nella raccolta delle angurie si ribellarono d agli sfruttatori. Anche 9 caporali stranieri condannati a 11 anni.

LECCE - Quattro imprenditori salentini e nove caporali africani sono stati condannati per avere sfruttato gli immigrati nei campi di angurie e pomodori del Salento. E' arrivata a distanza di 5 anni dagli arresti, la sentenza della Corte d'assise di Lecce a carico di 7 imprenditori salentini e 9 caporali stranieri. Solo per tre proprietari di aziende agricole (Giuseppe Mariano, Salvatore Pano e Corrado Manfredi) i giudici hanno decretato l'assoluzione mente hanno inflitto la condanna a 11 anni a Pantaleo Latino (noto come 'il re delle angurie' e ritenuto dagli inquirenti l'organizzatore degli illeciti), Giovanni Petrelli e Livio Mandolfo.

La Corte ha ritenuto che siano tutti responsabili di riduzione in schiavitù e associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento dei lavoratori. Solo per questo capo d'imputazione è stato invece condannato a 3 anni Marcello Corvo, insieme a uno dei caporali. Per gli altri otto stranieri imputati, la pena è di 11 anni di reclusione. La pubblica accusa aveva chiesto la condanna a 14 anni per Latino e a 9 per gli altri imprenditori. Mentre pene tra i 14 e i 17 anni per caporali e capisquadra, che avrebbero materialmente gestito i gruppi di lavoratori stranieri

Tra le parti civili costituite c'è anche il presidente dell'associazione No Cap Yvan Sagnet (non presente alla lettura della sentenza nell'aula bunker del carcere di Lecce), il camerunense che nel 2011 capeggiò lo sciopero dei braccianti di Nardò e negli anni successivi si impegnò per far conoscere, anche a livello internazionale, le terribili condizioni di vita e lavoro dei migranti impiegati nelle campagne del Sud Italia.

Una volta partita la crociata di Sagnet, altri stranieri ebbero il coraggio di denunciare, sostenuti dall'associazione Finis Terrae (che all'epoca gestiva la masseria Boncuri di Nardò) e dalla Cgil, entrambe costituite parte civile insieme alla Regione Puglia. Grazie alle dichiarazioni delle vittime dello sfruttamento, i carabinieri del Ros - sotto la guida della pm Elsa Valeria Mignone, nel 2012 chiesero e ottennero 22 ordinanze di custodia cautelare a carico della 'cupola' che gestiva gli schiavi dei campi.

L'indagine portò alla luce l'esistenza di un sodalizio operativo tra Sicilia, Calabria e Puglia, che faceva arrivare giovani dall'Africa proprio per utilizzarli come manodopera illegale nelle campagne. Documentate le condizioni terribili di lavoro, le paghe misere, l'assenza quasi totale di contratti, la situazione alloggiativa precaria, i ricatti, le minacce. Alla luce di quelle evidenze, la Procura di Lecce contestò agli imprenditori e ai caporali a vario titolo i reati di caporalato, associazione a delinquere e la riduzione in schiavitù, l'estorsione, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e della permanenza in stato di irregolarità sul territorio nazionale, l'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro.

Il reato di caporalato, normato dall'articolo 603 ter fu introdotto nel Codice penale nell'estate 2011. Contestato dalla Procura di Lecce non è stato inserito dalla Corte d'assise tra i reati di cui gli imputati devono essere ritenuti espone abili perché i fatti contestati risalgono agli anni tra il 2009 e il 2011.

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