stanotte non ho dormito. invece di iniziare a farmi le "pere" come ogni buon cittadino, mi sono messo a riflettere sul rapporto tra il concetto di Dio nella religione cattolica e lo stesso concetto nell'ideologia comunista. la conclusione a cui sono giunto è che mentre per il cattolicesimo il concetto di Divinità implica una Entità che interviene nel Mondo e, se sapientemente evocata, ne regola gli eventi e agisce a favore di colui/coloro che la chiama/ano in causa attraverso la preghiera; nell'ideologia comunista, in particolare russo/sovietica, si parla con termine arduo di "ateismo di stato".
mi sono chiesto anche come si possa vivere "senza Dio", ovvero omettendo la presenza di Dio nel Mondo, e abolendo la preghiera, almeno a livello di "speranza".
la risposta che mi sono dato, anche dopo aver ripensato a un libro che non capivo bene, e che adesso invece credo di aver ben capito, è che la concezione della Divinità non è poi, nel cattolicesimo, così diversa da quella del Comunismo sovietico. La ragione di ciò è che, nella parola "ateismo", non vi è una negazione di Dio come entità, ma la negazione del c.d. "teismo", cioè di quell'approccio al tema della divinità che è proprio del cattolicesimo, e che implica la presenza attiva di Dio nelle vicende umane.
la parola "teismo" comporta tutta una serie di conseguenze sul piano della religione prettamente cattolica, come ad esempio il fatto che solo alcune persone, a ciò deputate possono, ad esempio, somministrare i "sacramenti" in quanto titolari di un rapporto privilegiato con la Divinità. Ciò fermo restando che tutti possono, attraverso la preghiera, rivolgersi a Dio.
Decretando l' "a-teismo" i sovietici vollero soltanto negare validità a quella congerie di formalità e di espressioni canoniche, che avvolgono di lacci e lacciuoli il rapporto tra fedeli e Dio, come ad esempio - uno per tutti - la presenza del presbitero. "Ateismo di Stato" significa dunque, per come la vedo io, che non vi sono vincoli al rapporto tra l'Umanità nuova e Dio. Ognuno è libero innanzitutto di credere o non credere e, ove creda, di manifestare o non manifestare tale approccio nelle forme che più ritenga opportune, senza beninteso la pesante presenza di coloro che prepotentemente si pongono quali intermediari di Dio stesso e degli Uomini nei loro reciproci rapporti.