Sentenza storica, ieri a Palermo, sulla trattativa Stato-mafia:





Dopo 5 anni e mezzo di processo e 5 giorni di camera di consiglio, è stato questo il verdetto di primo grado della Corte d'Assise di Palermo presieduta dal giudice Alfredo Montalto nel processo chiamato ad indagare sulla terribile stagione del 1992-1993, insanguinata prima dalle stragi Falcone e Borsellino e poi dagli attentati di Roma, Milano e Firenze. Secondo l'accusa, nel 1992 i carabinieri del Ros avevano avviato una prima trattativa con l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, che avrebbe consegnato loro un 'papello' con le richieste di Totò Riina per fermare le stragi. Circostanza negata dai carabinieri imputati, con la finalità dichiarata di bloccare il ricatto delle bombe (mentre, secondo l'accusa, gli ufficiali dei carabinieri servivano a veicolare il ricatto lanciato dai boss mafiosi). Sempre secondo l’accusa, dopo l'arresto di Riina avvenuto il 15 gennaio 1993, i boss avrebbero avviato una seconda trattativa, con altri referenti: Bernardo Provenzano e Marcello Dell'Utri, mentre le bombe mafiose esplodevano fra Roma, Milano e Firenze: "Dell'Utri ha fatto da motore, da cinghia di trasmissione del messaggio mafioso", hanno accusato i pubblici ministeri. "Il messaggio intimidatorio fu trasmesso da Dell'Utri e recapitato a Berlusconi". Infatti, "nel 1994, Dell'Utri riuscì a convincere Berlusconi a promuovere leggi che avrebbero potuto favorire l'organizzazione", fra cui l'attenuazione del regime di carcere duro.

Ci sono voluti la bellezza di 26 anni per giungere ad una sentenza che ha reso giustizia a tutti coloro che, in quella terribile stagione di stragi, morirono per mano della mafia. Ecco chi sono i condannati:

Mario Mori e Antonio Subranni, ex generali del Ros, condannati a 12 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e minaccia a corpo politico dello Stato.
Giuseppe De Donno, ex colonnello del Ros, 8 anni di reclusione per le stesse imputazioni.
Gianni De Gennaro, ex capo della polizia e della Direzione investigativa antimafia, stessa condanna a 8 anni.
Marcello Dell'Utri, fondatore di Forza Italia ed ex senatore, si è beccato 12 anni perché ritenuto il trait d'union fra politica, mafia e apparati (è già in carcere per un'altra condanna).
Antonino Cinà, boss mafioso, 12 anni di reclusione.
Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, stragista capo-mafia a sua volta, è stato condannato a 28 anni di reclusione, sempre per minaccia a corpo politico dello Stato (è già in carcere).
Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino, ha avuto 8 anni per concorso in associazione mafiosa e calunnia (assolto dall'accusa di associazione mafiosa).
Prescritte le accuse nei confronti del pentito Giovanni Brusca.
Nicola Mancino, ex presidente del Senato, è stato assolto dall'accusa di falsa testimonianza per la quale era imputato.