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Discussione: Spread, noi, promesse del governo e Legge di Bilancio

  1. #1
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    Spread, noi, promesse del governo e Legge di Bilancio

    Io non capisco molto di economia, ma questo articolo che condivido mi pare chiarissimo.
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    Perché lo spread non risparmia nessuno di noi

    02 SETTEMBRE 2018

    Con un differenziale così alto, il rischio concreto è che le banche debbano ridurre i prestiti a famiglie e imprese. Influenzando la vita quotidiana di tutti e la ripresa economica del Paese

    DI MARCELLO MESSORI

    La perdita di credibilità del governo italiano rispetto ai possibili investitori nei suoi titoli di debito, che è certificata dalla preoccupata diagnosi resa pubblica venerdì sera dall'agenzia di rating Fitch, ha ormai portato il nostro spread intorno ai 300 punti base nei confronti del riferimento tedesco. I reiterati annunci di leader della maggioranza, secondo cui i vincoli europei e i rialzi dello spread non impediranno la realizzazione delle avventurose promesse fiscali della coalizione gialloverde, fanno temere che i 300 punti di oggi non siano un tetto massimo, ma la soglia minima per ulteriori e incontrollati incrementi. Il rischio è rafforzato dall'imminente dimezzamento negli acquisti mensili di titoli pubblici dell'area euro da parte del sistema europeo delle banche centrali e dalla chiusura di nuovi acquisti a fine anno.

    Tutto ciò può avere conseguenze drammatiche non tanto per l'impatto negativo su deficit e debito pubblico italiano, quanto per l'andamento dell'economia "reale" e per la vita quotidiana di noi cittadini.

    Data la scadenza media dei titoli pubblici italiani (più di 7 anni), ogni incremento di 100 punti base negli interessi sul debito comporta una spesa pubblica aggiuntiva pari a poco meno di 2 miliardi di euro nel primo anno e di 4,3 miliardi di euro nel secondo. Ciò equivale a dire che, nei sei mesi di incertezza politica seguita alle elezioni del marzo scorso, l'Italia ha ipotecato in maggiori interessi da pagare per il 2018 e il 2019 quanto avrebbe dovuto "tagliare" per adeguarsi alle richieste europee.

    Il problema immediato non è, però, questo. L'incremento dello spread da 100 (valore di inizio marzo 2018) a 300 punti base pone seri problemi alle banche italiane che detengono un ammontare abnorme di titoli del debito pubblico nazionale. Dopo averne ridotto l'incidenza rispetto al totale dei loro attivi dall'inizio del 2015, nel corso del 2018 le nostre banche hanno di nuovo aumentato le loro quote di tali titoli per compensare la caduta nella domanda degli altri investitori e - forse - per ottenere rendimenti positivi e stabili di breve periodo. L'aumento dei tassi di interesse sui titoli pubblici corrisponde, però, a una diminuzione del loro valore; e le regole contabili internazionali implicano che questa diminuzione si traduca in larga misura in un'immediata perdita di bilancio, che riduce il grado di capitalizzazione bancaria già minata dai consistenti ribassi azionari.

    Per giunta, l'aumento dei tassi di interesse sui titoli pubblici si ribalta sui tassi dei titoli finanziari privati; pertanto, le banche italiane devono fronteggiare aggravi di costo nella raccolta di risorse dai risparmiatori e investitori. Date le regole internazionali, le banche italiane rischiano così di trovarsi di fronte a carenze di capitale proprio quando hanno difficoltà di raccolta. Con spread pari o superiori a 300 punti base, la scelta stringente per una parte consistente del settore bancario italiano diventa: ricapitalizzarsi sul mercato, cosa non facile a causa del negativo andamento azionario e della modesta profittabilità media del settore, o ridurre l'attività di prestito alle imprese e alle famiglie.

    È inevitabile che la seconda scelta prevalga e pesi, negativamente, sugli andamenti dell'economia italiana e sulla nostra vita quotidiana. Pur se a tassi insoddisfacenti, negli ultimi anni l'Italia ha ripreso a crescere. Rispetto alle concorrenti europee, le nostre imprese nell'industria e nei servizi sono, però, fortemente dipendenti dai finanziamenti bancari. Peggioramenti nell'offerta di credito rischiano di bloccare le prospettive di crescita e di segnalare alle imprese che l'incertezza politico-istituzionale sta ormai invadendo il mondo degli affari e consiglia ridimensionamenti nei progetti di investimento e di espansione occupazionale.

    Le famiglie italiane hanno, così, un'alta probabilità di diventare le vittime ultime dello spread. Esse rischiano di soffrire per una caduta dell'occupazione e dei redditi; se hanno debiti verso il settore bancario a tassi variabili o - soprattutto - se hanno la necessità di contrarne di nuovi (per esempio, mutui), devono prepararsi a progressivi peggioramenti delle condizioni contrattuali; se hanno investito i risparmi accumulati in portafogli obbligazionari con basso profilo di rischio gestiti da fondi di investimento (per lo più, sotto il controllo bancario), sono indiretti proprietari anche di titoli del debito pubblico italiano che peseranno negativamente sul valore delle loro quote.

    Il negativo quadro descritto è evitabile. Per riportare il nostro spread ai livelli di sei mesi fa, è sufficiente che la legge di Bilancio per il 2019 rispetti un rapporto deficit pubblico/Pil molto inferiore al 2%. Non si tratta di un'imposizione europea, ma di un impegno per il benessere di tutti noi.
    Ultima modifica di follemente; 03-09-2018 alle 13:26

  2. #2
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  3. #3
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