Da La saggezza di 'Abdu’l-bahá - Bahá'u'lláh:

'Abdu’l-Bahá disse:
Oggi vi parlerò di Bahá'u'lláh. Nel terzo anno, dopo che il
Báb ebbe dichiarato la Sua missione, Bahá'u'lláh, accusato dai
fanatici mullá (sacerdoti musulmani) di credere alla nuova dottrina, fu arrestato e messo in carcere. Il giorno dopo tuttavia, per opera di alcuni
ministri del Governo e di altri uomini influenti, Egli fu messo
in libertà. Più tardi fu arrestato di nuovo, ed i mullá Lo
condannarono a morte. Il governatore esitò ad eseguire questa
sentenza per paura d'una rivoluzione. I sacerdoti si adunarono
nella moschea, dinanzi alla quale era il luogo dell'esecuzione.
Il popolo della città si affollò al di fuori della moschea. I
falegnami portavano martelli e seghe, i macellai vennero con i
loro coltelli, i muratori coi loro picconi; tutti questi uomini,
incitati dai frenetici mullá, erano ansiosi di dividersi l'onore di
uccidere Bahá'u'lláh.
Nell'interno della moschea erano riuniti i dottori della
religione. Bahá'u'lláh stava dinanzi a loro e rispondeva alle
loro domande con grande saggezza. Il capo dei sapienti, in
ispecie, fu ridotto al silenzio da Bahá'u'lláh, che confutò tutti i
suoi argomenti.
Sorse una discussione fra due di quei sacerdoti intorno
al significato di alcune parole contenute negli scritti del
Báb e accusandolo di inesattezza, essi sfidarono Bahá'u'lláh a
difenderlo se ne era capace. Ed i sacerdoti furono
profondamente umiliati, perché Bahá'u'lláh provò dinanzi
all'assemblea che il Báb aveva completamente ragione, e che
l'accusa era frutto di ignoranza.
Gli sconfitti decisero di sottoporlo alla tortura della
fustigazione e più infuriati di prima, Lo portarono fuori della
moschea sul luogo del supplizio dove una folla traviata
l'aspettava.
Ancora il governatore non osava cedere alla domanda dei
sacerdoti per la Sua esecuzione.
Vedendo in che pericolo trovavasi l'insigne prigioniero,
furono mandati alcuni uomini a salvarlo. Questi riuscirono
nell'intento, facendo un'apertura nel muro della moschea e
conducendo Bahá'u'lláh attraverso quella in un luogo sicuro,
ma non in libertà; poiché il governatore scaricò ogni
responsabilità dalle sue spalle, mandando Bahá'u'lláh a
Teherán. Quivi Egli fu messo in una prigione sotterranea,
dove la luce del giorno non si vedeva mai. Gli fu passata
intorno al collo una pesante catena, con la quale fu legato ad
altri cinque seguaci del Báb; questi ceppi furono serrati con
bulloni e dadi, forti e pesantissimi. I Suoi vestiti furono fatti a
brandelli, e così pure il Suo copricapo. In questa terribile
condizione fu tenuto per quattro mesi. Durante questo periodo
di tempo nessuno dei Suoi amici poté vederlo.
Un funzionario addetto alla prigione tentò di avvelenarlo,
ma il veleno non ebbe altro effetto che di causargli acute
sofferenze.
Dopo quattro mesi il governo diede a Bahá'u'lláh la libertà,
ma Lo mandò in esilio con la Sua famiglia, a Baghdád, dove
rimase per undici anni. Durante questo periodo di tempo Egli
fu sottoposto a vive persecuzioni, essendo sempre circondato
dal vigilante odio dei Suoi nemici. Egli sopportò i mali ed i
tormenti con coraggio e fermezza. Spesso, quando si alzava la
mattina, non sapeva se avrebbe vissuto fino al tramonto del
sole. Nel frattempo ogni giorno i mullá venivano a
interrogano sulla religione e sulla metafisica.
Finalmente il governatore turco Lo esiliò a Costantinopoli,
da dove fu inviato ad Adrianopoli; quivi rimase cinque anni.
Poi fu mandato al lontanissimo carcere della fortezza di
S.Giovanni d'Acri. Rinchiuso nella fortezza, Egli fu
sottoposto alla più stretta sorveglianza. Non posso trovar
parole atte a descrivervi le tante e tante tribolazioni alle quali
fu sottoposto, e tutte le sofferenze che Egli ebbe a sopportare
in quel carcere. Ma nonostante tutto ciò, fu da quella prigione
che Bahá'u'lláh scrisse a tutti i Sovrani d'Europa, e queste
lettere, eccetto una, furono mandate per posta.

'Abdu’l-Bahá fu il figlio maggiore di Bahá'u'lláh.