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Discussione: Svezia: visione del nostro futuro?

  1. #1
    Chiamatemi Margherita L'avatar di Magiostrina
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    Svezia: visione del nostro futuro?

    E insomma... a forza di fare moschee per comprare voti...


    Alby, la piccola Bagdad svedese dove anche la polizia ha paura
    Viaggio in una «no go zone» di Stoccolma, dominata da gang e spacciatori. Qui la socialdemocrazia ha fallito. Oggi il voto potrebbe premiare l’estrema destra


    ALBY (Svezia) Era una bella Saab. «L’avevo comprata coi soldi che m’aveva lasciato mio padre». Una sera gliel’hanno incendiata proprio sotto casa, dietro il piazzale dell’Alby Centrum. «Ci sono stati degli scontri con la polizia». Dalla finestra, l’impiegata di banca Tove Friedriksson ha visto tutto: le proteste degli iracheni, le molotov, i lampeggianti blu, le cariche casco&manganello, gli arresti. «Non sono uscita di casa, perché ho avuto paura. Ma la mattina dopo, sì. Vado a fare la denuncia dei danni. E siccome all’assicurazione servono i dettagli, chiedo qualcosa degli arrestati». Niente nomi, dice la polizia. «E quelli dei loro avvocati?». Niente. «Ma sono stati gli arabi o gli africani?». È a quel punto che il poliziotto alza gli occhi: che razza di domanda, «l’etnia non possiamo comunicarla». Vietato chiedere: «Ho rischiato una denuncia per razzismo e xenofobia. Dichiarare che è stato un immigrato a bruciare l’auto, è un’informazione impropria. Va contro la legge».

    Se domattina vi chiederete perché la Svezia alle urne ha castigato dopo un secolo i socialdemocratici della tolleranza totale, premiando la destra intollerante, Tove ha qualche risposta. Indovinate oggi per chi vota lei. Ad Alby fa sorridere l’altissima media nazionale d’accoglienza dei profughi, uno ogni cinque svedesi: in questo sobborgo alla penultima fermata della linea rossa, venti chilometri a ovest e migliaia d’anni luce dal centro di Stoccolma, gli svedesi-svedesi come Tove sono uno su dieci. L’11 per cento. Mosche bianche. Sperdute fra alveari marroni edificati negli anni delle guerre balcaniche, dei massacri africani, delle fughe afghane, delle agonie mediorientali. Diecimila abitanti, cinquemila appartamenti riservati ai rifugiati: Alby, Norsborg, Hallunda ormai li chiamano Little Bagdad, Little Mogadiscio, Little Sudan. La squadra di calcio del quartiere è il Konya, come la città dei dervisci, e ha la stessa divisa biancoverde del Konyaspor turco. Nella scuola elementare non si festeggia mai il Natale, per non discriminare la stragrande maggioranza musulmana. Nei fast food non si trova il bacon. E se negli anni 80 c’era un asilo no gender fiorito dalla pedagogia egualitaria e socialdemocratica, di quelli che proibiscono di fare distinzioni discriminatorie e politicamente scorrette fra maschietti e femminucce, ora in piscina si nuota separati per sesso e le mamme ci entrano velate. La disoccupazione è al 70 per cento, contro la media nazionale del sei. Un tempo, qui si veniva a fare il bagno sulle rive dell’Albysjon, a pedalare nei boschi, a vedere dove aveva la villa il signor Ericsson, quello dei telefonini.

    Oggi, Alby è stata dichiarata una delle otto «no go zone» vulnerabili del Paese, gang e spaccio, dove la sera i pompieri non sempre vanno se li chiamano e anche i poliziotti stanno all’occhio: «L’auto di servizio non dobbiamo mai posteggiarla lontana — dice l’agente Roger Kampe, in servizio da sette anni —, perché te la trovi danneggiata. E l’ordine è di girare sempre in due o tre, mai da soli». In un garage, a marzo è stato scoperto un deposito d’esplosivo, «roba da professionisti». Sugli ascensori dei palazzoni, le scritte in arabo inneggiano a qualche guerra santa. Un ragazzino di 16 anni è stato accoltellato in pieno giorno, un mese fa, davanti al centro commerciale: «C’erano almeno trenta testimoni, nessuno ha visto nulla».

    Ad Alby, governano da sempre le sinistre. Ma stavolta non si sa. I postfascisti di Svezia Democratica, annunciati vincitori di queste elezioni politiche, qui non mettono piede. Non si vede un manifesto di Jimmie Akesson, il Salvini che vuole rispedire a casa i migranti e sull’esistenza di posti così sta costruendo la sua fortuna politica. L’imam non ha voglia di parlare coi giornalisti, da quando l’hanno messo in mezzo con una telecamera nascosta (si vede un candidato locale della sinistra garantire tremila voti sicuri a un alleato di lista, «alla preghiera l’imam convincerà i musulmani a votare te, e tu in cambio gli costruirai la nuova moschea...»: tutta acqua al mulino di Jimmie lo spaventastranieri). Venerdì sera il sobborgo era mezzo deserto, tutti a guardare Jimmie Akesson nell’ultimo confronto elettorale in tv. E sentirlo parlare di posti come Alby. Parole pesanti: «Lo sapete perché quella gente non trova lavoro? Perché non s’adattano alla Svezia. E non sono svedesi». Urla, fischi, buuu. Nessuno ad Alby voterà mai Jimmie. «Ma qui siamo in Medio Oriente», dice Tove. E fuori di qui c’è una Little Svezia che non vuole diventare una grande Bagdad.
    https://www.corriere.it/esteri/18_se...?refresh_ce-cp

  2. #2
    Le civiltà diverse devono stare separate, c'è poco da fare.
    Bambol utente of the decade

  3. #3
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    Dipende da quali civilta' e dalla loro aggressivita'.
    Una volta si emigrava per rifiuto ai propri sistemi, o per lavorare.
    Ora ci si portano dietro le proprie tradizioni per espanderle e fare tanti soldi dove si ritiene piu' facile farli.
    Inoltre questi si portano dietro debiti da ripagare impagabili senza l'arraffo e l'arrangio, cosa che contrasta con i malmessi tentativi di integrarli.
    Da cui, ieri sera, lo sfogo di DeLuca che denunciava l'occupazione militare di intere aree sottratte al controllo dello stato e dedite a spaccio e prostituzione, nonche' sottratte ad ogni controllo con la forza dei numeri e la pulizia etnica dei vecchi residenti.

  4. #4
    ????? ???????????? L'avatar di Pazza_di_Acerra
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    Citazione Originariamente Scritto da meogatto Visualizza Messaggio
    Dipende da quali civilta' e dalla loro aggressivita'.
    Una volta si emigrava per rifiuto ai propri sistemi, o per lavorare.
    Ora ci si portano dietro le proprie tradizioni per espanderle e fare tanti soldi dove si ritiene piu' facile farli.
    Inoltre questi si portano dietro debiti da ripagare impagabili senza l'arraffo e l'arrangio, cosa che contrasta con i malmessi tentativi di integrarli.
    Da cui, ieri sera, lo sfogo di DeLuca che denunciava l'occupazione militare di intere aree sottratte al controllo dello stato e dedite a spaccio e prostituzione, nonche' sottratte ad ogni controllo con la forza dei numeri e la pulizia etnica dei vecchi residenti.
    Parlava di camorra, mafia, ndrangheta e Sacra Cotona Unita? Scopre l'acqua calda 'sto De Luca...
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

  5. #5
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    Veramente i nigeriani non erano in secondo piano.
    Le mafie storiche tra l'altro trovano un brodo nel tessuto sociale locale e non fanno pulizia etnica.
    Per altro mafia nigeriana ha superato in forza quelle locali.

  6. #6
    Chiamatemi Margherita L'avatar di Magiostrina
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    Ma per l'appunto, vista la situazione del nostro territorio con le mafie, scaricare vagonate di nuovi potenziali manovali per il crimine non è molto saggio. Per esempio, leggevo in un libro di Nicola Gratteri che la mafia nigeriana ha legami molto stretti con le cosche pugliesi. Oggi cercando 'mafia nigeriana' su google viene fuori che la Dia ha denunciato che 9 città italiane sono già controllate dai nigeriani, i quali non si appoggiano più alle mafie locali, ma sono diventati indipendenti.

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