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Discussione: Le perle di Pirlon

  1. #136
    Opinionista L'avatar di Vega
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    E invece a quanto dici c'è questa emergenza donna se siamo ingannate e se ti lagni di bambini ed anziani, per i quali, guarda caso, ritieni ci sia mancanza di accudimento (per assenza di donne a casa).

    Per secoli ci è stato impedito di fare e di dire. Ora arrivi tu e altri campioni che, scontenti per l'ennesima volta, vorreste di nuovo che stessimo in disparte.
    Non siano ingannate da nessuno. Semmai sei tu e gli altri campioni a tentare di ingannare la gente e le donne. E quando non vi riesce poi passate ai fatti, non solo a parole.
    Possiamo fare, sappiamo fare e la dimostrazione ce l"hai sotto gli occhi tutti i giorni. Non è nessuno scimmiottamento della controparte maschile.
    Pienamente funzionante e programmata in tecniche multiple

  2. #137
    abstract L'avatar di Yele
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    Non facciamo più figli, siamo un paese in via d’estinzione.
    quasi 8 miliardi sul pianeta.
    Direi che stiamo dando il buon esempio.

  3. #138
    Opinionista L'avatar di axeUgene
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    Non è un problema di numeri. E' un problema etico, Axe! Le Persone stanno sbagliando modo di vivere. Non siamo fatti per vivere da soli, per non sposarsi, per non avere figli.....
    Non si tratta di obbligare. Ma di tornare ad essere più naturali.
    Le risorse ci sono. Per tutti. Vanno re-distribuite. Distribuite meglio. Secondo la logica dell'Amore. Non del profitto.
    no, in prospettiva è proprio un problema di numeri, e visto che sei un contabile dovresti averlo chiaro:
    hai, da un lato, risorse limitate; dall'altro una crescita geometrica che comunque pone sotto stress il sistema ambientale;

    io mi preoccupo poco, visto che la natura comunque si riprenderà il suo: dove saremo troppi, per una legge statistica-sanitaria di promiscuità, arriverà un ceppo virale mortale e sterminerà come una peste del passato; epidemia a Città del Messico o Shangai è una cosa; in Karelia difficilmente arriva, o viene contenuta per tempo...
    oppure ci penseranno i cataclismi "naturali";
    se c'è una prospettiva di estinzione dell'umanità è per il rischio connesso alla sovrappopolazione, non certo per l'inverso;

    sull'etica, siamo alle solite:
    è vero che non siamo "fatti per stare da soli", ma è altrettanto vero che non siamo fatti per il matrimonio e la famiglia che intendi tu, e che sono contro natura; infatti, vengono disciplinati per legge;

    non ti accorgi della contraddizione tra evocare niccianamente la naturalità, e porre una questione di etica, quando la naturalità stessa non è etica e l'etica nasce esattamente dal desiderio di inibire quella stessa naturalità, coi suoi istinti ?

    vedi, a me non infastidisce - infastidirebbe - la tua eventuale conformità alla dottrina della tua chiesa; ma, almeno, manifesta quella !
    quando invochi la naturalità sei totalmente al di fuori, e non lo capisci nemmeno se uno te lo spiega in modo semplice:

    se prendi quella strada del "naturale" vai dritto come una freccia nella direzione opposta a quella del Vangelo; se non credi a me, chiedi a qualsiasi teologo o sacerdote di un minimo di spessore culturale; la "natura" è un concetto inservibile in qualunque dibattito filosofico, e tanto meno lo è per un cristiano, men che meno cattolico.
    c'� del lardo in Garfagnana

  4. #139
    Chiamatemi Margherita L'avatar di Magiostrina
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    allora però bisogna rivedere il contenuto del "sentimento", per incorporarci la nozione di "utilità" implicita nella scelta razionale; per me va bene, così la finiamo con le retoriche sull'"amore", che esiste ma è qualcosa di osservabile, che mostra connotati specifici;
    Ma guarda che non sto dicendo che gli scaffali straripanti creano il desiderio in senso assoluto, dico che inducono l'essere umano a desiderare quella cosa lì invece di un'altra, magari più salutare per il suo benessere, proprio perché l'uomo ha il desiderio insito in sé. Forse è la spinta di cui la natura ci ha dotati per indurci a non impigrirci dentro alla tana, ma a correre dei rischi per trovare il cibo e una volta che la pancia è piena la spinta si rivolge verso qualcos'altro. Insomma l'essere umano passa tutta la vita a mediare fra i propri istinti e passioni e la ragione per tenerli sotto controllo.

    che vuol dire ? il fatto che una moltitudine di persone non avesse accesso a determinate modalità di accesso al desiderio non significa che quest'ultimo sia una "costruzione", l'induzione a qualcosa che altrimenti non ci sarebbe;
    l'accessibilità - imperfetta, altrimenti subentra l'angoscia - può misurare il desiderio come espressione di libertà: poniamo tu sia sola, senza figli, e ti si offre l'opportunità di avere una seconda casa, non utilizzabile per fine di lucro, ma dove ti pare; esprimeresti un desiderio altrimenti inibito, e in un modo che corrisponde alle tue esigenze; non certo nella modalità che descrivi:

    questo succede quando il desiderio è un feticcio di un altro, o la sua sublimazione; nei bambini è un necessario percorso di apprendimento, fare conoscenza con tante possibilità di desiderare, ed è normale e sano, se non si vogliono Antonluca e Antongiulio

    nell'adulto può subentrare una frustrazione che dirotta le energie desideranti; la bulimia del consumatore è un sintomo di poca libertà, non di troppa; l'abbiamo sperimentata un po' tutti, in misura diversa, quando volevamo qualcosa ma ci siamo dovuti accontentare di un succedaneo; di solito, le persone agiate spendono molto meglio dei poveri in rapporto al loro reddito, perché sono libere dal bisogno;
    e succede lo stesso anche con le relazioni, quando i vincoli esterni ci impediscono l'accesso a ciò che abbiamo individuato come oggetto di desiderio:

    per un po' ci si accontenta, ma poi emerge la frustrazione; riempito quel "vuoto" , torna il desiderio originario che cerca di nuovo soddisfazione; a quel punto, si riprende la ricerca, oppure si sublima con altro: si mangia, si compra qualcosa di compensativo, o ci si fissa su qualche circostanza polemica in cui convogliare la frustrazione; non a caso, il guerriero, il vero fascista, l'eroe socialista e tutto il campionario delle brutalità spacciate come virtù deve incarnarsi in insoddisfatti sessuali, malgrado retoriche, significativamente quantitative, da bordello.
    Tu la vedi come frustrazione, io invece la vedo come desiderio di qualcosa di non materiale (libertà, giustizia, ecc. la storia è piena di personaggi e movimenti che si sono mossi per certi ideali e non posso credere che la motivazione fosse solo la frustrazione); in fondo sono due facce della stessa medaglia.

    Ora che gli eroi o i guerrieri siano insoddisfatti sessuali non mi risulta veramente, non confonderli con i violenti senza onore.
    Non si ha fiducia negli altri perché essi se la meritano, ma perché merita di averla colui che la prova.

  5. #140
    Chiamatemi Margherita L'avatar di Magiostrina
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    quasi 8 miliardi sul pianeta.
    Direi che stiamo dando il buon esempio.
    Ma non ci viene dietro nessuno
    Non si ha fiducia negli altri perché essi se la meritano, ma perché merita di averla colui che la prova.

  6. #141
    Chiamatemi Margherita L'avatar di Magiostrina
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    non ti accorgi della contraddizione tra evocare niccianamente la naturalità, e porre una questione di etica, quando la naturalità stessa non è etica e l'etica nasce esattamente dal desiderio di inibire quella stessa naturalità, coi suoi istinti ?
    Cono non si è accorto che i cristiani hanno inventato il cilicio e hanno dato alla donna la colpa della necessità di doverlo usare
    Non si ha fiducia negli altri perché essi se la meritano, ma perché merita di averla colui che la prova.

  7. #142
    Opinionista L'avatar di axeUgene
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    Citazione Originariamente Scritto da Magiostrina Visualizza Messaggio
    Ma guarda che non sto dicendo che gli scaffali straripanti creano il desiderio in senso assoluto, dico che inducono l'essere umano a desiderare quella cosa lì invece di un'altra, magari più salutare per il suo benessere, proprio perché l'uomo ha il desiderio insito in sé. Forse è la spinta di cui la natura ci ha dotati per indurci a non impigrirci dentro alla tana, ma a correre dei rischi per trovare il cibo e una volta che la pancia è piena la spinta si rivolge verso qualcos'altro. Insomma l'essere umano passa tutta la vita a mediare fra i propri istinti e passioni e la ragione per tenerli sotto controllo.
    il feticcio funziona solo nella misura in cui il desiderio originario è frustrato e rimosso; quando sperimenti una modalità di autentico appagamento la prima cosa che noti è l'improvvisa consapevolezza dell'inutilità di tanti feticci, succedanei e compensazioni e l'individuazione delle modalità di appagamento; una persona mediamente equilibrata elabora questa esperienza e la trasforma in una guida, smette di cercare feticci, o li limita, seleziona frequentazioni umane, ecc...

    Tu la vedi come frustrazione, io invece la vedo come desiderio di qualcosa di non materiale (libertà, giustizia, ecc. la storia è piena di personaggi e movimenti che si sono mossi per certi ideali e non posso credere che la motivazione fosse solo la frustrazione); in fondo sono due facce della stessa medaglia.
    l'altruismo - o, se vogliamo, anche la carità ipocrita - è un passaggio necessario per godere tranquillamente del proprio, senza sentirsi troppo in colpa; insomma, i sentimenti sono comunque un escamotage funzionale ad un benessere egoistico, senza che questa definizione voglia assumere la funzione di censura morale, beninteso;

    Ora che gli eroi o i guerrieri siano insoddisfatti sessuali non mi risulta veramente, non confonderli con i violenti senza onore.
    hmmm, l'eroe è tale se involontario, o se preferirebbe non diventarlo; sacrifica una vita che ama per immedesimazione, empatia con chi sopravvive per vivere, non per sacrificarsi a sua volta;
    il "guerriero" d'elezione, chi pone al centro della propria esistenza l'"onore" - non un valore etico determinato; perché l'onore di per sé è solo un "modo", lo si può coltivare a sostegno di qualsiasi crimine, vedi i mafiosi; non è che se non sciogli i minorenni nell'acido, ma compi comunque vendette trasversali sei un guerriero più degno, eh... - e la disponibilità a morire per quello, manifestano una nevrosi su cui si incista un'ideologia di sostanziale spregio per la vita, per il comune istinto di autoconservazione e ricerca del piacere;

    le ideologie - non l'occasionale e circostanziato sacrificio, anche supremo - che postulano la rinuncia, l'ascesi, l'abnegazione come stile di vita, manifestano una volontà di potenza variamente declinata - dalla disponibilità a morire, sprezzo dell'autoconservazione e del piacere come "basso istinto", fino all'asceta colpevolizzante, che comunque esercita un potere morale;
    e questa volontà di potenza, aggressività, è chiaramente un investimento di libido negata e rimossa; tipicamente, nei corpi militari d'élite si coltiva questa negazione; magari viene esaltato un maschio "potente", virilista, ma non l'amante, la persona privata con le sue fragilità;

    ma anche il religioso consacrato, casto e temperante, si pone in termini di potere morale sui fedeli, soggetti alle passioni; e così le persone comuni che esprimono ideologie censorie rispetto a comportamenti ordinari, nella media;

    il tornaconto emotivo è sempre quello: volontà di potenza; lo vedi chiaramente sul web, dove tutti i soggetti espropriati di un ruolo hanno l'occasione di sfogare questo desiderio con la censura facile, una specie di Hyde Park corner globale, in cui si può moraleggiare aggratisse, senza nessuno che venga a fare i conti in tasca e verificare.
    c'� del lardo in Garfagnana

  8. #143
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    E invece a quanto dici c'è questa emergenza donna se siamo ingannate e se ti lagni di bambini ed anziani, per i quali, guarda caso, ritieni ci sia mancanza di accudimento (per assenza di donne a casa).

    Per secoli ci è stato impedito di fare e di dire. Ora arrivi tu e altri campioni che, scontenti per l'ennesima volta, vorreste di nuovo che stessimo in disparte.
    Non siano ingannate da nessuno. Semmai sei tu e gli altri campioni a tentare di ingannare la gente e le donne. E quando non vi riesce poi passate ai fatti, non solo a parole.
    Possiamo fare, sappiamo fare e la dimostrazione ce l"hai sotto gli occhi tutti i giorni. Non è nessuno scimmiottamento della controparte maschile.
    La Donna è fondamentale nella Società. Senza di Essa la Vita non esisterebbe....
    Ma ha perso sè stessa. Non sa più chi è.

    È un vero e proprio inno alle donne che il Pontefice ha proposto nella messa celebrata giovedì mattina, 9 febbraio, nella cappella della Casa Santa Marta. È la donna, ha riconosciuto Francesco, «che ci insegna ad accarezzare, ad amare con tenerezza e che fa del mondo una cosa bella». E se «sfruttare le persone è un crimine di lesa umanità, sfruttare una donna è di più di un reato e un crimine: è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al mondo, è tornare indietro».
    «Tante volte — ha fatto notare il Pontefice — quando noi parliamo delle donne, parliamo in modo funzionale: la donna è per fare questo, per fare quest'altro, no! Prima è per un’altra cosa: la donna porta qualcosa che, senza di lei, il mondo non sarebbe così». La donna «è una cosa differente, è una cosa che porta una ricchezza che l’uomo e tutto il creato e tutti gli animali non hanno».

    https://w2.vatican.va/content/france...lle-donne.html
    amate i vostri nemici

  9. #144
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    quasi 8 miliardi sul pianeta.
    Direi che stiamo dando il buon esempio.
    Un buonissimo esempio, si!

    Genitori oggi. Dietro il calo delle nascite c'è un'idea limitata di felicità.
    Nel mondo che ha smesso di fare bambini si respira eccitazione ma anche depressione e solitudine.
    Oggi come sempre, ciò che muove l’uomo nelle sue decisioni sono quegli obiettivi che sembrano promettergli una vita più felice; in questo senso, credo possibile affermare che avere dei figli non appare più tra le scelte che colleghiamo all’idea di felicità: i figli ci appaiono più come un vincolo che come una risorsa; sentiamo i loro bisogni come contrapposti ai nostri bisogni e la responsabilità nei loro confronti come una pesante restrizione della nostra libertà e delle nostre opportunità.

    La maggior parte delle persone vive la vita in termini esclusivamente individuali: progetta la propria riuscita professionale, il modo di emergere e di ottenere una buona posizione sociale, il modo di raggiungere risultati il più possibile soddisfacenti in campo economico; siamo accomunati dall’idea che la vita migliore, quella più riuscita e soddisfacente, dipenderà dalla capacità di investire energie, risorse e pensieri in progetti di auto-realizzazione. Anche nella formazione della coppia il baricentro non cambia e gli aspetti di progettualità comune sono spesso subordinati a quelli delle progettualità individuali: l’uomo e la donna leggono la loro relazione come uno scambio affettivo, nel quale è sottinteso che ognuno dei due potrà in primo luogo continuare a perseguire i propri obiettivi individuali con il sostegno dell’altro. Va aggiunto che nel crescere ed educare i nostri figli, raramente pensiamo a loro anche come i potenziali genitori del futuro, e dunque raramente ci occupiamo di definire per loro obiettivi relazionali accanto a quelli individuali. È in questo contesto, con questo modo di immaginare la vita e le relazioni, che la coppia di oggi si trova davanti all’ipotesi impegnativa di mettere al mondo un bambino; con queste premesse, anche l’idea del figlio si affaccia alla mente come uno dei possibili progetti di autorealizzazione: avere un bambino è qualcosa da decidere solo se e quando la sua nascita si inserirà nel nostro progetto di vita, completando in qualche modo l’immagine che vogliamo avere di noi stessi.

    Ma mettere al mondo un figlio non è una scelta che può collocarsi nello stesso ordine delle altre decisioni: non è come decidere se acquistare una casa, oppure accettare o rifiutare un lavoro; non ha niente a che fare con il modo di procedere che conosciamo e che ci guida a prendere decisioni in ordine ai progetti di realizzazione individuale. Mettere al mondo un figlio comporta l’esperienza di una profonda discontinuità, il salto in una dimensione nuova e totalmente differente: il figlio è un’apertura all’ignoto, all’imprevisto, a qualcosa che sfugge inevitabilmente ad ogni possibile programmazione; accogliere un figlio significa accettare l’inizio di un’avventura che non potremo controllare se non in minima parte, e che potrà esporci alla gioia ma anche al dolore, a soddisfazioni ma anche a frustrazioni. Un figlio ci cambia la vita completamente e senza ritorno, e ci chiede di accettare il rischio di una novità vera che, pur originando da noi, non potremo e non dovremo controllare. Anche se forse non sappiamo metterlo in parole, ognuno di noi percepisce questa differenza e la vive con timore, e soprattutto la donna sente il peso della sfida che un figlio rappresenta per lei. La possibilità, ormai data per scontata, di decidere se e quando dare accesso alla vita ha messo più che mai nelle sue mani un potere terribile, e di fronte all’idea di una gravidanza la donna di oggi ha più che mai paura: come cambierà la sua vita? Come potrà continuare a perseguire i suoi obiettivi personali e insieme fare spazio all’alterità di un figlio? Il potere di decidere, che viene lasciato quasi del tutto nelle sue mani, la fa sentire la un lato onnipotente ma dall’altro molto sola, di una solitudine per certi aspetti nuova e persino più profonda che nel passato. Anche quando la gravidanza è stata desiderata, il suo concretarsi rappresenta sempre un passaggio delicato e carico di ambivalenza per la donna: sente infatti che si tratta di qualcosa di definitivo, che modifica la sua vita in modo profondo creando un legame nuovo e irreversibile. In questa situazione, la presenza accanto a lei di un uomo capace di condividere le sue preoccupazioni e di assumersi con decisione e gioia la paternità del suo bambino è ciò che potrebbe fare la differenza.

    Ma anche assumere la paternità non è un passaggio semplice. Accogliere la maternità vuol dire fare spazio nella propria vita a qualcuno che costringe ad una generosità nuova: con un figlio non sarà più possibile pensare la vita solo per sé, perché da quel momento i suoi bisogni interpellano la madre in modo ineludibile. Ma anche accogliere davvero la paternità vuol dire imparare a spostare il baricentro della vita: il figlio infatti si proietta nel futuro e dunque mette in moto il tempo; chiede al padre di non agire più solo per sé stesso, ma per preparargli un’eredità fatta non solo di cose ma anche di speranza, imparando a passare dalla logica della pura realizzazione personale a quella che si inserisce nella continuità tra le generazioni, dove ciascuno ha il compito di imparare la gratitudine per chi lo precede, e di preparare con generosità la strada per chi verrà dopo di lui. Se dunque siamo abituati a considerare la felicità solo come il frutto del successo dei nostri progetti individuali, sarà molto difficile fare spazio a qualcuno che, come i figli, ci vincola a sé o che sembra rubarci il futuro. Ma la strada per essere felici è davvero quella che immaginiamo?

    In questo mondo che ha smesso di fare bambini, si respira un’aria di eccitazione ma non certo di felicità: depressione e noia dilagano, e la corsa sempre più affannata dietro le cose (da fare, da provare, da comprare) sembra più che altro il tentativo di nascondere un senso sempre più diffuso di solitudine e di morte. È dunque necessario domandarci qual è per l’uomo la strada della felicità possibile. Mi viene allora in mente ciò che diceva Donald Winnicott, pediatra e psicanalista: la via che l’uomo ha per sentirsi felice passa attraverso la sua capacità di sviluppare creatività. La creatività consiste in un incontro fecondo tra realtà interna e realtà esterna: consiste nella capacità di far esistere nel mondo qualcosa che prende origine dentro di noi, e che prende forma e concretezza fuori di noi. Nell’atto creativo l’attenzione non è centrata sul sé, ma sulla bellezza di ciò che si crea: ciò che conta è il frutto, non la fatica e nemmeno il guadagno che ricaviamo. L’atto creativo ha la sua ricompensa nel piacere di creare e nel valore di ciò che si è creato: qualcosa di inedito che ha avuto in noi la sua origine.

    Proprio in questo senso, fare figli è in assoluto l’atto più creativo a disposizione dell’uomo: mai come con un figlio l’uomo mette nel mondo qualcosa di vitale e concreto che origina da lui, e mai come con un figlio può riscoprire tutta la bellezza e la pienezza della vita che si rinnova con la sua ricchezza inesauribile. Il figlio è davvero un inedito, qualcosa che prende origine da noi, ma insieme ci trascende aggiungendo ricchezza e assoluta novità alla vita. Solo riscoprire questa gioia pienamente creativa del generare e diffonderne il contagio potrà permettere alla nostra società di uscire dalla tristezza di un mondo senza più figli.

    *Mariolina Ceriotti Migliarese Neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta https://www.avvenire.it/opinioni/pag...ata-di-felicit
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  10. #145
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    no, in prospettiva è proprio un problema di numeri, e visto che sei un contabile dovresti averlo chiaro:
    hai, da un lato, risorse limitate; dall'altro una crescita geometrica che comunque pone sotto stress il sistema ambientale;

    io mi preoccupo poco, visto che la natura comunque si riprenderà il suo: dove saremo troppi, per una legge statistica-sanitaria di promiscuità, arriverà un ceppo virale mortale e sterminerà come una peste del passato; epidemia a Città del Messico o Shangai è una cosa; in Karelia difficilmente arriva, o viene contenuta per tempo...
    oppure ci penseranno i cataclismi "naturali";
    se c'è una prospettiva di estinzione dell'umanità è per il rischio connesso alla sovrappopolazione, non certo per l'inverso;

    sull'etica, siamo alle solite:
    è vero che non siamo "fatti per stare da soli", ma è altrettanto vero che non siamo fatti per il matrimonio e la famiglia che intendi tu, e che sono contro natura; infatti, vengono disciplinati per legge;

    non ti accorgi della contraddizione tra evocare niccianamente la naturalità, e porre una questione di etica, quando la naturalità stessa non è etica e l'etica nasce esattamente dal desiderio di inibire quella stessa naturalità, coi suoi istinti ?

    vedi, a me non infastidisce - infastidirebbe - la tua eventuale conformità alla dottrina della tua chiesa; ma, almeno, manifesta quella !
    quando invochi la naturalità sei totalmente al di fuori, e non lo capisci nemmeno se uno te lo spiega in modo semplice:

    se prendi quella strada del "naturale" vai dritto come una freccia nella direzione opposta a quella del Vangelo; se non credi a me, chiedi a qualsiasi teologo o sacerdote di un minimo di spessore culturale; la "natura" è un concetto inservibile in qualunque dibattito filosofico, e tanto meno lo è per un cristiano, men che meno cattolico.
    Scusa eh....Papa Francesco è o non è cristiano? E' o non è cattolico? Eppure dice questo:

    " La famiglia naturale va tutelata! "

    Alcuni però credono che le verità della morale siano variabili. E che la Chiesa potrebbe accettare oggi, ciò che riteneva inaccettabile ieri. Così, le frange più ‘avanzate’ del cattolicesimo credono che la Chiesa, oggi o in futuro, finirà per accettare il divorzio, l’aborto, l’eutanasia o il matrimonio gay.

    Ma chi pensa così non si rende conto che se la morale fosse evolutiva essa sarebbe sempre sterile e mai certa, e il peccato di oggi, diverrebbe un atto buono dopodomani, annullando logicamente ogni precetto, norma e legge. Cristo però ha dichiarato perenni i 10 Comandamenti dati a Mosè sul Monte Sinai. E tutti e 10 varranno infallibilmante fino alla fine del mondo, senza alcuna evoluzione possibile. Il Pontefice infatti dopo aver ricordato, che “la Santa Sede non mira ad altro che a favorire il benessere spirituale e materiale della persona umana e la promozione del bene comune”, ha dato una sua peculiare e articolata lettura della notoria Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Arrivando ad affermare che, secondo la sua interpretazione, “vi è dunque una significativa relazione fra il messaggio evangelico e il riconoscimento dei diritti umani, nello spirito degli estensori della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”.

    Proprio quella Dichiarazione, spesso usata in senso relativista e laicista, sarebbe a giudizio di Francesco una garanzia in termini di diritti umani autentici e non di quelli, abusivi e a geometria variabile, che le lobby cercano di imporre ai parlamenti dei Paesi di mezzo mondo. “A settant’anni di distanza [dalla Dichiarazione dell’Onu], duole rilevare come molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati. Primo fra tutti quello alla vita, alla libertà e alla inviolabilità di ogni persona umana. Non sono solo la guerra o la violenza che li ledono. Nel nostro tempo ci sono forme più sottili: penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perché malati o malformati o per l’egoismo degli adulti”. Ancora più tagliente forse ciò che Francesco ha affermato riguardo alla famiglia e alla sua crisi attuale. Ascoltiamolo. “Il diritto a formare una famiglia, quale «nucleo naturale e fondamentale della società [che] ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato», è infatti riconosciuto dalla stessa Dichiarazione del 1948. Purtroppo è noto come, specialmente in Occidente, la famiglia sia ritenuta un istituto superato. Alla stabilità di un progetto definitivo, si preferiscono oggi legami fugaci. Ma non sta in piedi una casa costruita sulla sabbia di rapporti fragili e volubili. Occorre piuttosto la roccia, sulla quale ancorare fondamenta solide. E la roccia è proprio quella comunione di amore, fedele e indissolubile, che unisce l’uomo e la donna, una comunione che ha una bellezza austera e semplice, un carattere sacro e inviolabile e una funzione naturale nell’ordine sociale. Ritengo pertanto urgente che si intraprendano reali politiche a sostegno delle famiglia, dalla quale peraltro dipende l’avvenire e lo sviluppo degli Stati. Senza di essa non si possono infatti costruire società in grado di affrontare le sfide del futuro”.

    Non solo il Pontefice ha difeso la santità e la necessità dell’istituto familiare, ma ha esplicitamente dichiarato che la famiglia è composta da un uomo e una donna (matrimonio eterosessuale monogamico) e che deve inquadrarsi in “un progetto definitivo” (contro divorzio, convivenze instabili, concubinato, etc.).

    https://www.lalucedimaria.it/papa-fr...e-va-tutelata/

    E inoltre:

    “Non pieghiamo mai la solidarietà alla logica del profitto finanziarioˮ «Alla radice della crisi economica c’è un tradimento del bene comune, da parte sia di singoli sia di gruppi di potere».
    Francesco ha quindi parlato della crisi economica, ricordando che essa ha «una dimensione europea e globale; e, come sappiamo, essa è anche crisi etica, spirituale e umana. Alla radice c’è un tradimento del bene comune, da parte sia di singoli sia di gruppi di potere. È necessario quindi togliere centralità alla legge del profitto e assegnarla alla persona e al bene comune. Ma perché tale centralità sia reale, effettiva e non solo proclamata a parole, bisogna aumentare le opportunità di lavoro dignitoso. Questo è un compito che appartiene alla società intera: in questa fase in modo particolare, tutto il corpo sociale, nelle sue varie componenti, è chiamato a fare ogni sforzo perché il lavoro, che è fattore primario di dignità, sia una preoccupazione centrale».

    «Qui ci troviamo davanti a San Petronio - ha concluso Francesco - Da qui fisicamente vediamo tre aspetti costitutivi della vostra città: la Chiesa, il Comune e l’Università. Quando essi dialogano e collaborano tra loro, si rafforza il prezioso umanesimo che essi esprimono e la città – per così dire – “respira”, ha un orizzonte, e non ha paura di affrontare le sfide che si presentano. Vi incoraggio a valorizzare questo umanesimo di cui siete depositari per cercare soluzioni sapienti e lungimiranti ai complessi problemi del nostro tempo, vedendoli sì come difficoltà, ma anche come opportunità di crescita e di miglioramento. E questo che dico vale per l’Italia nel suo insieme e per l’intera l’Europa».

    https://www.lastampa.it/2017/10/01/v...VL/pagina.html
    Ultima modifica di conogelato; 11-04-2019 alle 01:13
    amate i vostri nemici

  11. #146
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    La Donna è fondamentale nella Società. Senza di Essa la Vita non esisterebbe....
    Ma ha perso sè stessa. Non sa più chi è.

    È un vero e proprio inno alle donne che il Pontefice ha proposto nella messa celebrata giovedì mattina, 9 febbraio, nella cappella della Casa Santa Marta. È la donna, ha riconosciuto Francesco, «che ci insegna ad accarezzare, ad amare con tenerezza e che fa del mondo una cosa bella». E se «sfruttare le persone è un crimine di lesa umanità, sfruttare una donna è di più di un reato e un crimine: è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al mondo, è tornare indietro».
    «Tante volte — ha fatto notare il Pontefice — quando noi parliamo delle donne, parliamo in modo funzionale: la donna è per fare questo, per fare quest'altro, no! Prima è per un’altra cosa: la donna porta qualcosa che, senza di lei, il mondo non sarebbe così». La donna «è una cosa differente, è una cosa che porta una ricchezza che l’uomo e tutto il creato e tutti gli animali non hanno».

    https://w2.vatican.va/content/france...lle-donne.html
    Tu a questo punto disattendi le parole del papa quando esprimi certi concetti e vorresti la donna più a casa per figli e anziani, al suo posto e che non invada certi campi, a dire e fare ciò che le compete e che tradotto, è proprio quel ruolo funzionale in cui siamo costantemente collocate da persone con il tuo modo di pensare, a spregio di qualunque considerazione di avere davanti esseri pensanti, con desideri e necessità.
    Difatti tratti il genere femminile composto da poverette inconsapevoli, facilmente manipolabili oltreché non pensanti. E guarda caso chi ci dice spesso ciò? Un uomo e ogni tanto qualche "capretta furbetta" al femminile.

    Purtroppo devo dirti che lo smarrito ed l'ingannato sei tu, ancorato a concetti superati, abbarbicato alla figura della donna come pericolo ed antagonista, a ruoli e caratteristiche di genere che oggi sono messi in discussione da ricerche.
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  12. #147
    Opinionista L'avatar di Vega
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    Un buonissimo esempio, si!

    Genitori oggi. Dietro il calo delle nascite c'è un'idea limitata di felicità.
    Nel mondo che ha smesso di fare bambini si respira eccitazione ma anche depressione e solitudine.
    Oggi come sempre, ciò che muove l’uomo nelle sue decisioni sono quegli obiettivi che sembrano promettergli una vita più felice; in questo senso, credo possibile affermare che avere dei figli non appare più tra le scelte che colleghiamo all’idea di felicità: i figli ci appaiono più come un vincolo che come una risorsa; sentiamo i loro bisogni come contrapposti ai nostri bisogni e la responsabilità nei loro confronti come una pesante restrizione della nostra libertà e delle nostre opportunità.

    La maggior parte delle persone vive la vita in termini esclusivamente individuali: progetta la propria riuscita professionale, il modo di emergere e di ottenere una buona posizione sociale, il modo di raggiungere risultati il più possibile soddisfacenti in campo economico; siamo accomunati dall’idea che la vita migliore, quella più riuscita e soddisfacente, dipenderà dalla capacità di investire energie, risorse e pensieri in progetti di auto-realizzazione. Anche nella formazione della coppia il baricentro non cambia e gli aspetti di progettualità comune sono spesso subordinati a quelli delle progettualità individuali: l’uomo e la donna leggono la loro relazione come uno scambio affettivo, nel quale è sottinteso che ognuno dei due potrà in primo luogo continuare a perseguire i propri obiettivi individuali con il sostegno dell’altro. Va aggiunto che nel crescere ed educare i nostri figli, raramente pensiamo a loro anche come i potenziali genitori del futuro, e dunque raramente ci occupiamo di definire per loro obiettivi relazionali accanto a quelli individuali. È in questo contesto, con questo modo di immaginare la vita e le relazioni, che la coppia di oggi si trova davanti all’ipotesi impegnativa di mettere al mondo un bambino; con queste premesse, anche l’idea del figlio si affaccia alla mente come uno dei possibili progetti di autorealizzazione: avere un bambino è qualcosa da decidere solo se e quando la sua nascita si inserirà nel nostro progetto di vita, completando in qualche modo l’immagine che vogliamo avere di noi stessi.

    Ma mettere al mondo un figlio non è una scelta che può collocarsi nello stesso ordine delle altre decisioni: non è come decidere se acquistare una casa, oppure accettare o rifiutare un lavoro; non ha niente a che fare con il modo di procedere che conosciamo e che ci guida a prendere decisioni in ordine ai progetti di realizzazione individuale. Mettere al mondo un figlio comporta l’esperienza di una profonda discontinuità, il salto in una dimensione nuova e totalmente differente: il figlio è un’apertura all’ignoto, all’imprevisto, a qualcosa che sfugge inevitabilmente ad ogni possibile programmazione; accogliere un figlio significa accettare l’inizio di un’avventura che non potremo controllare se non in minima parte, e che potrà esporci alla gioia ma anche al dolore, a soddisfazioni ma anche a frustrazioni. Un figlio ci cambia la vita completamente e senza ritorno, e ci chiede di accettare il rischio di una novità vera che, pur originando da noi, non potremo e non dovremo controllare. Anche se forse non sappiamo metterlo in parole, ognuno di noi percepisce questa differenza e la vive con timore, e soprattutto la donna sente il peso della sfida che un figlio rappresenta per lei. La possibilità, ormai data per scontata, di decidere se e quando dare accesso alla vita ha messo più che mai nelle sue mani un potere terribile, e di fronte all’idea di una gravidanza la donna di oggi ha più che mai paura: come cambierà la sua vita? Come potrà continuare a perseguire i suoi obiettivi personali e insieme fare spazio all’alterità di un figlio? Il potere di decidere, che viene lasciato quasi del tutto nelle sue mani, la fa sentire la un lato onnipotente ma dall’altro molto sola, di una solitudine per certi aspetti nuova e persino più profonda che nel passato. Anche quando la gravidanza è stata desiderata, il suo concretarsi rappresenta sempre un passaggio delicato e carico di ambivalenza per la donna: sente infatti che si tratta di qualcosa di definitivo, che modifica la sua vita in modo profondo creando un legame nuovo e irreversibile. In questa situazione, la presenza accanto a lei di un uomo capace di condividere le sue preoccupazioni e di assumersi con decisione e gioia la paternità del suo bambino è ciò che potrebbe fare la differenza.

    Ma anche assumere la paternità non è un passaggio semplice. Accogliere la maternità vuol dire fare spazio nella propria vita a qualcuno che costringe ad una generosità nuova: con un figlio non sarà più possibile pensare la vita solo per sé, perché da quel momento i suoi bisogni interpellano la madre in modo ineludibile. Ma anche accogliere davvero la paternità vuol dire imparare a spostare il baricentro della vita: il figlio infatti si proietta nel futuro e dunque mette in moto il tempo; chiede al padre di non agire più solo per sé stesso, ma per preparargli un’eredità fatta non solo di cose ma anche di speranza, imparando a passare dalla logica della pura realizzazione personale a quella che si inserisce nella continuità tra le generazioni, dove ciascuno ha il compito di imparare la gratitudine per chi lo precede, e di preparare con generosità la strada per chi verrà dopo di lui. Se dunque siamo abituati a considerare la felicità solo come il frutto del successo dei nostri progetti individuali, sarà molto difficile fare spazio a qualcuno che, come i figli, ci vincola a sé o che sembra rubarci il futuro. Ma la strada per essere felici è davvero quella che immaginiamo?

    In questo mondo che ha smesso di fare bambini, si respira un’aria di eccitazione ma non certo di felicità: depressione e noia dilagano, e la corsa sempre più affannata dietro le cose (da fare, da provare, da comprare) sembra più che altro il tentativo di nascondere un senso sempre più diffuso di solitudine e di morte. È dunque necessario domandarci qual è per l’uomo la strada della felicità possibile. Mi viene allora in mente ciò che diceva Donald Winnicott, pediatra e psicanalista: la via che l’uomo ha per sentirsi felice passa attraverso la sua capacità di sviluppare creatività. La creatività consiste in un incontro fecondo tra realtà interna e realtà esterna: consiste nella capacità di far esistere nel mondo qualcosa che prende origine dentro di noi, e che prende forma e concretezza fuori di noi. Nell’atto creativo l’attenzione non è centrata sul sé, ma sulla bellezza di ciò che si crea: ciò che conta è il frutto, non la fatica e nemmeno il guadagno che ricaviamo. L’atto creativo ha la sua ricompensa nel piacere di creare e nel valore di ciò che si è creato: qualcosa di inedito che ha avuto in noi la sua origine.

    Proprio in questo senso, fare figli è in assoluto l’atto più creativo a disposizione dell’uomo: mai come con un figlio l’uomo mette nel mondo qualcosa di vitale e concreto che origina da lui, e mai come con un figlio può riscoprire tutta la bellezza e la pienezza della vita che si rinnova con la sua ricchezza inesauribile. Il figlio è davvero un inedito, qualcosa che prende origine da noi, ma insieme ci trascende aggiungendo ricchezza e assoluta novità alla vita. Solo riscoprire questa gioia pienamente creativa del generare e diffonderne il contagio potrà permettere alla nostra società di uscire dalla tristezza di un mondo senza più figli.

    *Mariolina Ceriotti Migliarese Neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta https://www.avvenire.it/opinioni/pag...ata-di-felicit
    Anche aprire le gambe, inzuppare il biscotto e stare a vedere quel che succede per obbedire all'amico invisibile è un'investimento anche quello, date le promesse ultraterrene e terrene per chi seguirà una certa via.
    In fondo è calcolo, opportunismo e bisogno anche quello. Dimostrare di essere qualcuno, di essere migliori di altri. I figli diventano uno strumento per un obiettivo da raggiungere.
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  13. #148
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    Tu a questo punto disattendi le parole del papa quando esprimi certi concetti e vorresti la donna più a casa per figli e anziani, al suo posto e che non invada certi campi, a dire e fare ciò che le compete e che tradotto, è proprio quel ruolo funzionale in cui siamo costantemente collocate da persone con il tuo modo di pensare, a spregio di qualunque considerazione di avere davanti esseri pensanti, con desideri e necessità.
    Difatti tratti il genere femminile composto da poverette inconsapevoli, facilmente manipolabili oltreché non pensanti. E guarda caso chi ci dice spesso ciò? Un uomo e ogni tanto qualche "capretta furbetta" al femminile.

    Purtroppo devo dirti che lo smarrito ed l'ingannato sei tu, ancorato a concetti superati, abbarbicato alla figura della donna come pericolo ed antagonista, a ruoli e caratteristiche di genere che oggi sono messi in discussione da ricerche.
    Conosci la Costanza Miriano? Fino a prova contraria è una Donna. Scrittrice, romanziera, blogger. Molto arguta e molto contro-corrente....

    "Sposare un uomo, che appartiene irrimediabilmente a un'altra razza, e vivere con lui, è un'impresa. Ma è un'avventura meravigliosa. E la sfida dell'impegno, di giocarsi tutto, di accogliere e accompagnare nuove vite. Una sfida che si può affrontare solo se ognuno fa la sua parte. L'uomo deve incarnare la guida, la regola, l'autorevolezza. La donna deve uscire dalla logica dell'emancipazione e riabbracciare con gioia il ruolo dell'accoglienza e del servizio. Sta alle donne, è scritto dentro di loro, accogliere la vita, e continuare a farlo ogni giorno. Anche quando la visione della camera dei figli dopo un pomeriggio di gioco fa venire voglia di prendere a testate la loro scrivania. In questa raccolta di lettere Costanza Miriano scrive di amore, matrimonio e famiglia in uno stile inedito: se fosse per lei produrrebbe delle encicliche, ma siccome non è il Papa mescola i padri della Chiesa e lo smalto Chanel, la teologia e "Il grande Lebowski", sostenendo con ferrea convinzione la dottrina cristiana del matrimonio senza perdere d'occhio l'ultima borsa di Dior."

    https://www.amazon.it/Sposati-sottom.../dp/8884272149
    amate i vostri nemici

  14. #149
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    Arguta e contro-controcorrente!!
    Cono, sei uno spasso!!

    Cosa vuoi commentare su riba del genere? La capretta furbetta sa fare il suo mestiere e solletica velleità di alcuni e polemiche di altri. E alla faccia nostra campa bene. Vuoi vedere che ha pure tata e donna di servizio a casa?
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  15. #150
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    Scusa eh....Papa Francesco è o non è cristiano? E' o non è cattolico? Eppure dice questo:

    " La famiglia naturale va tutelata! "
    è retorica per un uditorio semplice, in effetti molto disinvolta, ma si può capire per le sue esigenze;
    del resto, capisci tu stesso che la "famiglia" africana con un padre di 50 figli, avuti da 12 mogli e che crescono con le madri, le zie, gli zii, i secondi, terzi, quarti mariti, ecc... è naturalissima, ma non il modello del papa; non è che quelli sono stati istigati da collettivi di femministe o agitatori libertini, circoli arcobaleno o altro;

    che un cattolico elegga la naturalità a criterio di pregio è un controsenso, visto che il senso del Vangelo è esattamente quello di sostituirsi alla natura umana, che per il cristiano è peccaminosa, originariamente; altrimenti, se la natura umano fosse "buona", a che servirebbe Cristo ?
    oh, ma questi sono i fondamentali della tua dottrina; non dovrei puntualizzare io quello che è ovvio;

    pertanto, la "famiglia naturale" è solo un'espressione retorica per indicare quella "tradizionale", che è un mero istituto della cultura umana; poi, nulla impedisce che tu la trovi preferibile;
    ma renditi conto che se ci appoggiamo alla natura, allora in natura dopo qualche anno l'istinto suggerisce di cambiare partner e procreare figli con un patrimonio genetico diverso;

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    Conosci la Costanza Miriano? Fino a prova contraria è una Donna. Scrittrice, romanziera, blogger. Molto arguta e molto contro-corrente....
    Cono, la Miriano è il massimo del trash, la Corona dei cattolici tradizionalisti, l'emblema ridicolizzante di queste tesi:

    "Sposare un uomo, che appartiene irrimediabilmente a un'altra razza, e vivere con lui, è un'impresa. Ma è un'avventura meravigliosa. E la sfida dell'impegno, di giocarsi tutto, di accogliere e accompagnare nuove vite. Una sfida che si può affrontare solo se ognuno fa la sua parte. L'uomo deve incarnare la guida, la regola, l'autorevolezza. La donna deve uscire dalla logica dell'emancipazione e riabbracciare con gioia il ruolo dell'accoglienza e del servizio. Sta alle donne, è scritto dentro di loro, accogliere la vita, e continuare a farlo ogni giorno. Anche quando la visione della camera dei figli dopo un pomeriggio di gioco fa venire voglia di prendere a testate la loro scrivania. In questa raccolta di lettere Costanza Miriano scrive di amore, matrimonio e famiglia in uno stile inedito: se fosse per lei produrrebbe delle encicliche, ma siccome non è il Papa mescola i padri della Chiesa e lo smalto Chanel, la teologia e "Il grande Lebowski", sostenendo con ferrea convinzione la dottrina cristiana del matrimonio senza perdere d'occhio l'ultima borsa di Dior."
    [/QUOTE]
    questa ha quattro figli, fa la giornalista e la scrittrice; evidentemente può permettersi vario personale di servizio, perché per scrivere certe idiozie - io l'ho letta, tanto per chiarire - ci vuole tempo, e se veramente lei stesse dietro a quattro figli dubito che ne avrebbe; tempo e soldi, colf, ecc...
    e si permette di perorare la sottomissione;

    insomma, hai fatto tutto il panegirico della parità, che non si tratta di tornare indietro, e poi citi questa signora che si diverte a rendere per il culo le povere donne qualsiasi, non privilegiate come lei, con la versione cattolica del talebanesimo della sottomissione ' mah...

    poi, in effetti la marginalità di un personaggio del genere è di fatto la testimonianza della marginalità di quelle idee tradizionaliste, affidate a quel tipo di megafono; certo siamo nel mondo dei Casalino, il Grande Fratello a palazzo Chigi, e tutto fa brodo, anche il trash più spericolato, quando le idee sono risibili, da avanspettacolo televisivo.
    c'� del lardo in Garfagnana

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