Mi piace questa definizione della fede, che io trovo oggettiva e soggettiva nello stesso tempo, perciò vi riporto il pensiero di Paul Tillich espresso nel libro: Dinamica della fede, religione e morale.
Spero sia gradito.

La fede è lo stato di esperienza di un valore assoluto: la dinamica della fede è la dinamica del suprema interesse dell’uomo.

L’uomo come essere vivente, si preoccupa di molte cose, soprattutto di quelle che condizionano la sua stessa esistenza, come il cibo e l’abitazione.
Ma l’uomo, contrariamente agli altri esseri viventi, ha interessi spirituali: conoscitivi, estetici, sociali e politici.
Alcuni di essi sono urgenti, spesso estremamente urgenti, e ciascuno di essi, come gli interessi vitali, può rivendicare la sua assolutezza per la vita di un individuo o di un gruppo. Se la rivendica, esige la resa totale di chi accetta la sua istanza, e promette la totale realizzazione anche se tutte le altre istanze dovranno essere sottomesse a quella o respinte nel suo nome.

Se un gruppo nazionale fa della vita e dello sviluppo della nazione il suo interesse supremo, esso esige il sacrificio di ogni altro interesse: benessere economico, salute e vita, famiglia, verità estetica e conoscitiva, giustizia ed umanità.

I nazionalismi estremisti del nostro tempo sono laboratori per lo studio del significato che assume l’interesse supremo in ogni aspetto dell’esistenza umana, compreso il piccolo interesse della vita quotidiana.
Ogni cosa ha per suo centro l’unico dio: la nazione, un dio che certamente si dimostra un demone, ma che rivela chiaramente il carattere assoluto di un interesse supremo.
Ma non è solo l’istanza categorica avanzata da quello che è il proprio interesse supremo, è anche la promessa della realizzazione suprema che viene accettata nell’atto della fede. Il contenuto di questa promessa non viene necessariamente definito. Può essere espresso in simboli astratti od in simboli concreti che non si possono prendere alla lettera, come la “grandezza” della propria nazione alla quale si partecipa anche se si muore per essa, o la conquista dell’umanità da parte della “razza salvatrice” e via dicendo.
In ciascuno di questi casi è la “realizzazione suprema” ad essere promessa, ed è l’esclusione da questa realizzazione a essere minacciata, se non si obbedisce a quell’istanza assoluta.

Un esempio, che è più di un semplice esempio, è la fede manifesta nella religione del Vecchio Testamento.
Anch’essa ha il carattere dell’interesse supremo nell’istanza, nella minaccia e nella promessa. Il contenuto di questo interesse non è la nazione, nella quale il nazionalismo ebreo ha pure cercato talvolta di distorcerlo, ma è il Dio della giustizia, che, proprio perché rappresenta la giustizia per ognuno e per ogni nazione, è detto il Dio universale, il Dio dell’universo.
Egli è l’interesse supremo di ogni pio Ebreo, ed è quindi nel Suo nome che viene pronunciato il grande comandamento: “Amerai il Signore Di tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza” (Deut. 6,5).
Qui sta il significato dell’interesse supremo e da queste parole l’espressione “interesse supremo” deriva.
Esse affermano inequivocabilmente il carattere della fede autentica, l’istanza della resa totale all’oggetto dell’interesse supremo.
Il Vecchio Testamento è pieno di comandi che danno concretezza alla natura di questa resa, ed è, relativamente a quella, pieno di promesse e minacce.
Anche qui le promesse sono espresse in simboli vaghi, sebbene orbitino intorno alla realizzazione della vita nazionale ed individuale, e la minaccia consiste nell’esclusione da tale realizzazione mediante la fine della nazione e la catastrofe dell’individuo.
La fede, per gli uomini del Vecchio Testamento, è il timore, in dimensione assoluta ed incondizionata, di Yahwèh e di ciò che Egli rappresenta nell’istanza, nella minaccia e nella promessa.