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Discussione: Accadde a Gerusalemme...

  1. #1
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    Accadde a Gerusalemme...

    Gerusalemme, città cosmopolita, in cui si parlano lingue diverse e si prega in modo diverso. I credenti hanno in comune l’aspirazione messianica. Ognuno è convinto di credere nella vera religione, di avere la vera fede. Le tensioni interconfessionali sono tali da far sviluppare l’umorismo o la relatività delle religioni.

    Umorismo narrato dallo scrittore e saggista israeliano Amos Oz (1939 – 2018) in un breve racconto nel suo libro titolato “Contro il fanatismo”:

    “Ora mi torna in mente una vecchia storiella, dove uno dei personaggi - ovviamente siamo a Gerusalemme, e dove sennò - è seduto a un piccolo caffe, e c'è una persona anziana seduta vicino a lui, così i due cominciano a chiacchierare. E poi salta fuori che il vecchio è Dio in persona. D'accordo, il personaggio non ci crede subito lì per lì, però grazie ad alcuni indizi si convince che è seduto a tavolino con Dio. Ha una domanda da fargli, ovviamente molto pressante. Dice: «Caro Dio, per favore, dimmi una volta per tutte, chi possiede la vera fede? I cattolici o i protestanti? O forse gli ebrei o magari i musulmani? Chi possiede la vera fede?”. Allora Dio risponde: “A dirti la verità, figlio mio, non sono religioso, non lo sono mai stato, la religione nemmeno m'interessa".

    Questo racconto surreale dà uno schiaffo all’intolleranza, al fondamentalismo, al fanatismo religioso, all’integralismo, al dogmatismo.

  2. #2
    Sovrana di Bellezza L'avatar di ReginaD'Autunno
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    Un Dio ateo è una risposta un pò vaga sull'argomento fede...
    Tutti noi crediamo a qualcuno a noi Superiore e chi non lo fa, almeno secondo me, non ha regole nemmeno sulla vita reale.
    Corteggiata da l'aure e dagli amori, siede sul trono de la siepe ombrosa, bella regina dè fioriti odori, in colorita maestà la rosa CLAUDIO ACHILLINI

  3. #3
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    Ma daiiii!! Dillo se vuoi buttarla in caciara, provocare apposta.
    Non ci credo che sguazzi nella cavolata di chi non è credente e non ha valori
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  4. #4
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    Il Dio dello scrittore israeliano Amos Oz, sorprendentemente disinteressato della dimensione religiosa, fa il paio con il tema de “la sconfitta di Dio” del teologo ed esegeta Sergio Quinzio o con la proposta di un “cristianesimo non religioso” del teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer.

    Il presunto esaurimento della funzione pubblica di Dio in Occidente, l’eclissi del sacro, la fine della religione, la secolarizzazione della società, l’oblio di Dio sono solo slogan ? Il Vangelo di Luca pone questo interrogativo: “…Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra ?” (18, 8).

    Troverà il Male e la sconfitta di Dio !

    Dal Vangelo di Marco: “Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: ‘Ecco, chiama Elia!’. Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: ‘Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce’. Ma Gesù, dando un forte grido, spirò” (15, 33 – 37)

    Gesù morente sulla croce invocò Dio o il profeta Elia ? "Gesù gridò a gran voce:
    “Eloì, Eloì, lemà sabactàni...”
    Alcuni dei presenti dicevano:
    “Ecco chiama Elia!"
    (Mc 15, 34-35)

    Sorprende questa confusione che si genera negli spettatori durante quel momento tragico della vita terrena di Gesù. Egli è là sulla croce mentre stanno scoccando gli ultimi istanti della sua esistenza terrena e sta per precipitare nei due abissi estremi, il silenzio di Dio che non risponde alle sue invocazioni e la morte, “Lanciando un forte urlo, spirò” (Mc 15,37). Le sue ultime parole sono un grido angosciato che l’evangelista ci riferisce nella lingua popolare di allora, l’aramaico. Ma quelle parole sono l’incipit del Salmo 22: “Eloì, Eloì, lemà sabactàni”, tradotto in greco: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. L’invocazione Eloì non è aramaica, come il resto della citazione, perché dovrebbe essere Elahî: forse Marco è stato trascinato dall’influsso dell’ebraico Elohîm, “Dio” ?

    Come hanno potuto però i presenti scambiare quelle parole gridate come un’implorazione al profeta Elia? Questo, oltre a essere considerato come il precursore redivivo del Messia (Matteo 17,10-13), secondo la tradizione giudaica era venerato come il protettore degli agonizzanti e delle persone in grave pericolo di vita. I presenti, udendo quel grido straziato di Gesù, potevano scambiare la prima parola(Eloì o Elahî o, in ebraico, Elì) come un’invocazione del profeta da parte di Gesù moribondo ?

    La fiducia di Gesù nel Padre è esplicitato dall’evangelista Luca che narra l’estrema invocazione di Cristo, anch’essa desunta dai Salmi: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46; cfr. Salmo 31,6).

  5. #5
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    @ Vega.

    Ma doxa non la sta buttando in caciara, anzi credo che realmente Amos Oz non credesse più a nulla.Lessi il suo libro più famoro, Storia di amore e di tenebra, e la sua situazione era veramente disperata, fuggiti da uno shetl dell'Europa orientale, ebrei yiddish, si trovarono sotto bombe continue di britannici e arabi, al che la povera mamma si suicidò. Visse in un kibbutz, come molti allora, fu candidato pù volte al premio Nobel ma non lo vinse, ebe una vita orrenda e sicuramente non credeva più in Dio , quando morì. Ci racconta nel suo libro che a Gerusalemme, allora, erano tutti dottori e professori, uno di loro aveva ricevuto un Nobel per la Letteratura, un certo Ashon ( trovai un suo libro in una libreria, non so perchè non lo comprai , era di Adelphi, però aveva dovuto dividere il premio con un'altra scrittrice, e dimezzare l'introito, per loro il denaro non è affatto disdegnato.

  6. #6
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    @ Vega.

    Ma doxa non la sta buttando in caciara, anzi credo che realmente Amos Oz non credesse più a nulla. Lessi il suo libro più famoro, Storia di amore e di tenebra, e la sua situazione era veramente disperata, fuggiti da uno shetl dell'Europa orientale, ebrei yiddish, si trovarono sotto bombe continue di britannici e arabi, al che la povera mamma si suicidò. Visse in un kibbutz, come molti allora, fu candidato pù volte al premio Nobel ma non lo vinse, ebbe una vita orrenda e sicuramente non credeva più in Dio , quando morì. Ci racconta nel suo libro che a Gerusalemme, allora, erano tutti dottori e professori, uno di loro aveva ricevuto un Nobel per la Letteratura, un certo Ashon ( trovai un suo libro in una libreria, non so perchè non lo comprai , era di Adelphi, però aveva dovuto dividere il premio con un'altra scrittrice, e dimezzare l'introito, per loro il denaro non è affatto disdegnato.

  7. #7
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    Rispondevo a ReginaAutunno.
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  8. #8
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    Un Dio ateo è una risposta un pò vaga sull'argomento fede...
    Tutti noi crediamo a qualcuno a noi Superiore e chi non lo fa, almeno secondo me, non ha regole nemmeno sulla vita reale.
    semmai, è il contrario, come da Kant:

    non ci può essere vera virtù in chi creda davvero di essere giudicato da un Onnipotente; sarebbe come l'onestà dell'impiegato della banca, che non si appropria dei valori perché sa di essere controllatissimo;

    che è il prodotto del luteranesimo e del servo arbitrio, fino alla predestinazione, ambiente in cui è cresciuto Kant;

    cioè, escludere che si possa "negoziare" con Dio la salvezza tramite le opere per imperativo ipotetico, condizionato, interessato; contrapposto a quello categorico, assoluto e incondizionato, ciò che si farebbe a prescindere da qualsiasi giudizio o in assenza di giudizio; e corrisponde al sentimento di fede luterano, per cui si opera il bene in gratitudine, per la salvezza già ricevuta con Cristo e la grazia della fede, ricevuta, senza alcun merito, come in Paolo;

    la nozione catto-popolare, quella cui crede la maggior parte dei fedeli mediterranei, al contrario, è ancora intrisa di paganesimo: se sarò obbediente, avrò in cambio, come per gli dei pagani, coi sacrifici, le formalità, ecc...
    c'� del lardo in Garfagnana

  9. #9
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    Dio è sconfitto perché non si svela ?
    Anche la speranza di Mosé di vedere Dio rimase delusa.

    Dal libro dell’Esodo: “Disse il Signore a Mosè: ‘Anche quanto hai detto io farò, perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome’. Gli disse (Mosé): ‘Mostrami la tua Gloria!’.
    Rispose (Dio): ‘Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia’. Soggiunse: ‘Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo’. (33, 17 – 20).

    “…nessun uomo può vedermi e restare vivo”: come interpretare questa frase ? Nessuno può vederlo perché non esiste ? Oppure è uno dei soliti misteri che rimangono tali ?

    dal Salmo 26 (27)
    “…Ascolta, Signore, la mia voce.
    Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
    Il mio cuore ripete il tuo invito:
    “Cercate il mio volto!”.
    Il tuo volto, Signore, io cerco.

    Non nascondermi il tuo volto,
    non respingere con ira il tuo servo.
    Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
    non abbandonarmi, Dio della mia salvezza…”.

    L’ottavo versetto: “Il tuo volto, Signore, io cerco”, non è la richiesta di un provocatore, ma di Mosé, amico di Dio.

    Ci sono nell’Antico Testamento alcuni episodi in cui sembra che qualcuno possa vedere Dio, addirittura “faccia a faccia”, ma hanno sempre un carattere misterioso, descrivono una relazione non chiaramente comprensibile. È il caso di Abramo e dei tre personaggi che gli fanno visita (Gen 18, 1-15); è il caso di Giacobbe che lotta durante la notte con un personaggio misterioso (Gen 32,23-33).

    Oltre al desiderio di conoscere il volto di Dio, nell’Antico Testamento emerge qua e là anche il desiderio di conoscere il suo nome: il nome, infatti, nella cultura semitica, rivela in qualche misura anche l’identità di colui che lo porta. L’episodio più celebre è quello di Mosè inviato da Dio a liberare il popolo dalla schiavitù del Faraone. Per poter riferire da chi ha ricevuto la sua missione, Mosè chiede a Dio il suo nome: Mosè disse a Dio: “Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: ‘Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi’. Mi diranno: ‘Qual è il suo nome?’. E io che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”. E aggiunse: “Così dirai agli Israeliti: ‘Io Sono mi ha mandato a voi’ . Dio disse ancora a Mosè: ‘Dirai agli Israeliti: ‘Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’ . Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione” (Es 3,13-15).

    Dio dice a Mosè tre nomi: il primo è “Io sono colui che sono”; il secondo “Io sono”; il terzo è “Signore, Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe”. È difficile da queste frasi capire l’identità di Dio. Dunque, il volto di Dio è inconoscibile, il nome di Dio “non è dicibile”, Egli non è perfettamente comprensibile.

    Nel Nuovo Testamento è decisiva l’espressione dell’evangelista Giovanni: “Dio, nessuno lo ha mai visto”, che ripeterà anche nella prima lettera: “Nessuno mai ha visto Dio” (1Gv 4,12). Nel prologo del suo Vangelo Giovanni afferma: ‘Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato’ (Gv 1,18). Il rivelatore di Dio, dunque, non può essere altri che Dio stesso: ‘il Figlio unigenito, che è Dio’, sottolinea l’evangelista.

  10. #10
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    E' il compendio...il riassunto...la sintesi perfetta, se vogliamo, di tutta quanta la Bibbia, il Prologo di Giovanni: Brava/o Doxa! Grazie.
    amate i vostri nemici

  11. #11
    Sovrana di Bellezza L'avatar di ReginaD'Autunno
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    Ma daiiii!! Dillo se vuoi buttarla in caciara, provocare apposta.
    Non ci credo che sguazzi nella cavolata di chi non è credente e non ha valori
    Non mi sembra di aver detto una cavolata, io credo fermamente che la religione e la fede appartengono a noi, alla nostra coscienza, e perchè no? Anche alla nostra personalità!
    Citazione Originariamente Scritto da axeUgene Visualizza Messaggio
    semmai, è il contrario, come da Kant:

    non ci può essere vera virtù in chi creda davvero di essere giudicato da un Onnipotente; sarebbe come l'onestà dell'impiegato della banca, che non si appropria dei valori perché sa di essere controllatissimo;

    che è il prodotto del luteranesimo e del servo arbitrio, fino alla predestinazione, ambiente in cui è cresciuto Kant;

    cioè, escludere che si possa "negoziare" con Dio la salvezza tramite le opere per imperativo ipotetico, condizionato, interessato; contrapposto a quello categorico, assoluto e incondizionato, ciò che si farebbe a prescindere da qualsiasi giudizio o in assenza di giudizio; e corrisponde al sentimento di fede luterano, per cui si opera il bene in gratitudine, per la salvezza già ricevuta con Cristo e la grazia della fede, ricevuta, senza alcun merito, come in Paolo;

    la nozione catto-popolare, quella cui crede la maggior parte dei fedeli mediterranei, al contrario, è ancora intrisa di paganesimo: se sarò obbediente, avrò in cambio, come per gli dei pagani, coi sacrifici, le formalità, ecc...
    Ognuno di noi crede in quello che vuole, basta essere coerenti con sè stessi e con gli altri. Il libero arbitrio è anche questo!
    Corteggiata da l'aure e dagli amori, siede sul trono de la siepe ombrosa, bella regina dè fioriti odori, in colorita maestà la rosa CLAUDIO ACHILLINI

  12. #12
    Opinionista L'avatar di Vega
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    Ma ora tu stai esprimendo un concetto diverso. Prima hai detto che chi non crede in un essere superiore non ha valori, questione diversa da credere che la religione e la fede siano connaturati all'uomo o facciano parte della personalità.
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  13. #13
    Opinionista L'avatar di axeUgene
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    Citazione Originariamente Scritto da ReginaAutunno Visualizza Messaggio
    Ognuno di noi crede in quello che vuole, basta essere coerenti con sè stessi e con gli altri. Il libero arbitrio è anche questo!
    d'accordo, messa così mi sta bene; tu avevi scritto questo:
    Citazione Originariamente Scritto da ReginaAutunno Visualizza Messaggio
    Tutti noi crediamo a qualcuno a noi Superiore e chi non lo fa, almeno secondo me, non ha regole nemmeno sulla vita reale.
    già dire che tutti crediamo, e poi ipotizzare qualcuno che si sottragga alla regola dei tutti, è quanto meno poco chiaro;

    sembravi dire che chi non creda in un Giudice delle proprie azioni sia necessariamente immorale o amorale, laddove logicamente dovrebbe essere proprio chi creda davvero a non essere libero, quindi non virtuoso, in ragione del timor di Dio; obbediente per paura, e non per libera convinzione.
    c'� del lardo in Garfagnana

  14. #14
    Sovrana di Bellezza L'avatar di ReginaD'Autunno
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    Avere fede non significa aver paura, ma avere un credo che può essere di qualsiasi natura basta che gli si creda veramente!
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  15. #15
    Opinionista L'avatar di crepuscolo
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    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio
    Il Dio dello scrittore israeliano Amos Oz, sorprendentemente disinteressato della dimensione religiosa, fa il paio con il tema de “la sconfitta di Dio” del teologo ed esegeta Sergio Quinzio o con la proposta di un “cristianesimo non religioso” del teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer.

    Il presunto esaurimento della funzione pubblica di Dio in Occidente, l’eclissi del sacro, la fine della religione, la secolarizzazione della società, l’oblio di Dio sono solo slogan ? Il Vangelo di Luca pone questo interrogativo: “…Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra ?” (18, 8).

    Troverà il Male e la sconfitta di Dio !

    Dal Vangelo di Marco: “Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: ‘Ecco, chiama Elia!’. Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: ‘Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce’. Ma Gesù, dando un forte grido, spirò” (15, 33 – 37)

    Gesù morente sulla croce invocò Dio o il profeta Elia ? "Gesù gridò a gran voce:
    “Eloì, Eloì, lemà sabactàni...”
    Alcuni dei presenti dicevano:
    “Ecco chiama Elia!"
    (Mc 15, 34-35)

    Sorprende questa confusione che si genera negli spettatori durante quel momento tragico della vita terrena di Gesù. Egli è là sulla croce mentre stanno scoccando gli ultimi istanti della sua esistenza terrena e sta per precipitare nei due abissi estremi, il silenzio di Dio che non risponde alle sue invocazioni e la morte, “Lanciando un forte urlo, spirò” (Mc 15,37). Le sue ultime parole sono un grido angosciato che l’evangelista ci riferisce nella lingua popolare di allora, l’aramaico. Ma quelle parole sono l’incipit del Salmo 22: “Eloì, Eloì, lemà sabactàni”, tradotto in greco: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. L’invocazione Eloì non è aramaica, come il resto della citazione, perché dovrebbe essere Elahî: forse Marco è stato trascinato dall’influsso dell’ebraico Elohîm, “Dio” ?

    Come hanno potuto però i presenti scambiare quelle parole gridate come un’implorazione al profeta Elia? Questo, oltre a essere considerato come il precursore redivivo del Messia (Matteo 17,10-13), secondo la tradizione giudaica era venerato come il protettore degli agonizzanti e delle persone in grave pericolo di vita. I presenti, udendo quel grido straziato di Gesù, potevano scambiare la prima parola(Eloì o Elahî o, in ebraico, Elì) come un’invocazione del profeta da parte di Gesù moribondo ?

    La fiducia di Gesù nel Padre è esplicitato dall’evangelista Luca che narra l’estrema invocazione di Cristo, anch’essa desunta dai Salmi: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46; cfr. Salmo 31,6).
    Infatti se Gesù non avesse vissuto la sua morte non sarebbe vero uomo.
    Tutti gli uomini assaporano la morte, e quindi anche lui l'ha provata.

    Per quanto riguarda le ultime parole c'è da considerare che Gesù era in agonia in croce e non credo che dopo ore di attesa le potessero uscire parole squillanti, forse strascicate; poi c'è da aggiungere che il dialetto della Galilea era riconosciuto ma non perfettamente compreso dagli abitanti di Gerusalemme.
    Infine c'è da dire che Marco o chi per lui non ha fatto altro che riportare su Gesù le tradizioni in suo possesso, legarle nel tempo e nello spazio forse è stato difficile.

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