Il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche 1844 – 1900) nel suo saggio titolato “Così parlò Zarathustra”, scrisse: “La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo…” (prologo, 4). Altra versione: “Ciò che è grande nell’uomo, è l’essere egli un ponte e non già una meta…”

Ma l’individualismo della società urbano-industriale ci ha spinti a rinchiudersi sempre di più nella nostra bolla psicologica, senza rafforzare quella capacità di introspezione, utile a comprendere noi stessi e gli altri. Dal face to face si è passati allo screen to screen.

La comunicazione on line, la massiccia presenza di telefonia mobile interferisce nella formazione delle relazioni umane.

La conversazione necessita di tempi e spazi, che siamo sempre meno disposti a concedere.

I telefoni cellulari inibiscono lo sviluppo della vicinanza e della fiducia, riducono l’estensione entro cui gli individui provano empatia e comprensione verso gli altri.
“Condivido dunque sono”, questo sembra essere il nuovo slogan, ma basta ? Condividere significa con-vivere ? Per convivere occorre avere un orizzonte comune, dialogare, costruire legami e amicizie durature. I legami tra le persone che stanno alla base di ogni comunità, si fondano sullo scambio e sulla fiducia reciproca ed entrambi hanno bisogno di parole e sentimenti condivisi. Quando tali legami si sfilacciano, si erodono, allora si cerca la chiusura, ci si rifugia nell’identità, si comincia ad escludere gli “altri”.

Quando ai ponti si sostituiscono i muri e le porte chiuse la comunità muore.