Lo scrittore Piero Chiara nel giorno del suo compleanno amava far ritorno a Luino, il luogo dove era nato, sulla riva sinistra del Lago Maggiore, per rinnovare le emozioni, i ricordi, per incontrare gli amici, sempre meno col passare degli anni.
Ai pochi compagni viventi lo scrittore confidava la sua sensazione di solitudine che provava e il sentimento di tristezza. Diceva che anche la sua vita cominciava a diventare troppo lunga, come quelle gallerie che sembrano non finire. A volte paragonava la sua esistenza a un viale alberato in fondo al quale, fra le brume, vedeva la casa dov'era nato.

Anch’io, come Piero Chiara, nel giorno del mio compleanno ritorno nel luogo natio, nella secolare dimora su una collina davanti al Mare Adriatico. L'edificio ha il prospetto dalla parte del golfo, invece la parte retrostante scruta le cime del massiccio della Maiella.
E’ la casa avita. Ogni volta sembra accogliermi con un abbraccio affettuoso, consolatore.

Il bel portale d’ingresso immette nell'androne, che ha sul fondo un ornato cancello in ferro, dietro il quale c'è il giardino con una fontana ed alcune statue.
Dall'atrio, l'elecoidale scalone in marmo rosso conduce al piano superiore, dove ci sono le stanze che mostrano i segni del tempo che passa. Ogni camera ha un pavimento diverso per tonalità e con i disegni tipici delle ceramiche prodotte a Vietri sul Mare, gradite da mio nonno.

Nello studio-biblioteca lo scorrere del tempo sembra lieve, come il velo di polvere che si posa sugli specchi, sui mobili, sui libri che hanno conosciuto varie generazioni della mia famiglia.

Dietro la porta d’ingresso nella camera da letto dei miei genitori ci sono ancòra delle piccole incisioni quasi impercettibili. Vennero tracciate da mia madre per indicare periodicamente la mia crescita in altezza.

Invece nel salotto i segni del tempo sono sui bordi lisi delle vecchie poltrone in pelle, collocate davanti al decorato caminetto marmoreo.
Gli sbiaditi cuscini sul divano furono ricamati da una mia zia. Nei giorni d’estate si sedeva vicino la finestra che permette di vedere la baia, godere della brezza marina pomeridiana e carpire la luce solare che le serviva per vedere meglio mentre con ago e filo seguiva il disegno sul tessuto incastrato nel telaio.



Quando ero adolescente alcune sere d’estate anziché andare a dormire mi sedevo sul davanzale della finestra nella mia stanza, pensavo a lei… e trascorrevo molto tempo ad osservare le lampare che solcavano le onde, contemplavo le notti stellate e la rada inargentata dalla luce lunare.

Nel silenzio della notte mi piaceva ascoltare i rintocchi delle piccole campane che dal campanile dell’antica chiesa indicano il passare delle ore tramite un orologio-programmatore elettronico, che permette di azionare il battaglio all’interno dei “bronzi”.

Spesso rimanevo sveglio fino all'aurora per ammirare il sorgere del sole, che sembra alzarsi dall'Adriatico, e le isole Tremiti.

E poi il giorno. Osservavo la gente sulla spiaggia, guardavo le barche da pesca con le vele colorate ed il volo dei gabbiani.

Reminescenze..., pensieri che volano nel luogo dei ricordi, nel paesaggio dell’anima.