le parole hanno un loro senso, che eccede quello cosciente e razionale;
non è un caso chiamare un sentimento "investimento";
e non è questione di lana caprina, perché effettivamente poi le persone che vivono una rottura il più delle volte si sentono defraudate di un diritto che credevano di aver conseguito in virtù di quello che si sono rappresentate come "sentimento" - con un connotato altruista, oblativo - quando era la ricerca di una gratificazione personale; non è un processo cosciente, non pienamente, almeno; non assimilabile ad un economicismo razionale, utilitarista, come scrivi;
è proprio quella cosa - ora te la metto sul piano estremo e rozzo, per semplificare - per cui, inconsapevolmente, la persona insicura - mediamente, la maggioranza, nel senso che per una gran parte delle vite di ognuno e delle opportunità di relazione si vive quella condizione - compie questa valutazione:
si sceglie un partner che, a sua volta, manifesta insicurezza e perciò appare come più controllabile, dipendente;
solo che la stessa condizione di coppia cambia l'assunto di partenza; con la stabilità , certe insicurezze - e anche le curiosità , le passioni - vengono meno e la personalità elabora l'identità autentica, liberata da quella tara, e facilmente la ragione del patto viene meno; ci si scopre più appagati, e quindi più attraenti, ci si contenta meno, si fanno raffronti e fantasie sulla base del nuovo sé che si è - eventualmente, non necessariamente - liberato;
le coppie, pure relativamente funzionali, scoppiano per questo motivo, soprattutto se i due non hanno un solido pregresso di esperienze formative a sostegno di quelle sicurezze identitarie.