Mi piacerebbe che postassimo qui le pagine letterarie che ci descrivono un luogo, una città.


Comincio io.

Umberto Saba

Trieste

Dalla raccolta “Trieste e una donna” (1910-12)

"Ho attraversato tutta la città.
Poi ho salita un'erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.



Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,

è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.

La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva."



Analisi
Saba canta Trieste proprio in quanto tale, e non solo come città natale. Nella prima strofa Saba descrive la strada in salita che conduce alla collina affollata, vivace, rumorosa all’inizio e sempre più solitaria alla fine. Sbocca in un piccolo spazio chiuso da un muricciolo, “un cantuccio” che segna il confine della città e lì il poeta siede solo ma non diviso dal mondo che ama. Un mondo paragonato a “un ragazzaccio aspro e vorace”: Trieste diventa un personaggio vivo e autonomo. Il ragazzo possiede una grazia innata, una bellezza spontanea e naturale; i suoi occhi azzurrini, che riflettono il colore del mare di Trieste, evocano tenerezza. Le sue mani sono grandi per un gesto gentile ma dietro questa apparenza si nasconde una grande dolcezza. Questo contrasto viene identificato dal poeta come un amore tormentato dalla gelosia. Dall’alto dell’erta che gli consente di guardare e di abbracciare tutta la sua città, gli pare che “ogni chiesa, ogni via”, “l’ingombra spiaggia” e “la collina”, siano tutti suoi e vivano in lui, avvolti nell’ “aria natia”. Dal suo posto il poeta osserva la vita intorno senza farne parte, ma senza neppure sentirsi estraniato. Sa di poter trovare nella città uno spazio adatto alla sua vita “pensosa e schiva”.

La poesia tende a serrarsi nell' "idillio" del "cantuccio" solitario da cui il poeta contempla la città, metaforizzata nel ragazzaccio aspro e vorace; al suo interno però il componimento contiene un movimento di fuga, che spinge il protagonista ai margini della città : Ho attraversata, ho salita, dove esso termina/termini la città, da quest'erta, una casa /l'ultima. Ne deriva una strategia contraddittoria e un tentativo di bilanciare la fuga in una chiusura circolare, che peraltro non riesce a nascondere il persistere di una profonda tensione : un'aria strana, un'aria tormentosa/l'aria natia.Per Saba Trieste è oggetto di attrazione e repulsione.Il movimento rappresentato nella sua poesia è un movimento di fuga, che libera dall'ossessione della città e consente di osservarla a distanza di sicurezza, magari con nostalgia.Se di specchio si tratta, Trieste è lo specchio di un sentimento contraddittorio.



STILE E FIGURE

Strofe irregolari di endecasillabi, settenari e quinari. Alcune rime baciate;
sono presenti enjambements: "solo/siedo" con alliterazioni; "termina/termini" con poliptoto;"amore/con gelosia" con un ossimoro;"è come un ragazzaccio aspro (similtudine).