Originariamente Scritto da
King Kong
Il mio barbiere si chiama Idris, ha la pelle scura, credo sia Afgano o Bengalese, ma quando glie l’ho chiesto mi ha mostrato un passaporto inglese e orgoglioso mi ha detto: “I’m very british!”
Ha ricavato il suo negozio in un vecchio ripostiglio del carbone, poco più di un garage. Il negozio è coloratissimo, ha le pareti tappezzate con foto di attori e attrici di Bollywood e dall’angolo una radio sempre accesa trasmette musica orientale ad altissimo volume con la stessa melodia di una sega circolare vecchio modello.
Qualche giorno fa mi ha raccontato (urlato) la seguente storiella:
“Un giorno su un gruppo di isole nell’oceano arrivarono le navi da guerra. La popolazione non conosceva né le armi né la guerra e, resasi conto della calamità, costruì in fretta numerose imbarcazioni con le quali attraversare l’oceano fino alla terra ferma. I profughi si stabilirono lì e iniziarono a costruire febbrilmente le condizioni per sopravvivere. Gli anziani insistettero però perché i giovani imparassero l’arte di costruire imbarcazioni poiché un giorno, dicevano, il nemico se ne sarebbe andato e loro avrebbero potuto fare ritorno a casa. Così, per molte generazioni, una parte della popolazione si occupava di agricoltura, allevamento, artigianato e una parte continuava a imparare l’arte di costruire imbarcazioni benché nessuno ne avesse bisogno. Passarono gli anni, i costruttori di navi erano sempre meno e, per sbarcare il lunario, qualcuno iniziò a vendere i canapi che aveva imparato a intrecciare con pazienza; i maestri d’ascia si prestavano a costruire le case; i tessitori vendevano la stoffa per le vele sul mercato e così via. Molti avevano dimenticato le ragioni dell’esistenza di questa arte e ne erano nate numerose e accese discussioni. Alcuni la consideravano una superstizione, altri giudicavano la raccolta delle pergamene degli antichi come un insieme disordinato di leggende, altri ancora speculavano sul fatto se, al di là delle apparenze, tutto questo non avesse un significato nascosto e profondo. Nacquero diverse società navali, a volte in aperto conflitto fra di loro e ognuna di queste rivendicava di conoscere la vera ragione di questa tradizione, benché ognuna avesse adottato nel tempo caratteristiche autonome”.
“Che disdetta, ho fatto presente a Idris, ora nessuno sarà più in grado di costruire navi nel momento in cui il nemico se ne sarà andato dalle isole”.
Idris ha risposto con una delle sue risate cavalline.
“No, amico mio, ti sbagli”
“Ma come, se hai detto che tutti sono occupati a litigare fra di loro, a guadagnare soldi con elementi secondari dell’arte, hanno perso il senso di tutto questo”.
“Certo amico mio, a prima vista è così”.
“E invece come sarebbe?” gli ho chiesto incuriosito.
“Ognuno continua a conservare a modo suo una parte della tradizione, si continua a lavorare d’ascia, di telaio, si fonde il bitume e ognuna di queste arti è stata perfezionata, anche se indipendentemente l’una dall’altra. Ma quando arriverà il giorno, basta che uno solo degli anziani che conservano le pergamene ricordi ancora lo scopo iniziale per rivelare l’arcano, riunire le forze e dirigere la costruzione di navi ancora migliori delle prime e, chi vorrà, potrà intraprendere sicuro il viaggio di ritorno”.
Ecco, questo è Idris, il mio barbiere afgano, o bengalese, very british che ha affittato per pochi soldi il vecchio ripostiglio del carbone.