E poi ci siamo addormentati, Orsetta, e a mattino inoltrato continuavi a dormire e solo a me è stato concesso di vedere la ' fine della notte nell'area di sosta, il sole radente che trasformava la capote di Fafner in una cupola arancione, scivolava fra le tendine laterali per infilarsi nel letto insieme a noi, per iniziare a giocare con i tuoi capelli, con il tuo seno, le tue ciglia che sembrano sempre di piú, sembrano sempre molte di piú quando dormi.

Anch'io ho giocato a quest'ultimo gioco prima delle arance e del caffè e dell'acqua fresca, un gioco che viene dall'infanzia e che è nascondersi sotto le lenzuola, scomparire in quelle acque dall'aria spessa e poi, di schiena, piegare a poco a poco le gambe sollevando le lenzuola con le ginocchia per fare una tenda, e dentro la tenda stabilire il regno e giocare li pensando che il mondo sia soltanto quello, che fuori dalla tenda non ci sia niente, che il regno sia solamente il regno e che si sta bene nel regno e non c'è bisogno d'altro. Dormivi dandomi la schiena, ma quando dico che mi davi la schiena sto dicendo molto piú di un semplice modo di dire, perché la tua schiena si bagnava nel luccichio di acquario nato dal sole che si infiltrava nel lenzuolo diventato cupola traslucida, un lenzuolo di fini raggi verdi, gialli, blu e rossi che finivano in un pulviscolo di luce, oro fluttuante in cui il tuo corpo incideva il suo oro piú scuro, bronzo e mercurio, zone d'ombra blu, pozzè e valli.

Mai ti avevo desiderato tanto, mai la luce aveva indugiato tanto sulla tua pelle. Eri Lilith, eri Afrodite, dalla notte dell'area di sosta rinascevi al sole come i mormorii esterni che aumentavano, i motori che ruggivano uno dietro l'altro, il rumore dell'autostrada che aumentava con il flusso riavviato dopo il sonno da ogni area di sosta. Ti ho guardata tanto, sapendo che ti saresti svegliata spaesata e stupita come sempre, che non avresti capito niente, né la tenda segreta né il mio modo di guardarti, e che insieme avremmo iniziato come sempre il nuovo giorno, sorridendoci e « succo d'arancia! », guardandoci e « caffè, caffè, montagne di caffè! »







Da " Gli autonauti della cosmostrada - ovvero un viaggio atemporale Parigi-Marsiglia" Cortàzar/ Dunlop