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Risultati da 226 a 240 di 635

Discussione: Piccoli paragrafi di libri amati...

  1. #226
    Astensionista L'avatar di nahui
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    in una nuvola di smog
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    La notte del lupo - Sebastiano Vassalli.

    [COLOR="Red"]Giuda di Queriot si alz
    Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non potere credere a nessuno.
    (George Bernard Shaw)

  2. #227
    Silent war L'avatar di Hydra
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    Nell'amara litania delle solite cose.
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    Capisco COME, ma non capisco PERCHE'.

    Si chiese, come aveva fatto parecchie volte in passato , se per caso non fosse pazzo. Forse, a ben pensarci, un pazzo non era che una minoranza formata da una sola persona. Un tempo era segno di follia credere che la terra girasse intorno al sole, oggi lo era ritenere che il passato fosse immutabile. Poteva darsi che lui fosse il solo ad avere una simile convinzione, ed essendo il solo doveva per forza di cose essere pazzo. Tuttavia non lo disturbava granchè il pensiero di essere pazzo: più orribile ancora era la possibilità che non lo fosse.
    Prese il libro di storia per bambini e guardò il ritratto del Grande Fratello che campeggiava sul frontespizio. I suoi occhi lo fissarono, ipnotici. Era come se una qualche forza immensa vi schiacciasse, qualcosa che vi penetrava nel cranio e vi martellava il cervello, inculcandovi la paura di avere opinioni personali e quasi persuadendovi a negare l'evidenza di quanto vi trasmettevano i sensi. Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci. Era inevitabile che prima o poi succedesse, era nella logica stessa delle premesse su cui si basava il Partito. La visione del mondo che lo informava negava, tacitamente, non solo la validità dell'esperienza, ma l'esistenza stessa della realtà esterna. Il senso comune costituiva l'eresia delle eresie. Ma la cosa terribile non era tanto il fatto che vi avrebbero uccisi se l'aveste pensata diversamente, ma che potevano aver ragione loro. In fin dei conti, come facciamo a sapere se due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile? Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?



    1984 - George Orwell

  3. #228
    Scelyna ๑ L'avatar di Lilith9
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    Da Tigri blu, contenuto in Ultimi racconti, appendice al Libro di sabbia, di Jorge Luis Borges.
    Assoluto.

    Tornai a Lahore. In tasca avevo il pugno di dischetti.L'ambiente familiare dei miei libri non mi portò il conforto che cercavo.
    Sentivo che sulla terra continuavano a esistere l'odiato villaggio e la giungla e l'intricata pendice con in cima il pianoro,e sul pianoro le piccole crepe e nelle crepe le pietre.
    I miei sogni confondevano e moltiplicavano quelle cose disparate. Il villaggio era le pietre, la
    giungla era la palude e la palude era la giungla.
    Evitai la compagnia dei miei amici. Temevo di cedere alla tentazione di mostrare quell'atroce miracolo che minava la scienza degli uomini.
    Tentai diversi esperimenti. Feci un'incisione a forma di croce su uno dei dischetti. Lo mescolai agli
    altri e nel giro di una o due conversioni lo persi, malgrado il numero delle pietre fosse aumentato.
    Feci una prova analoga con un dischetto a cui avevo tolto, con una lima, un arco di cerchio. Anche questo scomparve. Con un punzone aprii un orifizio al centro di un dischetto e ripetei la prova.Sparì per sempre. Il giorno successivo tornò dal suo viaggio nel nulla il dischetto con la croce. Quale misterioso spazio assorbiva le pietre per poi col tempo restituire questa o quella, obbedendo a leggi imperscrutabili o a un arbitrio inumano?
    Lo stesso ardente desiderio di ordine che al principio creò la matematica mi fece cercare un ordine
    in quell'aberrazione della matematica che sono le assurde pietre che si riproducono. Volli trovare una legge nelle loro imprevedibili variazioni. Consacrai i giorni e le notti a fissare una statistica dei cambiamenti.
    Di quel periodo conservo ancora alcuni quaderni, riempiti invano di cifre.Procedevo così. Contavo i
    pezzi con gli occhi e ne annotavo il numero.Poi ti prendevo in mano, un po' nella destra e un po' nella sinistra,e li gettavo sul tavolo.Contavo i due mucchietti, annotavo le cifre e ripetevo l'operazione.
    Fu inutile cercare un ordine, un disegno segreto nelle rotazioni.Il massimo di pezzi che ottenni fu quattrocentodiciannove; il minimo, tre.Ci fu un momento in cui sperai,o temetti, che scomparissero.Dopo un po' che provavo, mi resi conto che un dischetto isolato dagli altri non poteva riprodursi o sparire.
    Naturalmente le quattro operazioni,sommare,sottrarre,moltiplicare e dividere, erano impossibili.
    Le pietre rifiutavano l'aritmetica e il calcolo delle probabilità. Quaranta dischetti, divisi, potevano diventare nove;i nove,a loro volta divisi, potevano arrivare a trecento.Non so quanto pesassero.Non feci mai ricorso a una bilancia, ma sono certo che il loro peso era costante e leggero.Il colore era sempre quel blu.
    Queste operazioni mi aiutarono a salvarmi dalla follia. Mentre maneggiavo le pietre che distruggono la scienza della matematica, pensai pi&#249; volte a quelle pietre del greco che furono le prime cifre e che hanno legato a tante lingue la parola <<calcolo>>. La matematica, mi dissi, ha la sua origine e ora la sua fine nelle pietre.
    Se Pitagora avesse operato con queste...
    Dopo un mese capii che il caos era inestricabile.I dischetti erano ancora l&#236;,indomiti, e anche la continua tentazione di toccari, di sentirne il solletico,di lanciarli, di vederli aumentare o diminuire, e di controllare se erano diventati pari o dispari. Arrivai a temere che contaminassero le altre cose e in particolare le dita che non smettevano di maneggiarli.Per qualche giorno mi imposi l'intimo dovere di pensare continuamente alle pietre, perch&#233; sapevo che l'oblio poteva essere solo momentaneo e che riscoprire il mio tormento sarebbe stato intollerabile.La notte del 10 febbraio non dormii. Dopo una camminata che mi port&#242; in giro fino all'alba,varcai le porte della moschea di Wazil Khan. Era l'ora in cui la luce non ha ancora rivelato i colori. Non c'era anima viva nel cortile. Senza sapere perch&#233;, affondai le mani nell'acqua della cisterna. Una volta dentro il tempio, pensai che Dio e Allah sono due nomi di un solo Essere inconcepibile e gli chiesi a voce alta di liberarmi dal mio fardello. Immobile, attesi una risposta.
    Non sentii i passi, ma una voce accanto a me disse:
    <<Sono venuto>>.
    Al mio fianco c'era il mendicante. Nella penombra distinsi il turbante, gli occhi spenti, la pelle olivastra e la barba grigia. Non era molto alto.
    Mi tese la mano e mi disse, sempre a bassa voce:
    <<Un'elemosina, Protettore dei Poveri>>.
    Mi frugai nelle tasche e poi risposi:
    <<Non ho neppure una moneta>>.
    <<Ne hai molte>> fu la risposta.
    Nella tasca destra avevo le pietre. Ne presi una e la lasciai cadere nella mano vuota. Non si sent&#236; il minimo rumore.
    <<Devi darmele tutte>> ribad&#236;. <<Chi non ha dato tutto non ha dato nulla>>.
    Allora compresi e dissi:
    <<Devi sapere che la mia elemosina pu&#242; essere spaventosa>>.
    Mi rispose:
    <<Forse &#232; la sola elemosina che posso ricevere. Ho peccato>>.
    Lasciai cadere tutte le pietre in quella mano a coppa. Caddero come in fondo al mare, senza il minimo rumore.
    Poi mi disse:
    <<Non so ancora qual &#232; la tua elemosina, ma la mia &#232; spaventosa. Ti restano i giorni e le notti, il senno, le abitudini,il mondo>>.
    Non sentii i passi del mendicante cieco, n&#233; lo vidi perdersi nell'alba.
    Ultima modifica di Lilith9; 28-05-2010 alle 11:31

    ~ Behind every kiss: A potential Judas ~

  4. #229
    Da 'Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero' di Vasco Brondi

    Sotto la maglietta ti eri slacciata il reggiseno perch&#232; ti sembrava di respirare male. In questa repubblica democratica fondata sul lavoro, quindi infondata. I testa coda della polizia italiana, come fossimo a Montecarlo. Invece le pareti poco rassicuranti di camera mia e i calci nei vetri. Le portiere sbattute che ti rompono le dita per sempre. Sarebbe bello ricordarsi anche di chi non ci lascia vistose cicatrici. E poi i fiori di bach e la fiamma ossidrica sotto la carta stagnola. la carte igienica &#232; finita e il peggiore bagno del nordest si allaga. Per domani punto una sveglia feroce (e lontana pi&#249; di tre metri da me) alle nove, e la voce metallica della stazione di Monselice alle 11.03 si metter&#224; a ridere. Ti eri slacciata anche i pantaloni perch&#232; ti sembrava di respirare male. E se fossi Battiato ti proteggerei dalla paranoia e dall'ipocondria, e dai miei sbalzi d'umore. E dalle lune distorte e dalle lune conquistate, con le bandiere a stelle e strisce ancora piantate. Nessuno ci costruir&#224; la sua casa sopra. Si &#232; ammazzato ieri, e quando me l'hanno detto me l'hanno detto in dialetto, per ammortizzare. In italiano gli ho detto Cazzo dici. Poi domani torno subito che alle sei c'&#232; il soundcheck. Prendo cinquanta euro. Nei tuoi occhi annegheremo, e la digos ci far&#224; un servizio fotografico
    [I]Aveva questo modo di proteggere i suoi sentimenti sotto strati di cinismo e ironia: a volte ci riusciva cos

  5. #230
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    I am not poore, I am not rich; nihil est, nihil deest, I have little, I want nothing: all my treasure is in Minerva's tower. Greater preferment as I could never get, so am I not in debt for it, I have a competency (Laus Deo) from my noble and munificent Patrons, thought I live still a Collegiat student, as Democritus in his garden, and lead a monastique life, ipse mihi theatrum, sequestred from those tumults and troubles of the world, Et tanquam in specula politus (as he said) I heard what is done abroad, how others run, ride, turmoile, and macerate themselves in court and countrey, far from those wrangling law suits, aulae vanitatem, fori ambitionem ridere mecum soleo: I laugh at all, only secure, lest my suit go amisse, my ships perish, corn & cattle miscarry, trade decay, I have no wife nor children, good or bad to provide for. A meere spectator of other mens fortunes and adventures, and how they act their parts, which me thinks are diversly presented unto me, how they as from a common theatre or scene.

    Robert Burton, The Anatomy of Melancholy

  6. #231
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    [...] Nella stanza turchina stava il principe, attorniato da un gruppo di cortigiani
    pallidi. A tutta prima, non appena egli ebbe parlato, questo gruppo ebbe un
    lieve moto irrompente in direzione dell'intruso, il quale in quell'attimo si
    trovava pure vicino e ora con passo solenne e deciso si approssimava ancor piu'
    al principe. Ma per un misterioso innominato terrore che l'aspetto pauroso
    della maschera aveva ispirato a tutti i presenti, nessuno oso' stendere una
    mano per afferrarla, cosicche' lo sconosciuto pote' passare a un metro di
    distanza dalla persona del principe senza che alcuno lo trattenesse, e mentre
    la folla, come colta da un unico subitaneo impulso, si ritraeva dal centro
    delle stanze verso le pareti, egli prosegui' indisturbato nel proprio cammino,
    ma sempre con quel passo maestoso e misurato che lo aveva distinto sin dal
    primo momento, attraverso la stanza turchina a quella purpurea, dalla stanza
    purpurea alla verde, dalla stanza verde alla stanza arancione, e poi alla
    bianca, e da questa si spinse persino nella stanza violetta, prima che venisse
    fatto un movimento risoluto per fermarlo. Fu allora pero' che il principe
    Prospero, accecato di collera e vergognoso per la propria momentanea codardia,
    si butto' precipitosamente attraverso le sei stanze, non seguito da alcuno,
    causa il terrore mortale che aveva raggelato tutti quanti i presenti. Impugnava
    alta sul capo una spada sguainata, e si era avvicinato, rapido, impetuoso, a
    pochissimi passi dalla figura, retrocedente, quando questa, giunta
    all'estremita' della stanza di velluto, si volse bruscamente e affronto' il
    proprio inseguitore. Si intese un grido lacerante, e la spada si abbatte' in
    uno sfavillio sul nero del tappeto, sopra il quale, un attimo dopo, cadde
    prostrato nella morte il principe Prospero. Allora, raccogliendo in se' il
    folle coraggio della disperazione, un gruppo di baldorianti si precipito' nella
    stanza nera e afferro' il travestito, la cui alta figura stava eretta e
    immobile entro l'ombra della pendola d'ebano, ma un gemito di indicibile orrore
    usci' dai loro petti quando essi si accorsero che le vesti funerarie e la
    maschera cadaverica che avevano strette con tanta violenta rudezza non
    contenevano alcuna forma tangibile.

    E allora tutti compresero e riconobbero la presenza della "morte rossa" giunta
    come un ladro nella notte, e a uno a uno i gaudenti giacquero nelle sale
    irrorate di sangue delle loro gozzoviglie, e ciascuno mori' nell'atteggiamento
    disperato in cui era caduto. E la vita della pendola d'ebano si estinse con
    quella dell'ultimo dei baldorianti. E le fiamme dei tripodi si spensero. E
    l'Oscurita', la Decomposizione e la Morte rossa regnarono indisturbate su
    tutto.


    E. Allan Poe, La maschera della morte rossa
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  7. #232
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    [I]A Margherita Nicolaevna non mancava il denaro. Aveva mezzi per comprare tutto quello che desiderava. Fra i conoscenti del marito le capitava di incontrare anche persone interessanti. Non aveva mai toccato un fornello. Non conosceva gli orrori della coabitazione. Insomma…era felice? Neanche per un minuto lo era. Dacch
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  8. #233
    Opinionista
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    Scias, Machomete, quod Azirat est pons quidam quem Deus fecit ad probandum illos qui bene credunt in legem tuam et similiter qui non credunt. Pons autem iste in alto sopra infernum situs existens magis subtilis est quam ullus capillus capitis et quam omnis ensis accumen eciam plus accutus. Nam ex utraque parte totus plenus est tenalliis atque unchis et aliis instrumentis ferreis ad perforandum aptis, que omnia longiora sunt magnis lanceis et ita eciam ad incidendum acuta quod a nemine dici possit.
    Liber Scale Machometti

    Et li ponz qui est an travers
    estoit de toz autres divers;
    qu'ainz tex ne fu ne ja mes n'iert.
    Einz ne fu, qui voir m'an requiert,
    si max pons ne si male planche:
    d'une espee forbie et blanche
    estoit li ponz sor l'eve froide;
    mes l'espee estoit forz et roide,
    et avoit deus lances de lonc.

    Chr&#233;tien de Troyes, Le chevalier de la charrete

    Se per la porta stretta vuoi entrare
    e nell'opera regolarti bene,
    il cappello dovrai sempre portare:
    solo con quello si va e si viene.

    Cantilena, sec. XIV

  9. #234
    Opinionista L'avatar di Rudra
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    Da "la persuasione e la rettorica" di Carlo Michelstaedter

    "So che voglio e non ho cosa io voglia. Un peso pende da un gancio, e per pender soffre che non pu&#242; scendere: non pu&#242; uscire dal gancio, poich&#232; quant'&#232; peso pende e quanto pende dipende.
    Lo vogliamo soddisfare: lo liberiamo dalla sua dipendenza; lo lasciamo andare, che sazi la sua fame del pi&#249; basso, e scenda indipendetemente fino a che sia contento di scendere.
    Ma in nessun punto raggiunto fermarsi lo accontenta e vuol pur scendere, ch&#232; il prossimo punto supera in bassezza quello che esso ogni volta tenga.
    E nessuno dei punti futuri sar&#224; tale da accontentarlo, ch&#232; necessario sar&#224; alla sua vita, fintanto che lo aspetti pi&#249; basso; ma ogni volta fatto presente, ogni punto gli sar&#224; fatto vuoto d'ogni attrattiva non pi&#249; essendo pi&#249; basso; cos&#236; che in ogni punto esso manca dei punti pi&#249; bassi e vieppi&#249; questi lo attraggono: sempre lo tiene un'ugual fame del pi&#249; basso, e infinita gli resta pur sempre la volont&#224; di scendere.
    Che se in un punto gli fosse finita e in un punto potesse possedere l'infinito scendere dell'infinito futuro, in quel punto esso non sarebbe pi&#249; quello che &#232;: un peso.
    La sua vita &#232; questa mancanza della sua vita.
    Quando esso non mancasse pi&#249; di niente - ma fosse finito, perfetto: possedesse se stesso, esso avrebbe finito d'esistere. Il peso &#232; a se stesso impedimento a posseder la sua vita e non dipende pi&#249; da altro che da se stesso in ci&#242; che non gli &#232; dato soddisfarsi. Il peso non pu&#242; mai esser persuaso".

  10. #235
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    I quadri, o meglio non i quadri, bens
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  11. #236
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    Alla vigilia delle vacanze estive del 1981 l'aviazione israeliana ha bombardato un edificio in cui vivevano dei palestinesi. Lo spostamento d'aria ha mandato in frantumi i vetri della nostra classe. Eravamo fuggiti tutti, tranne Nayla che, soggiogata dallo spettacolo, non si
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  12. #237
    Opinionista L'avatar di Falesia
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    [COLOR="DarkOrchid"][SIZE="2"][FONT="Century Gothic"]Nelle terre di Carewall, non smetterebbero mai di raccontare questa storia. Se solo la conoscessero. Non smetterebbero mai. Ognuno a modo suo, ma tutti continuerebbero a raccontare di quei due e di un
    Ed occhi come il mare nel momento del piacere..

  13. #238
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    [I]Il disertore sta appoggiato al parapetto a gambe larghe, d
    un po' di possibile, sennò soffoco.
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  14. #239
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    [...]L'unico a non mostrarsi sorpreso fu proprio l'uomo che era venuto a chiedere una barca. Aveva calcolato costui, e aveva colto nel segno, che il re, seppure avesse tardato tre giorni, avrebbe dovuto sentirsi curioso di vedere la faccia di chi, senza batter ciglio, e con notevole audacia, l'aveva fatto chiamare. Incerto, dunque, fra la curiosit
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  15. #240
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    [I]"Danzano con tanto languore, le donne di Siria! Ho conosciuto un'ebrea di Gerusalemme che in una bettola, nell'avara luce di una lucerna fumosa, su un logoro tappeto, danzava levando le braccia e agitandole a far suonare i cimbali. Le reni inarcate, la testa rovesciata e come tirata dal peso della sua folta chioma rossa, gli occhi annegati di volutt

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