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Discussione: Piccoli paragrafi di libri amati...

  1. #376
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Entr� non visto il gran Priamo, e standogli accanto
    strinse fra le sue mani i ginocchi d'Achille, baci� quella mano
    tremenda, omicida, che molti figliuoli gli uccise.
    Come quando grave colpa ha travolto un uomo,
    che, ucciso in patria qualcuno, fugge in altro paese,
    in casa d'un ricco, stupore afferra i presenti;
    cos� Achille stup�, vedendo Priamo simile ai numi,
    e anche gli altri stupirono e si guardarono in faccia.
    Ma Priamo prendendo a pregare gli disse parola:
    "Pensa al tuo padre, Achille pari agli dei,
    coetaneo mio, come me sulla soglia tetra della vecchiaia,
    e lo tormentano forse i vicini, standogli intorno,
    perch� non c'� nessuno che il danno e il male allontani...
    Ma io sono infelice del tutto, che generai forti figli
    nell'ampia Troia, e non me ne resta nessuno...
    ma Ares furente ha sciolto i ginocchi di molti,
    e quello che solo restava, che proteggeva la rocca e la gente,
    tu ieri l'hai ucciso, mentre per la sua patria lottava,
    Ettore... Per lui vengo ora alle navi dei Danai,
    per riscattarlo da te, ti porto doni infiniti.
    Achille, rispetta i numi, abbi piet� di me
    pensando al padre tuo: ma io son pi� misero,
    ho patito quanto nessun altro mortale,
    portare alla bocca la mano dell'uomo che ha ucciso i miei figli!�
    Disse cos�, e gli fece nascere brama di piangere il padre:
    allora gli prese la mano e scost� piano il vecchio:
    entrambi pensavano e uno piangeva Ettore massacratore
    a lungo, rannicchiandosi ai piedi di Achille,
    ma Achille piangeva il padre, e ogni tanto
    anche Patroclo; s'alzava per la dimora quel pianto.� v. 512 ILIADE CAP. 24
    amate i vostri nemici

  2. #377
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Luned� 9 aprile, giorno nel quale il Carmelo celebrava la festa dell'Annunciazione, rimandata a causa della quaresima, fu scelto come data del mio ingresso. La sera avanti tutta la famiglia era riunita intorno alla tavola alla quale io sedevo per l'ultima volta. Ah, come sono lancinanti quelle riunioni intime! Quando si vorrebbe vedersi dimenticate, ci vengono prodigate le carezze, le parole pi� tenere, che ci fanno sentire il sacrificio della separazione. Pap� non diceva quasi nulla, ma il suo sguardo si fissava su me con amore. La zia piangeva di quando in quando, e lo zio mi usava mille premure affettuose. Giovanna e Maria erano altrettanto piene d� riguardi per me, soprattutto Maria la quale, prendendomi in disparte, mi chiese perdono dei dispiaceri che credeva di avermi dati. E infine la mia cara Leonia, tornata a casa da qualche mese dalla Visitazione, mi colmava pi� ancora di baci e di carezze. Soltanto di Celina non ho parlato, ma lei intuisce, Madre mia cara, in quale modo trascorse l'ultima notte che abbiamo passata insieme...

    192 - La mattina del gran giorno, dopo aver dato un ultimo sguardo ai Buissonnets, nido grazioso della mia infanzia che non avrei rivisto mai pi�, partii al braccio del mio caro Re per salire la montagna del Carmelo... Come la vigilia, tutta la famiglia si trov� riunita per ascoltare la santa Messa e ricevere la Comunione. Appena Ges� discese nel cuore dei miei cari, intorno a me non intesi altro che singhiozzi, io sola non piansi, ma il cuore mi batteva con tanta violenza che mi parve impossibile fare un passo quando ci accennarono di avviarci verso la porta conventuale; mi mossi, tuttavia, pur domandandomi se non sarei morta, tanto mi martellava il cuore. Che momento fu quello! Bisogna esserci passati per sapere che cos'�.

    THERESE DE LISIEUX - STORIA DI UN'ANIMA - cap.7
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  3. #378
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    "Ora io m'avveggio, - disse -
    figlio, che segno sei de le fortune
    e del fato di Troia; e ci� rincontro
    che Cassandra dicea: sola Cassandra
    lo previde e 'l predisse. Ella al mio sangue
    augur� questo regno; e questa Italia
    e questa Esperia avea sovente in bocca.
    Ma chi mai ne l'Esperia avria creduto
    che regnassero i Teucri? E chi credea
    in quel tempo a Cassandra? Ora, mio figlio,
    cediamo a Febo; e ci� che 'l dio del vero
    ne d� per meglio, per miglior s'elegga".
    Ci� disse, e i detti suoi tosto eseguimmo;
    ed ancor questa terra abbandonammo,
    se non se pochi. N'andavamo a vela
    con second'aura; e gi� d'alto mirando,
    non pi� terra apparia, ma cielo ed acqua
    vedevam solamente, quando oscuro
    e denso e procelloso un nembo sopra
    mi stette al capo, onde tempesta e notte
    ne si fece repente e di pi� siti
    rapidi uscendo imperversaro i v�nti;
    s'abbui� l'aria, abbaruffossi il mare,
    e gonfiaro altamente e mugghi�r l'onde.
    Il ciel fremendo, in tuoni, in lampi, in folgori
    si squarci� d'ogni parte. Il giorno notte
    fessi, e la notte abisso: e l'un da l'altro
    non discernendo, Palinuro stesso
    de la via diffidossi e de la vita.

    ENEIDE CAP. 3 - ARRIVO IN ITALIA
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  4. #379
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    "Diventa essenziale distinguere bene ci� che � l�amore da ci� che � innamoramento. Le due realt� spesso si rincorrono e si confondono ma sono nettamente distinte e di natura diversa.
    L�innamoramento � un fenomeno affettivo, pre-conscio e pre-volontario, in cui un individuo proietta sogni ed aspettative in un altro. � un fenomeno, cio� �capita� al soggetto, indipendentemente dalla sua volont�.
    L�amore � invece una realt� pienamente umana (di tutta la persona e non solo di una sua componente) che si esprime solo con un atto libero, cio� cosciente e volontario. Si pu� esprimere come un orientamento del carattere che orienta la persona nei rapporti col mondo, un atteggiamento universale verso tutta la realt�."

    ERICH FROMM - L'ARTE D'AMARE CAP. 1
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  5. #380
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    Silenzio; la paura della madre ingigantiva; non aveva mai voluto sapere di poveri e neppure conoscerli di nome, non aveva mai voluto ammettere l�esistenza di gente dal lavoro faticoso e dalla vita squallida. �Vivono meglio di noi� aveva sempre detto; �noi abbiamo maggiore sensibilit� e pi� grande intelligenza e perci� soffriamo pi� di loro��; ed ora, ecco, improvvisamente, ella era costretta a mescolarsi, a ingrossare la turba dei miserabili; quello stesso senso di ripugnanza, di umiliazione, di paura che aveva provato passando un giorno in un�automobile assai bassa attraverso una folla minacciosa e lurida di scioperanti, l�opprimeva; non l�atterrivano i disagi e le privazioni a cui andava incontro, ma invece il bruciore, il pensiero di come l�avrebbero trattata, di quel che avrebbero detto le persone di sua conoscenza, tutta gente ricca, stimata ed elegante; ella si vedeva, ecco� povera, sola, con quei due figli, senza amicizie ch� tutti l�avrebbero abbandonata, senza divertimenti, balli, lumi, feste, conversazioni: oscurit� completa, ignuda oscurit�.

    GLI INDIFFERENTI - MORAVIA cap. 5
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  6. #381
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    "O di Laerte egregia Prole, sagace Ulisse, un nequitoso Demone avverso, e il molto vin m'offese. Stretto dal sonno alla magione in cima, Men disciolsi ad un tratto: e, per la lunga Di calar non membrando interna scala Mossi di punta sovra il tetto, e d'alto Precipitai: della cervice i nodi Ruppersi, ed io volai qua con lo spirto. Ora io per quelli da cui lunge vivi, Per la consorte tua, pel vecchio padre, Che a tanta cura t'allev� bambino, Pel giovane Telemaco, che dolce Nella casa lasciasti unico germe, Ti prego, quando io so, che alla Circea Isola il legno arriverai di nuovo, Ti prego che di me, signor mio, vogli L� ricordarti, onde io non resti, come Della partenza spiegherai le vele, Senza lagrime addietro e senza tomba, E tu venghi per questo ai numi in ira. Ma con quell'armi, ch'io vest�a, sul foco Mi poni, e in riva del canuto mare A un misero guerrier tumulo innalza, Di cui favelli la ventura etade. Queste cose m'adempi; ed il buon remo, Ch'io tra i compagni miei, mentre vivea Solea trattar, sul mio sepolcro infiggi. "Sventurato", io risposi, "a pien fornita Sar�, non dubitarne, ogni tua voglia". Cos� noi sedevam, meste parole Parlando alternamente, io con la spada Sul vivo sangue ognora, e a me di contra La forma lieve del compagno, a cui Sugger�a molti accenti il suo disastro. Comparve in questo dell'antica madre L'ombra sottile, d'Anticl�a, che nacque Dal magnanimo Autolico, e a quel tempo Era tra i vivi ch'io per Troia sciolsi. La vidi appena, che piet� mi strinse, E il lagrimar non tenni"

    ODISSEA CANTO XI
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  7. #382
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    Per migliaia di anni gli esseri umani hanno incasinato insozzato e smerdato questo pianeta e ora la storia si aspetta che sia io a correre dietro agli altri per ripulirlo. Io devo lavare e schiacciare i miei barattoli. E rendere conto di ogni goccia di olio di motore usato. Tocca a me pagare il conto per le scorie nucleari e i serbatoi di benzina interrati e i residui tossici scaricati nel sottosuolo una generazione prima che nascessi.
    Ho tenuto la faccia dell'angioletto come un beb� o un pallone da football nella piega del braccio e l'ho pestato con le nocche, l'ho pestato con il gomito finch� mi � cascato tra le braccia come un sacco. Finch� sugli zigomi gli era rimasto solo un velo di pelle nera.
    Volevo respirare scarichi. Uccelli e cervi sono uno stupido lusso e tutti i pesci dovrebbero galleggiare. Volevo dar fuoco al Louvre. Spaccare gli Elgin Marbles a martellate e pulirmi il culo con la gioconda. Questo � il mio mondo ora. Questo � il mio mondo, il mio mondo, e quelle persone antiche sono morte. E facevamo colazione la mattina che Tyler ha inventato il progetto Caos. Volevamo liberare il mondo dalla storia.

    Chuck Palahniuk - Fight Club

  8. #383
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    Una sera di settembre l�Agnese tornando a casa dal lavatoio col mucchio di panni bagnati sulla carriola, incontr� un soldato nella cavedagna. Era un soldato giovane, piccolo e stracciato. Aveva le scarpe rotte, e si vedevano le dita dei piedi, sporche, color di fango. Guardandolo, l�Agnese si sent� stanca. Si ferm�, abbass� le stanghe. La carriola era pesante.

    Ma il soldato aveva gli occhi chiari e lieti, e le fece il saluto militare. Disse: � La guerra � finita. Io vado a casa. Sono tanti giorni che cammino -. L�Agnese si sleg� il fazzoletto sotto il mento, ne rovesci� le punte sulla testa, si sventol� con la mano: � Fa ancora molto caldo -. Aggiunse, come se si ricordasse: � La guerra � finita. Lo so. Si sono tutti ubriacati l�altra sera, quando la radio ha dato la notizia -. Guard� il viso del soldato e sorrise, un sorriso rozzo e inatteso sulla sua faccia bruciata dall�aria. � Io credo che i guai peggiori siano ancora da passare, � disse improvvisamente, con la rassegnata incredulit� dei poveri; e il soldato si freg� le mani: era un ragazzo molto allegro.

    L'AGNESE VA A MORIRE - RENATA VIGANO' cap. 4
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  9. #384
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    Di fronte al golfo sicanio giace, stesa davanti, un'isola contro l'ondoso Plemurio; gli antichi diedero il nomedi Ortigia. E' fama che Alfeo, fiume dell'Elide, avesse qui rese occulte le vie sotto il mare, egli ora, Aretusa, sulla tua bocca si unisce alle onde sicule. Obbligati veneriamo le grandi potenze del luogo e di l� supero il ricchissimo suolo dell'Eloro stagnante. Di qui rasentiamo le alte rocce e le protese rupi di Pachino e da lontano appare Camerina mai autorizzata dai fati a muoversi, ed i campi Geloi, e la grandiosa Gela chiamata dal nome del fiume. Di l� alta Agrigento mostra da lontano le grandissime mura, un tempo fattrice di magnanimi cavalli; e, dati i venti, lascio te, palmosa Selinunte, e percorro le secche lilibee aspre per le cieche rocce. Di qui mi accoglie il porto e la spiaggia che non d� gioia di Drepano. Qui spinto da tante bufere di mare, ahim�, perdo il padre, sollievo di ogni affanno e sorte, Anchise. Qui, padre ottimo, mi abbandoni stanco, ahim�, invano strappato da s� gravi pericoli. N� il vate Eleno, pur predicendo molte cose orrende, mi predisse questi lutti, nemmeno la crudele Celeno. Qui l'ultima affanno, questa la meta delle lunghe vie, di qui partito un dio mi spinse alle vostre spiagge. Cos� il padre Enea solo raccontava, tutti attenti, i fati degli dei e rivelava le rotte. Tacque infine e qui si ferm� col racconto e la fine.

    ENEIDE - Morte del padre Anchise
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  10. #385
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    amaro agg. (crasi tra il s.m. amore e l�agg. raro) � dicesi di cosa o persona che ama pochissimo.



    ambizione s.f. (der. dell�agg. num. ambo: l�uno e l�altro, tutti e due) � partita doppia condotta da un soggetto a struttura binaria, capace di coniugare contemporaneamente il s� reale e il s� ottativo. Il carattere duale agisce da moltiplicatore di energie e attiva una potente molla che consente di raggiungere qualsiasi meta.



    baldanza s. f. (com. dal s.m. ballo e dal s. f. danza) � atteggiamento del corpo e dello spirito posto ambiguamente tra il ballo e la danza, nell�incerto ma inebriante interstizio tra due sinonimi.



    crepuscolo s. m. (dim. del s. f. crepa) � esile crepa del tempo tra il giorno e la notte. Una pausa sottile dove i colori si accendono, brevemente sottratti al dominio della luce o del buio.



    entropia s. f. � un�utopia rientrata. La felice energia utopica si raggomitola generando preoccupanti malesseri (solitamente con febbre).



    esilio s. m. (der. dell�agg. esile) � condizione molto delicata. Sospeso a fili sottilissimi, esili resti di origini lontane, chi vive in esilio sorvola lievi terre su cui non si posa mai.



    libert� s. f. (dal lat. liber: libro) � essenza astratta e universale del libro, mitico archetipo sottratto al mutamento, di cui i singoli libri non sono che oscuri indizi, confusi suscitatori di memoria, ombre nell�antro fumoso. � conservato in esemplare unico nella biblioteca dell�iperuranio.



    ufficio s. m. (der. dell�inter. uff o uffa) � il doveroso atto dello sbuffare. Per estensione: luogo preposto allo sbuffo individuale e/o collettivo, provvisto in genere di ampi e pazienti scaffali ove si archiviano stizza, noia e impazienza.



    nuvola s.f. � un nulla che vola. Vapori dell�essere si librano nel cielo, fantasmi di spuma pronti ad assumere qualsiasi forma.



    inchiostro s. m. (var. intensiva del s. m. chiostro) � luogo interno di meditazione, un modo di passeggiare in se stessi. Tutti i percorsi sono possibili lungo i suoi scorrevoli sentieri pieni di immagini che nuotano.



    asola s. f. (a- priv.) � mai sola. Sempre accompagnata da un bottone.



    Da Maria Sebregondi, Etimologiario
    Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non potere credere a nessuno.
    (George Bernard Shaw)

  11. #386
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    Paradiso, Canto XXIII

    ...vid'i' sopra migliaia di lucerne
    un sol che tutte quante l'accendea,
    come fa 'l nostro le viste superne...



    "...Quivi � la rosa in che 'l verbo divino
    carne si fece; quivi son li gigli
    al cui odor si prese il buon cammino"...



    Cos� la circulata melodia
    si sigillava, e tutti li altri lumi
    facean sonare il nome di Maria...

    DANTE - DIVINA COMMEDIA
    amate i vostri nemici

  12. #387
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    Ma forse � solo che il suo corpo aveva senso del decoro: una volta che la mente ebbe riconosciuto il proprio prematuro invecchiamento, la carne fece del suo meglio per adeguarsi.
    Julian Barnes, Il pappagallo di Flaubert.
    Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non potere credere a nessuno.
    (George Bernard Shaw)

  13. #388
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    "Io amavo Ellen, e volevo sapere il peggio. Non l'ho mai provocata; mi mantenevo cauto, sulla difensiva, com'� mia abitudine; non le chiedevo niente, ma volevo comunque sapere il peggio. Ellen non ha mai ricambiato la premura. Mi voleva bene - avrebbe automaticamente dichiarato di amarmi, come se non valesse nemmeno la pena di discuterne - ma di me era pronta a credere il meglio senza domandare. La differenza � tutta qui. Non cerc� mai di individuare il pannello segreto che apre la camera segreta del cuore, quella in cui custodiamo cadaveri e ricordi. A volte il pannello si trova, ma � impossibile aprirlo; altre volte si apre ed il nostro sguardo non coglie altro che lo scheletro di un topolino. Ma almeno abbiamo guardato. E' questo che distingue sul serio le persone: la differenza non � tra chi ha segreti e chi non ne ha, ma tra chi vuole sapere e chi no. A mio giudizio, voler sapere � segno d'amore".
    Julian Barnes, Il pappagallo di Flaubert.
    Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non potere credere a nessuno.
    (George Bernard Shaw)

  14. #389
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    Prima che finisse l�anno del matrimonio, venne alla luce una bella creatura; e, come se fosse fatto apposta per dar subito opportunit� a Renzo d�adempire quella sua magnanima promessa, fu una bambina; e potete credere che le fu messo nome Maria. Ne vennero poi col tempo non so quant�altri, dell�uno e dell�altro sesso: e Agnese affaccendata a portarli in qua e in l�, l�uno dopo l�altro, chiamandoli cattivacci, e stampando loro in viso de� bacioni, che ci lasciavano il bianco per qualche tempo. E furon tutti ben inclinati; e Renzo volle che imparassero tutti a leggere e scrivere, dicendo che, giacch� la c�era questa birberia, dovevano almeno profittarne anche loro.
    Il bello era a sentirlo raccontare le sue avventure: e finiva sempre col dire le gran cose che ci aveva imparate, per governarsi meglio in avvenire. - Ho imparato, - diceva, - a non mettermi ne� tumulti: ho imparato a non predicare in piazza: ho imparato a guardare con chi parlo: ho imparato a non alzar troppo il gomito: ho imparato a non tenere in mano il martello delle porte, quando c�� l� d�intorno gente che ha la testa calda: ho imparato a non attaccarmi un campanello al piede, prima d�aver pensato quel che possa nascere -. E cent�altre cose.
    Lucia per�, non che trovasse la dottrina falsa in s�, ma non n�era soddisfatta; le pareva, cos� in confuso, che ci mancasse qualcosa. A forza di sentir ripetere la stessa canzone, e di pensarci sopra ogni volta, - e io, - disse un giorno al suo moralista, - cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a cercar me. Quando non voleste dire, - aggiunse, soavemente sorridendo, - che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi.
    Renzo, alla prima, rimase impicciato. Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bens� spesso, perch� ci si � dato cagione; ma che la condotta pi� cauta e pi� innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, bench� trovata da povera gente, c�� parsa cos� giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia.
    La quale, se non v�� dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l�ha scritta, e anche un pochino a chi l�ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s�� fatto apposta.

    MANZONI - I PROMESSI SPOSI (EPILOGO)
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  15. #390
    Astensionista L'avatar di nahui
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    "E se un giorno dovessi decidermi di rinunciare all'altro, il violento lutto che mi colpirebbe sarebbe il lutto dell'Immaginario: era una struttura cara, e io piangerei la perdita dell' amore, non gi� la perdita di questa o quella persona"

    "Miracolo: lasciando dietro di me ogni soddisfazione, senza essere n� pago n� satollo, oltrepasso i limiti della saziet� e, invece di trovare il disgusto, la nausea, o anche solo l'ebrezza, scopro... la Coincidenza. La dismisura mi ha condotto alla misura; coincido con l'Immagine, le nostre misure sono le stesse: esattezza, precisione, musica: con il non abbastanza, io ho chiuso. Da questo momento, vivo l'assunzione definitiva dell'Immaginario, il suo trionfo"
    Roland Barthes
    Frammenti di un discorso amoroso
    Ultima modifica di nahui; 07-05-2015 alle 12:33 Motivo: lapsus freudiano: musuca invece di musica :D
    Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non potere credere a nessuno.
    (George Bernard Shaw)

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