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Discussione: I viaggi di Thēséus

  1. #1
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    I viaggi di Thēséus

    Teseo, eroe della mitologia greca, è noto per aver ucciso il minotauro.

    La leggenda narra che il re di Creta, Minosse, dopo aver vinto la guerra contro Atene ordinò che ogni nove anni (secondo alcune versioni ogni anno) sette fanciulli e sette fanciulle ateniesi venissero inviati a Creta per essere divorati dal Minotauro (questo nome significa “toro di Minosse”), un mostro metà uomo e metà toro.

    Diversi personaggi partecipano alla vicenda del Minotauro, oltre Minosse c’è Pasifae, la moglie del re, c’è Arianna, figlia dei due regnanti, l’ateniese Teseo, alcune divinità, e Dedalo, in greco antico Dáidalos, considerato architetto, scultore ed inventore, noto soprattutto per essere il progettista del famoso labirinto del Minotauro a Creta, struttura voluta dal re Minosse per nascondere all’interno di un labirinto il mostro nato dall’unione di Pasifae con un toro.

    Durante la sua permanenza a Creta Dedalo s’innamorò della schiava, Naucrate, e dal loro amore un figlio, Icaro. Nel contempo all'architetto gli fu impedito di tornare ad Atene perché come progettista del groviglio conosceva la struttura e il re Minosse temeva che ne svelasse il segreto.

    Per scappare, Dedalo costruì per lui e il figlio le ali con delle penne e le attaccò ai loro corpi con la cera. Malgrado gli avvertimenti del padre di non volare troppo alto, Icaro si fece prendere dall'ebbrezza del volo e si avvicinò troppo al Sole (nella mitologia denominato Febo); il calore fuse la cera, facendolo cadere nel mare dove morì. Invece il padre riuscì a raggiungere la Sicilia.

    Frattanto ad Atene Teseo non tollerava che la città continuasse a perdere giovani vite offerte al minotauro, perciò quando venne il momento di effettuare la terza spedizione sacrificale egli si offrì volontario per andare ad uccidere il mostro.

    Giunto nell'isola, il giovane eroe conobbe la figlia del re, Arianna, che, si innamorò di lui e lo aiutò a ritrovare la via d'uscita dal labirinto dandogli una matassa di filo (il noto filo di Arianna) che, srotolata, gli avrebbe permesso di seguire a ritroso le proprie tracce.

    Trovato il Minotauro, Teseo lo uccise e guidò gli altri ragazzi ateniesi fuori dal labirinto. Poi gli ostaggi lasciarono Creta. Arianna fuggì con Teseo. Durante il viaggio di ritorno ad Atene fecero scalo all’isola di Nasso. Qui la giovane principessa si addormentò. Al risveglio si trovò sola. Teseo era ripartito con la nave. Arianna fu quindi “piantata in asso”, comune modo di dire che deriva dal travisamento dell’espressione “piantata in Nasso”. Il dio Dioniso si impietosì di lei e la mise sotto la sua protezione.

    Il giovane poeta Catullo (84 a. C. – 54 a. C.) nel carme 64 descrive il mito di Pelèo e Teti ma fa anche una digressione sul mito di Arianna, che vede allontanarsi dall’isola di Nasso la nave con Teseo:
    “Così mi rapisti, o perfido, dal focolare paterno
    e mi lasciasti, o Teseo, sopra una spiaggia deserta?
    Così, immemore, parti disprezzando gli dei
    e porti verso la patria i tuoi esecrati spergiuri?
    Nulla ha potuto piegare il crudele proposito
    della tua mente, non hai avuto alcuna clemenza
    che inducesse il cuore feroce a compassione di me?
    No, non questo un giorno dolcemente mi promettesti,
    non era questo che tu facevi sperare alla misera!
    Ma erano nozze liete, sospirati imenei:
    tutto ciò il vento lo lacera, lo disperde nell’aria.
    Nessuna donna più creda ai giuramenti di un uomo,
    nessuna speri che siano fedeli le sue parole”.
    Ultima modifica di doxa; 06-09-2019 alle 09:06

  2. #2
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    “La nave di Teseo”, tra paradosso e identità.

    Una delle leggende sul mitico eroe greco Teseo narra del suo viaggio di ritorno da Creta ad Atene. Durante la navigazione l’imbarcazione si mantenne intatta, perché nel tempo molte parti dello scafo erano state sostituite a seguito di usure e rotture. All’arrivo nel porto del Pireo il natante aveva la forma originaria ma le parti della struttura cambiate. Nonostante ciò, l’equipaggio considerava la nave ancora la stessa. Aveva ragione oppure no ? L'entità (il natante), modificata nella sostanza ma senza variazioni nella forma, è ancora la stessa entità o è soltanto somigliante ?

    Questo quesito si può applicare a molteplici altri casi, anche all’identità umana. Col passar degli anni cambiamo di forma e di “sostanza” psicologica. Il nostro fisico e la nostra personalità evolvono, ma rimane l’identità del soggetto. Questo cambiamento e nel contempo immutabilità è ben rappresentato dal fuoco eracliteo. Il fuoco cambia continuamente, ma nella sua costante trasformazione mantiene intatto il suo essere. Anche il paradosso della nave di Teseo esprime la questione metafisica dell'effettiva persistenza dell'identità originaria, per un'entità le cui parti cambiano nel tempo.

    La “mereologia” della “nave di Teseo”indica che le singole parti che formano la nave, non sono la nave.

    Mereologia è una parola di origine greca, composta da “meros” (= parte) + “logìa” (= discorso, studio). Fu il filosofo Stanisław Leśniewski a creare il neologismo mereologia nel 1927, per spiegare la teoria delle relazioni che le parti di un insieme possono intrattenere sia tra loro sia con l’insieme stesso.
    Ultima modifica di doxa; 05-09-2019 alle 20:36

  3. #3
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    Identità dell’individuo.

    Il sostantivo femminile “identità” deriva dal latino “identitas”, da “idem” (= stessa cosa), in greco tautòtes. Indica l’uguaglianza fra cose, oggetti, concetti.

    L’identità caratterizza in modo inconfondibile ciascuno di noi come individuo distinto dagli altri.

    Psiche e soma. L’insieme dei caratteri fisici e psicologici rendono una persona quella che è, diversa da ogni altra.

    Nell’ambito della filosofia
    l’identità è un principio logico e permanente, per esempio A = A e non = B, idem in matematica.
    Filosoficamente, io sono io, sono riconoscibile per le mie qualità o difetti, che fanno di me un individuo unico e irripetibile, che non è possibile confondere con nessun altro.

    Per la sociologia individui e culture evolvono nel tempo, non sono immutabili. Cultura in senso antropologico. Il patrimonio culturale è formato dalle norme di condotta, dai valori, dagli usi e dal linguaggio che uniscono o diversificano i gruppi umani.

    Per la psicologia l’identità è la percezione che ogni individuo ha di se stesso, cioè della propria coscienza di esistere come persona in relazione con altri individui, con i quali forma un gruppo sociale, per esempio: famiglia, associazioni, comunità.
    Questa percezione di identità non è solo individuale. È il riconoscimento reciproco fra l’individuo e la società.

    L’identità può essere oggettiva e soggettiva.

    L’identità oggettiva è data da quanto gli altri vedono in noi: non solo il nostro viso, il nostro carattere, il nostro modo di vestire ma anche la nostra collocazione familiare e sociale.

    L’identità soggettiva è l’insieme delle nostre caratteristiche, così come noi le vediamo e le descriviamo. E’ la consapevolezza di sé come individuo.

    Per una corretta e costante identità soggettiva e oggettiva, è necessario che i punti di riferimento siano costanti e solidi; ogni alterazione o cambiamento crea dissonanze cognitive, alienazioni.

    La percezione di avere una propria identità e l’esigenza che gli altri la riconoscano è condizione necessaria per una vita socialmente equilibrata.

    Il nostro nome è la nostra identità, ma concorrono a formarla le nostre relazioni, le nostre conoscenze, le nostre scelte, le nostre emozioni e i nostri sentimenti.

  4. #4
    Sovrana di Bellezza L'avatar di ReginaD'Autunno
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    Tutto ciò che descrivi è molto interessante, però ricorda che all'identità c'è anche la personalità di una persona che determina tutto ciò che dici. Se uno ha una personalità debole viene identificata come una persona in balìa degli altri e quindi non diventerà mai una persona matura, se invece si ha una personalità forte la sua identità viene riconosciuta da tutti con ammirazione che non si fa comandare da nessuno ed è quindi, autonoma e indipendente.
    Corteggiata da l'aure e dagli amori, siede sul trono de la siepe ombrosa, bella regina dè fioriti odori, in colorita maestà la rosa CLAUDIO ACHILLINI

  5. #5
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    Ciao mia Regina, paziente lettrice delle mie elucubrazioni.

    Nell’ambito della psicologia per personalità dell’individuo s’intendono i tratti psicologici stabili nel tempo (caratteristiche psichiche): modi di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e di se stessi; l'interazione tra fattori costituzionali innati, fattori educativi ed ambientali (sentimenti, temperamento, atteggiamenti, comportamenti).

    La personalità ha sicuramente alcuni tratti caratteriali biologicamente determinati ma è possibile comprenderla meglio se la si considera come una costruzione attiva che si compie durante lo sviluppo e nel resto della vita tramite l’interazione con l’ambiente esterno.

    Ma attenzione, avere una personalità forte non significa avere anche una forte identità.

    L'identità è un'altra cosa, è il modo in cui l'individuo considera se stesso, il vissuto psicologico dotato di continuità e coerenza, pur nel variare delle situazioni nel tempo.

    L'identità soggettiva è data dall'insieme delle mie caratteristiche così come io le vedo e le descrivo in me stesso.

    L’identità oggettiva, invece, è riconoscibile esternamente, la costruiamo durante la vita e impedisce alle persone di scambiarci per qualcun altro.

    L'identità oggettiva si presenta secondo tre modalità:

    1. l'identità fisica, cioè le caratteristiche somatiche, che cambiano lentamente nel tempo;

    2. l'identità sociale, ossia l'età, lo stato civile, la professione, il livello culturale e l'appartenenza ad una fascia di reddito; se vado in pensione parte della mia identità sociale cambia;

    3. l'identità psicologica, ovvero la mia personalità, lo stile costante del mio comportamento, determinate attitudini e specifici tratti caratteriali.

    E’ possibile la discrepanza tra identità soggettiva e identità oggettiva, tra come come io mi percepisco e come mi considerano gli altri, anche se il mio modo di vedermi è in larga misura il riflesso del modo in cui mi notano gli altri e della maniera in cui io so che mi vedono gli altri.

    Nella costruzione dell'identità gli aspetti soggettivi si configurano come un problema di autoriconoscibilità e di autodescrizione. E’ importante che ognuno sappia dare l'immagine più esatta possibile della propria identità. E’ l’antico problema del "conoscere se stessi": quanto più un individuo conosce le proprie caratteristiche, tanto più potrà costruire un'identità "oggettiva", ovvero un'identità riconosciuta dagli altri.

  6. #6
    رباني L'avatar di King Kong
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    La leggenda della nave di Teseo mi ricorda un altro paradosso letto o sentito chissà dove:
    Viene chiesto di individuare cosa possa dare la definizione esatta di "Diligenza", intesa come quella tirata dai cavalli.
    E prosegue così:
    I cavalli sono la diligenza?
    No.
    Le ruote sono la diligenza?
    No.
    Gli sportelli sono la diligenza?
    No.
    ...
    Cosí, fino a scoprire che la "Diligenza" é un concetto, un'idea che non ha un contorno preciso (ce ne sono di grandi, di piccole, di nuove, di vecchie) e che ogni parte della diligenza non é la diligenza.
    Cos'é allora la nostra identità?
    Un effimero, soggetto a mille varianti, molte delle quali non esattamente definibili e sopratutto immateriali.
    Giustamente, con Eraclito che tu hai citato, tutto, persino il nostro fisico, cambia; figuriamoci le "nostre" idee o anche il "nostro" carattere.
    Quindi l'idea della nostra identità potrebbe trarci in inganno, il fiume nel quale ci bagniamo oggi non é lo stesso nel quale ci siamo bagnati ieri.
    L'attaccamento alla nostra idea di identità ci impedisce di essere liberi, é il mostro nascosto nel labirinto della nostra mente che ci tiene schiavi dei suoi capricci al quale dobbiamo sacrificare il meglio di noi stessi.
    L'amore, una strategia e il desiderio di Libertà e di Verità ci spingono dentro il labirinto. Una guida ci permette di uscirne senza perdere la ragione dopo aver ucciso ogni idea di identità.
    La nave con la quale torniamo in patria é la stessa?
    Per chi ci vede solo dall'esterno sì.
    Il nostro segreto é sapere che non é cosí e che tutto di noi é cambiato per sempre.
    Aut hic aut nullubi

  7. #7
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    dalla regina Autunno al re Kong.

    Ciao King.

    King ha scritto
    Cosí, fino a scoprire che la "Diligenza" é un concetto, un'idea che non ha un contorno preciso (ce ne sono di grandi, di piccole, di nuove, di vecchie) e che ogni parte della diligenza non é la diligenza.
    Interessante la tua considerazione della diligenza come concetto anziché carrozza a quattro ruote per il trasporto passeggeri e trainata da cavalli. Mi vien da pensare che forse il paradosso della nave di Teseo ha come concetto nascosto il viaggio, a prescindere se l’imbarcazione è ancora la stessa dopo le sostituzioni delle parti costitutive dello scafo.

    I paradossi nascono dalle deformazioni logiche e dalla nostra pretesa di cercare la verità, l’aletheia, lo svelamento.

    Il paradosso della “nave di Teseo” fa parte del dibattito in ambito filosofico, in particolare della metafisica. Invece il “paradosso” (?)riguardo l’identità umana è studiato dalla psicologia.

    Nel trascorrere degli anni la nostra identità evolve nella sostanza e nella forma.

    Giustamente ti domandi
    Cos'é allora la nostra identità?.... La nave con la quale torniamo in patria é la stessa? Per chi ci vede solo dall'esterno sì.
    Chi ci vede dall’esterno e ci giudica si può solo basare sull’identità oggettiva; solo l’individuo presume di conoscere la sua vera identità soggettiva, ma questa è come se fosse iridescente, con tonalità differenti in base all’angolo di osservazione; il suo metaforico orizzonte cambia col passar degli anni, con le esperienze.

  8. #8
    Eufonista L'avatar di BiO-dEiStA
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    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio
    E’ possibile la discrepanza tra identità soggettiva e identità oggettiva, tra come come io mi percepisco e come mi considerano gli altri, anche se il mio modo di vedermi è in larga misura il riflesso del modo in cui mi notano gli altri e della maniera in cui io so che mi vedono gli altri.
    Sì, con l'avvertenza che "come mi vedono gli altri" va inteso nel senso di "come mi vede ciascun altro", dove il rischio di uno scambio di persona non sussiste in ogni caso. Non solo a persone diverse possiamo piacere o non piacere, a volte per le stesse ragioni, ma anche senza essere Zelig tendiamo a comportarci in modo diverso a seconda di chi ci sta di fronte. E ciò è perfettamente funzionale, in termini di strategie di sopravvivenza.

    Nella costruzione dell'identità gli aspetti soggettivi si configurano come un problema di autoriconoscibilità e di autodescrizione. E’ importante che ognuno sappia dare l'immagine più esatta possibile della propria identità. E’ l’antico problema del "conoscere se stessi": quanto più un individuo conosce le proprie caratteristiche, tanto più potrà costruire un'identità "oggettiva", ovvero un'identità riconosciuta dagli altri.
    Appunto, un'identità così oggettiva che non esiste proprio. Quanto più conosce se stesso tanto più ci starà bene, il che non c'entra niente con ciò che gli altri gli riconoscono e neanche con come si presenta a loro; anzi quest'ultimo aspetto gli si rivelerà tuttalpiù per ciò che in realtà è, ossia una mera questione di scelta.
    Citazione Originariamente Scritto da Careful with that Visualizza Messaggio
    i miei post in media sono di una dozzina di righe, al più;
    Citazione Originariamente Scritto da Ned Flanders Visualizza Messaggio
    Sono stato tanto...ma tanto Laurina, lontano dal Signore: Ne ho combinate di cotte e di crude. Ti basti sapere soltanto questo....

  9. #9
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    BiO-dEiStA ha scritto
    tendiamo a comportarci in modo diverso a seconda di chi ci sta di fronte. E ciò è perfettamente funzionale, in termini di strategie di sopravvivenza.
    Ciao Bio. Si hai ragione ! Siamo “volto” e siamo “maschera”.


    (la maschera, il volto...e l'autenticità)

    William Shakespeare nella sua commedia titolata “Come vi piace” fa dire a “Iacopo”:
    “Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti” (atto II, scena VII).

    Tutti noi indossiamo quotidianamente metaforiche maschere che ci permettono ruoli più o meno definiti nell’ambito sociale. Per esempio quando usiamo il computer per comunicare in questo forum possiamo decidere di reinventare la nostra immagine da “offrire” agli interlocutori, diversa da quella reale. Una è più autentica dell’altra? Quale delle due personalità o identità è quella vera ?

    La personalità-maschera può anche essere una modalità per la conoscenza di sé, per domandarsi: “Chi sono davvero?” Questa E’ una delle antiche domande della filosofia che ancora risuona nella nostra epoca ma nell’ambito della psicologia della personalità.

    “Conosci te stesso” era scritto a caratteri cubitali sul frontone del tempio di Apollo a Delfi: in quel santuario l’oracolo invitava il postulante ad indagare dentro di sé.

    Conoscere se stessi è faticoso o addirittura doloroso per chi si guarda allo specchio e si chiede: “Chi sono ?”, non solo nell’aspetto fisico ma psicologico.

    L’identità non è un blocco omogeneo e definito una volta per tutte, ma si dispiega dall’identità personale all’identità sociale.

    L’identità non è fatta soltanto di ciò che il soggetto percepisce di se stesso (auto-percezione) o presenta di se stesso (presentazione) ma anche di ciò che viene “rinviato” da altri, perciò è tridimensionale:

    verso se stesso (l’auto-percezione, da sé a sé);

    verso gli altri (la presentazione di sé);

    da parte degli altri (la “designazione”, ciò che gli viene rinviato da altri).

    Questi tre diversi momenti identitari sono indispensabili all’individuo. La loro eventuale discordanza è fonte di tensioni, di sofferenze psicologiche, di conflitti.

    Distinguere le tre diverse situazioni identitarie permette di distinguere i “giochi identitari” coi quali il soggetto può manipolare tramite la presentazione di sé la propria designazione da parte di altri, nel contempo può percepire la propria auto-percezione condizionata da questa designazione.

    Ovviamente ci sono anche le crisi d’identità, che possono avvenire in diverse occasioni nella vita: un cambiamento di stato professionale o matrimoniale, un insulto, ecc.. Esse chiariscono, per contrasto, a che punto la coerenza identitaria sia un elemento fondamentale della competenza alla vita sociale e della voglia di esistere.
    Ultima modifica di doxa; 08-09-2019 alle 17:22

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