Il Cristo evangelico tocca e si lascia toccare.

C’è nel Vangelo di Marco (1, 40 – 45) un versetto che evidenzia l’originalità di Gesù e la sua discontinuità dal giudaismo nel quale viveva. E’ l’episodio dell’incontro con il lebbroso, un’affezione dai risvolti non solo clinici (era creduta molto infettiva) ma anche etico-religiosi. Infatti per la cosiddetta “teoria della retribuzione”, secondo la quale a ogni delitto corrisponde una punizione, la lebbra veniva considerata anche il castigo per una colpa vergognosa, segreta che rendeva il malato uno “scomunicato”. Perciò il lebbroso veniva relegato nelle periferie degradate, alloggiato in grotte, segregato negli immondezzai, come nel caso di Giobbe, colpito da “piaga maligna”.
Il libro biblico delle norme sacrali, il Levitico, non aveva esitazioni: “Il lebbroso indosserà stracci, starà a capo scoperto, si velerà la barba e andrà gridando: Impuro, impuro !” (13, 45 – 46).
Socialmente il lebbroso veniva schivato e allontanato con orrore dai sani, timorosi di essere infettati non solo fisicamente ma anche moralmente e sacralmente.
Ecco, invece, la scelta scandalosa di Gesù: “Commosso profondamente, tese la mano, lo toccò e gli disse: Lo voglio, sii purificato !”. Quel gesto di compatimento violava le norme socio-rituali e quella mano di Gesù che tocca, quasi ad assumere su di sé il male, diventa un segno provocatorio e liberatorio.
Il sintagma evangelico: “tese la mano e lo toccò” si sofferma sul toccare (in greco “hàptomai”, ricorre 39 volte nel Nuovo Testamento), mentre la mano (in greco “chéir”, 177 volte).

Nei Vangeli c’è il toccare taumaturgico per guarire o benedire, c’è il toccare compassionevole, ma c’è anche la famosa locuzione latina “Noli me tangere” (= non mi toccare) rivolto da Gesù risorto a Maria Maddalena (Gv 20, 17).
Le contemporanee interpretazioni della Bibbia anziché “non mi toccare” traducono la frase di Gesù con “non mi trattenere”, più aderente al Vangelo secondo Giovanni, originariamente scritto in greco.

C’è il toccare che guarisce e che si manifesta in forme diverse: l’emorroissa che afferra il lembo del mantello di Gesù, il quale, poco dopo, prende nella sua la mano della figlioletta di Giairo, apparentemente morta (Mc 5, 21 – 43).

C’è anche il contatto fisico come segno dell’amore di Cristo: è ciò che accade nei confronti del figlio morto della vedova di Nain (Lc 7, 11 – 17).

E si conclude con la tenerezza della prostituta che bacia, tra le lacrime, i piedi di Gesù, ma sollecita la reazione scandalizzata del fariseo Simone: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice !” (Lc 7, 36 – 50).

Sono questi alcuni cenni di un atto spontaneo di Gesù che tocca e si lascia toccare.