Il sostantivo femminile intimità” deriva dal latino “intimus” (= intimo), superlativo assoluto di “internus” (ciò che è dentro).

In tempi di identità incerte assistiamo allo spostamento dei confini dall’ambito privato all’ambito pubblico e si va facendo strada una nuova cultura dell’intimità, chiamata a confrontarsi continuamente oltre che nei mass media anche sul palcoscenico pubblico dei social, divenuto luogo di narrazione di sé e della propria intimità.

Comunque, il comune uso della parola “intimità” di solito allude in modo eufemistico alla consuetudine di rapporti sessuali in una coppia, invece può essere espressa in diverse modalità.

L’intimità può essere:
1. spirituale;
2. intellettuale;
3. affettiva;
4. corporea;
5. sessuale.

L’intimità mette al riparo da irruzioni dall’esterno che rischiano di evidenziare le fragilità e i limiti di un individuo.

Nell’intimità è in gioco la disponibilità ad aprire un varco attraverso il quale si permette ad una persona di “guardare” nell’interior intimo meo, senza percepirne il disagio.

Una forma intensa di intimità è la relazione di interscambio e di fusione fisiologica madre-figlio nel periodo della gestazione. Qui l’intimità si presenta come un processo graduale, che evolve nel tempo definendosi.

All’intimità relazionale ci si arriva gradualmente, dopo aver conseguito la necessaria l’attitudine ad accettare la propria vulnerabilità, facendosi buoni samaritani di se stessi, nel contempo esige autostima e consapevolezza della propria identità.