Il vangelo di Giovanni, enuncia con chiarezza non soltanto il suo proposito, ma anche il metodo seguito per realizzarlo: leggere il vangelo.
Ciascun genere letterario esige il suo particolare modo di lettura. Quella di un romanzo o di un'opera drammatica, organizzati secondo un piano d'insieme, non è quella di una miscellanea di articoli o raccolta di aneddoti, senza altra unità che di autore, tema o personaggi comuni.
Il vangelo di Giovanni si presenta come un'opera unitaria; di conseguenza si è partiti, per leggerlo, dal presupposto che possa essere letto come tale, vale a dire, come uno scritto di cui le sue singoli parti sono in funzione di un piano o struttura d'insieme intenzionale dell'autore, struttura che a sua volta illumina il senso di ciascuna delle parti che la compongono. In altre parole, l'autore ha disposto il suo materiale in maniera organica, atta ad esprimere il contenuto che desidera trasmettere.
In questo modo, oggetto di lettura diviene l'opera nel suo complesso, non soltanto le unità che la compongono prese isolatamente
Adottata l'ipotesi secondo cui questo vangelo costituisce un'opera unitaria, è necessario determinare se la sua struttura risponda ad un intento prevalentemente storico-narrativo e non piuttosto ad una concezione teologica.
Il tentativo di considerare il vangelo come una narrazione di carattere prevalentemente storico incontra, incontra immediatamente difficoltà insormontabili; analizzando il testo come se fosse opera di un cronista, si presentano, da un lato, "salti" nella topografia e incoerenze nella successione degli eventi e, dall'altro, omissione di dati, mancanza di logica narrativa e dettagli inverosimili.
Fra i salti topografici spicca la successione dei capitoli 5 e 6. Gesù, che si trovava a Gerusalemme, nel pieno della controversia con i suoi avversari, appare d'un tratto, senza transizione alcuna, in Galilea, sulla sponda orientale del lago, accompagnato dai suoi discepoli (6,1). Più tardi, la barca che trasporta i discepoli si trova repentinamente "a terra", mentre Gesù cammina "sul mare" (6,19-21).
La mancanza di logica nella successione degli eventi risalta nell'invito ad uscire rivolto da Gesù a metà del discorso della Cena (14,31), mentre egli stesso continua il discorso, senza che si indichi un cambiamento di luogo o di tempo.
L'omissione di dati risulta evidente, per esempio, nella solenne dichiarazione di Giovanni Battista (1,29-34), dove manca qualunque menzione di uditorio; parallelamente il grido finale di Gesù, quando sintetizza la sua attività (12,44-50), risuona nel vuoto, senza che venga indicato né il luogo e né il pubblico.
Altre volte viene meno la logica narrativa: così, a Cana, la madre di Gesù, dinnanzi alla mancanza di vino, si rivolge a lui, un invitato, anziché al maestro di tavola lì presente, incaricato dell'andamento del banchetto (2,1-11). In questo stesso episodio, Gesù "manifesta la sua gloria", espressione solenne, unica nel vangelo, per aver trasformato acqua in vino; non altrettanto più tardi quando dà vita ad un moribondo, fa camminare un invalido o dona la vista ad un cieco, opere che si direbbero di maggiore importanza.
D'altra parte, le cifre che compaiono in alcuni episodi risultano inverosimili se considerate dal punto di vista esclusivamente storico: così, in una casa privata, si trovano 6 giare da 80 a 120 litri ciascuna, destinate semplicemente alla purificazione (2,6); Nicodemo compra per imbalsamare Gesù 100 libbre di aromi, circa 40 chili.
Per questi e per molti altri dettagli, il testo, letto in una prospettiva puramente storica, risulta spesso trascurato e incoerente.
Le linee portanti della teologia di Giovanni sono due: il tema della creazione e quello della Pasqua-alleanza.
Il tema della creazione, che comincia nel prologo (1,1ss), domina la cronologia e fornisce una chiave interpretativa dell’opera di Gesù.
In primo luogo spiega la successione cronologica che appare al principio del vangelo (1,19: testimonianza di Giovanni Battista; 1,43: il giorno seguente; 2,1: il terzo giorno), il cui obbiettivo è far coincidere l’annuncio ed il principio dell’opera di Gesù con il sesto giorno, quello della creazione dell’uomo; sottolinea in tal modo il senso ed il risultato della sua opera: portare a compimento questa creazione. Essa culminerà nella sua morte in croce (19,30: è ormai completato), che avrà luogo anch’essa nel sesto giorno, come ricorda l’evangelista con un’altra serie di indicazioni (12,1: sei giorni prima della Pasqua, 12,12: il giorno seguente; 13,1: prima della Pasqua; 19,14.31.42: preparazione della Pasqua.
Ne consegue che tutta l’attività di Gesù fino alla sua morte sta sotto il segno del “giorno sesto” mostrando il disegno che la presiede: condurre a termine l’opera creatrice, completando l’uomo con lo Spirito di Dio.
Il giorno sesto include due periodi: quello dell’attività di Gesù, “il giorno del Messia” e “l’Ora finale” che lo conclude e coincide con il periodo dell’ultima Pasqua, intrecciando così i due temi principali.
La parte finale del vangelo completa il tema della creazione situandosi nel “primo giorno” , che indica l’inizio e la novità della creazione portata a compimento, e che allo stesso tempo, è “l’ottavo giorno”, indicandone la pienezza ed il carattere definitivo.
Anche la menzione dell’orto-giardino allude al giardino della prima coppia.
Infine i temi della vita e della luce, centrali nel vangelo, come anche quello della nascita si collocano nella linea della creazione.