La prima cosa a colpirmi è il suono di un pianto disperato. Un suono che ti lacera dentro, che esprime un dolore difficilmente replicabile a parole. Tutto attorno, regna il caos. Un caos di lamiere contorte, lampeggianti blu, sirene che ululano, persone che gridano ordini. Un caos in cui il suono di quei singhiozzi sembra quasi una domanda: perché? Perché questa mattina, alle 5.30, quel treno è uscito dai binari a quasi 300 chilometri orari, schiantandosi con violenza contro quel fabbricato e portandosi via due vite? Perché quello scambio non ha funzionato? Perché come sempre queste domande arrivano dopo?
Nel caos del momento mi guardo intorno un po’ spaesata. Guardo i soccorritori affannarsi per cercare di curare chi sta soffrendo, per prestare soccorso a chi si sente sperso e spaventato. Sono lì, su quella banchina impregnata di dolore, e penso che dovrò scrivere un pezzo. Che dovrò raccontare di un dolore, difficilmente replicabile a parole.