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Leopardi è uno di quegli autori senza tempo che ho molto amato e che rivelano sempre legami con l’attualità (ma che ormai frequento poco), perciò è lodevole questa tua iniziativa.
In questi tempi in cui ciascuno è chiuso nel proprio guscio, mi piace fantasticare ed immaginare che gli alberi del mio giardino, oppure la finestra, siano la »siepe« leopardiana che impedisce di vedere l’infinito dall’altra parte, che pure c’è, esiste, nonostante la pandemia. Un’infinito immenso, interminato, sovrumano, di là, che noi, chiusi nella nostra clausura di qua, nella nostra limitatezza, possiamo raffigurarci, proprio perché la vista ci è impedita, proprio perché non vediamo l’orizzonte.
La potenza dell’arte, che ci trasporta in questo infinito, è analogamente smisurata.
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.
Ultima modifica di follemente; 15-03-2020 alle 17:17
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