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Discussione: Leopardi - Canti

  1. #46
    ????? ???????????? L'avatar di Pazza_di_Acerra
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    Bravo Tiberio, lodevole iniziativa!
    Per me il conte Giacomo si può riassumere tutto nei versi:

    E tu, lenta ginestra,
    Che di selve odorate
    Queste campagne dispogliate adorni,
    Anche tu presto alla crudel possanza
    Soccomberai del sotterraneo foco,
    Che ritornando al loco
    Già noto, stenderà l'avaro lembo
    Su tue molli foreste. E piegherai
    Sotto il fascio mortal non renitente
    Il tuo capo innocente:
    Ma non piegato insino allora indarno
    Codardamente supplicando innanzi
    Al futuro oppressor; ma non eretto
    Con forsennato orgoglio inver le stelle,
    Nè sul deserto, dove
    E la sede e i natali
    Non per voler ma per fortuna avesti;
    Ma più saggia, ma tanto
    Meno inferma dell'uom, quanto le frali
    Tue stirpi non credesti
    O dal fato o da te fatte immortali.

    Da brividi.
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

  2. #47
    Opinionista L'avatar di Tiberio
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    Questo è invece il cuore e il testamento di Leopardi

    Nobil natura è quella
    Che a sollevar s'ardisce
    Gli occhi mortali incontra
    Al comun fato, e che con franca lingua,
    Nulla al ver detraendo,
    Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
    E il basso stato e frale;
    Quella che grande e forte
    Mostra se nel soffrir, nè gli odii e l'ire
    Fraterne, ancor più gravi
    D'ogni altro danno, accresce
    Alle miserie sue, l'uomo incolpando
    Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
    Che veramente è rea, che de' mortali
    Madre è di parto e di voler matrigna.
    Costei chiama inimica; e incontro a questa
    Congiunta esser pensando,
    Siccome è il vero, ed ordinata in pria
    L'umana compagnia,
    Tutti fra se confederati estima
    Gli uomini
    , e tutti abbraccia
    Con vero amor, porgendo
    Valida e pronta ed aspettando aita
    Negli alterni perigli e nelle angosce
    Della guerra comune. Ed alle offese
    Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
    Al vicino ed inciampo,
    Stolto crede così, qual fora in campo
    Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
    Incalzar degli assalti,
    Gl'inimici obbliando, acerbe gare
    Imprender con gli amici,
    E sparger fuga e fulminar col brando
    Infra i propri guerrieri.
    Così fatti pensieri
    Quando fien, come fur, palesi al volgo,
    E quell'orror che primo
    Contra l'empia natura
    Strinse i mortali in social catena,

    Fia ricondotto in parte
    Da verace saper, l'onesto e il retto
    Conversar cittadino,
    E giustizia e pietade, altra radice
    Avranno allor che non superbe fole,
    Ove fondata probità del volgo
    Così star suole in piede
    Quale star può quel ch'ha in error la sede.
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  3. #48
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Leopardi è uno di quegli autori senza tempo che ho molto amato e che rivelano sempre legami con l’attualità (ma che ormai frequento poco), perciò è lodevole questa tua iniziativa.

    In questi tempi in cui ciascuno è chiuso nel proprio guscio, mi piace fantasticare ed immaginare che gli alberi del mio giardino, oppure la finestra, siano la »siepe« leopardiana che impedisce di vedere l’infinito dall’altra parte, che pure c’è, esiste, nonostante la pandemia. Un’infinito immenso, interminato, sovrumano, di là, che noi, chiusi nella nostra clausura di qua, nella nostra limitatezza, possiamo raffigurarci, proprio perché la vista ci è impedita, proprio perché non vediamo l’orizzonte.
    La potenza dell’arte, che ci trasporta in questo infinito, è analogamente smisurata.




    Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
    E questa siepe, che da tanta parte
    Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
    Ma sedendo e mirando, interminati
    Spazi di là da quella, e sovrumani
    Silenzi, e profondissima quiete
    Io nel pensier mi fingo; ove per poco
    Il cor non si spaura. E come il vento
    Odo stormir tra queste piante, io quello
    Infinito silenzio a questa voce
    Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
    E le morte stagioni, e la presente
    E viva, e il suon di lei. Così tra questa
    Immensità s'annega il pensier mio:
    E il naufragar m'è dolce in questo mare.
    Ultima modifica di follemente; 15-03-2020 alle 18:17

  4. #49
    Opinionista L'avatar di Tiberio
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    Citazione Originariamente Scritto da Tiberio Visualizza Messaggio
    Cara beltà che amore
    Lunge m'inspiri o nascondendo il viso,
    Fuor se nel sonno il core
    Ombra diva mi scuoti,
    O ne' campi ove splenda
    Più vago il giorno e di natura il riso;
    Forse tu l'innocente
    Secol beasti che dall'oro ha nome,
    Or leve intra la gente
    Anima voli? o te la sorte avara
    Ch'a noi t'asconde, agli avvenir prepara?

    Viva mirarti omai
    Nulla speme m'avanza;
    S'allor non fosse, allor che ignudo e solo
    Per novo calle a peregrina stanza
    Verrà lo spirto mio. Già sul novello
    Aprir di mia giornata incerta e bruna,
    Te viatrice in questo arido suolo
    Io mi pensai. Ma non è cosa in terra
    Che ti somigli; e s'anco pari alcuna
    Ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
    Saria, così conforme, assai men bella.

    Fra cotanto dolore
    Quanto all'umana età propose il fato,
    Se vera e quale il mio pensier ti pinge,
    Alcun t'amasse in terra, a lui pur fora
    Questo viver beato:
    E ben chiaro vegg'io siccome ancora
    Seguir loda e virtù qual ne' prim'anni
    L'amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse
    Il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
    E teco la mortal vita saria
    Simile a quella che nel cielo india.

    Per le valli, ove suona
    Del faticoso agricoltore il canto,
    Ed io seggo e mi lagno
    Del giovanile error che m'abbandona;
    E per li poggi, ov'io rimembro e piagno
    I perduti desiri, e la perduta
    Speme de' giorni miei; di te pensando,
    A palpitar mi sveglio. E potess'io,
    Nel secol tetro e in questo aer nefando,
    L'alta specie serbar; che dell'imago,
    Poi che del ver m'è tolto, assai m'appago.

    Se dell'eterne idee
    L'una sei tu, cui di sensibil forma
    Sdegni l'eterno senno esser vestita,
    E fra caduche spoglie
    Provar gli affanni di funerea vita;
    O s'altra terra ne' superni giri
    Fra' mondi innumerabili t'accoglie,
    E più vaga del Sol prossima stella
    T'irraggia, e più benigno etere spiri;
    Di qua dove son gli anni infausti e brevi,
    Questo d'ignoto amante inno ricevi.
    Il titolo dimenticato

    XVIII - Alla sua donna

    Faccio ammenda
    "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".

  5. #50
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    @ fol.

    Che c'entra l'Infinito con la pandemia?

  6. #51
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    In effetti secondo il mio punto di vista l'infinito di Leopardi entra a far parte del nostro contesto pandemico, La sensibile solitudine del poeta rispecchia quello che ha scritto Tiberio, siccome ogni persona di buon senso agisce con prudenza cercando di evitare d'infettarsi e avere possibilmente meno contatti con il prossimo e non vedendo la così detta luce in fondo al tunnel. Il poeta è ovvio cita la siepe che impedisce il la veduta oltre essa, é pacifico che la siepe é allegorica, anche se gli ambiti poetici sono effettivamente differenti riguardo alla problematica in cui ci si ritrova.

  7. #52
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    Complimenti Tiberio, il tuo impegno nel trascrivere le poesie di Leopardi, dire che le ami è eufemistico.

  8. #53
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Citazione Originariamente Scritto da Lilia Visualizza Messaggio
    @ fol.

    Che c'entra l'Infinito con la pandemia?
    Come abbiamo spiegato io e poi Durante, è la siepe che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude che lascia adito a molte interpretazioni.

  9. #54
    Superstite L'avatar di Doppio
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    Poi Leopardi era cintura nera di solitudine.
    Non avete ancora visto niente

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  10. #55
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Citazione Originariamente Scritto da Doppio Visualizza Messaggio
    Poi Leopardi era cintura nera di solitudine.
    Questo, a Leopardi, non glielo aveva mai detto nessuno.

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