Il Tibet

Come succedeva spesso negli ultimi tempi, si era di nuovo abbandonato agli eccessi e ora stentava a riconoscere chi inaspettatamente gli faceva gli auguri di buon compleanno.
“Quindi non sono sconosciuto” pensò. Si era ritrovato fra loro per poche ore; forse uno sfizio, forse la nostalgia del tempo in cui Dio aveva tolto ogni velo fra il cielo e la terra e le giornate passavano fuori dalla trappola dell’identità.
Si rammentò che gli restava poco e che aveva già acquistato i biglietti per Lhasa-Tibet.
Il Tibet! Era rimasto un sogno incompiuto, un desiderio mai realizzato, forse il ricordo di una vita passata a recitare mantra nel buio della notte su una terrazza precaria sospesa sopra la valle.
Ora il pensiero di partire lo infastidiva, avrebbe preferito gustare la pace e la tranquillità circondato da persone che lo amavano senza essere invadenti, vivere una vita senza dover decidere o mediare con altri, abbandonarsi per interi pomeriggi all’ozio e lasciare che i raggi del sole gli scaldassero il corpo e l’anima.
“Me lo avevi promesso e ne eri entusiasta e ora che siamo qui ci vuoi rinunciare?”
Niente, era rassegnato. La vita è fatta di poche scintille di felicità nel buio immenso dell’universo.
Ma che giorno era? Non era nemmeno il suo compleanno! E non era troppo tardi per l’aereo?
Come al solito non riusciva a trovare le valigie o le confondeva con quelle di altri viaggiatori. Non trovava nemmeno un orologio e l’ansia di non essere puntuale gli toglieva il respiro.
Sarebbe mai arrivato alla meta?
Il terreno era scosceso, il sentiero di terra battuta e di sassi. Così non ce l’avrebbe mai fatta e, come se non bastasse, la sua stanza era stata occupata da altri.
L’ansia divenne angoscia che lo costrinse ad andare di qua e di là senza un piano, senza un metodo, ritornando più volte sui suoi passi aspettandosi di trovare una cosa diversa lì dove era già passato in precedenza.
Alla fine un brivido gli attraversò il corpo, uno zampillo di adrenalina lo riportò alla realtà.
Realtà?
Accanto a lui la ragazza conosciuta al bar russava profondamente. L’euforia accesa dall alcol e dalla marijuana aveva lasciato il posto alla spossatezza, responsabile, così gli piaceva pensare, anche l’amore sfrenato che li aveva tenuti svegli gran parte della notte.
Si alzò dal letto per sedersi nudo alla scrivania.
“Una volta ti alzavi nel cuore della notte per meditare” pensava e, senza turbamenti o sensi di colpa, osservava nell intimo le molteplici manifestazioni della propria natura.
Credente senza dubbi fino a intravedere l’ombra di Dio nel buio della notte e consapevole peccatore, complice di un corpo che pretendeva la sua parte sopra ogni ragionevolezza.
Lo squillo del cellulare lo distolse dai suoi pensieri.
“Ciao”.
“Ciao”.
“Sei sveglia?”
“Si”.
“Sali da me, ti prego”.
“Senza nemmeno una doccia?”
“No”.
“Arrivo”.
Svegliò la ragazza senza nome e le chiese di andarsene.
Suonarono alla porta.
Rossana era l’anima che gli esplodeva nel petto, capace di cancellare tutto il passato, la memoria, la ragione, la sua stessa identità.
Ogni volta avrebbe voluto coprirla di rose, di olii preziosi e profumi orientali e, invece, erano baci, carezze, parole appena sussurrate, sospiri, palpiti del cuore che riecheggiavano come un maglio nella mente.
“Abbracciami”.
E il mondo spari’ per intero dietro le montagne di Qaf.