Il mistero divino si manifesta all’interno del nostro mondo. Lo possiamo incontrare nella natura, che, in quanto creazione di Dio, rimanda al suo Creatore, e nel mistero che si dischiude nella realtà umana, come pure nella storia, la quale vive di una speranza che non si esaurisce nella storia.
Questo mistero dell’uomo, del suo mondo e della storia rinvia sempre oltre se stesso.
Ovviamente a questa prima tesi dobbiamo aggiungerne una seconda: nel mistero dell’uomo e del suo mondo, Dio rimane pure nascosto.
Noi siamo in grado di comprendere il “che” di tale mistero, ma il suo “che cosa” ci rimane sempre precluso.
E’ un mistero che resta indistinto al puro pensiero ed è passibile delle interpretazioni più diverse. Disponiamo, certo, di argomenti atti ad interpretarlo come mistero sacro che esiste indipendentemente dal mondo, ma non riusciremo mai, con il puro pensiero, a coglierlo in tutta la sua chiarezza. E non siamo capaci di penetrarne la natura perché alla “somiglianza” di tutti i nostri enunciati corrisponde sempre una “dissomiglianza” ancora maggiore.
La natura profonda di questo mistero divino rimane così nascosta, inaccessibile, chiusa.
Da esseri finiti, quali siamo, noi viviamo, pensiamo ed operiamo sempre alla luce di un’anticipazione dell’infinito, dove però questo infinito rimane anticipazione, non è concetto bensì un concetto limite, che non potremmo mai ridurre a concetto.
Di fronte all’infinito il nostro pensiero è costretto ad ammutolire.
Perché possiamo accedere all’infinito è necessario che sia l’infinito stesso a schiudersi, a rivelarsi.
Ciò spiega perché le rivelazioni siano così essenziali in ogni religione.

Tratto da “Il Dio di Gesù Cristo” di Walter Kasper.