Tempo fa, durante un generico ripasso di storia della filosofia, soffermandomi sui medioevali ebbi una curiosa epifania sul mondo attuale e le sue contraddizioni. Per il mio ragionamento farò ora una cosa che normalmente aborro ovvero una divisione arbitraria basata su una generalizzazione, io non penso affatto che sia lecito semplificare tanto le sfaccettature degli individui, anzi credo che anche le persone apparentemente più dogmatiche (quale che sia la fonte dei loro dogmi) vivano interiormente un conflitto, che è poi la fecondità del pensiero, poi certo, nessuno di noi può sapere tutto di tutto ed è quindi semplicemente umano decidere alle volte di fare un passo indietro, alzare le mani e accettare un determinato pensiero per principio di autorità (e vale per tutti: l'avvocato, se si ammala andrà dal medico e a lui delegherà la sua salute, il medico se si dovesse trovare in guai legali sarà lieto di delegare la sua difesa giuridica all'avvocato); perciò, consapevole di tutti i limiti che questo comporta (e nutrendo la malcelata speranza di scontentare ambedue le fazioni), mi rifarò ad una dicotomia vecchia e ammuffita, l'eterna diatriba tra scienza e fede.

Da un lato avremo un pensiero metafisico, indirizzato a cercare di carpire ciò che si cela dietro alle cose materiali, l'eternità, l'anima e ovviamente Dio, garante di una legge morale trascendente, il Bene si configurerà come l'assoluta volontà di questo Dio e il male come qualsiasi cosa in contrasto con tale volontà (si noti che questo presuppone che il Bene sia assoluto, il male relativo, come il vento che soffia in una direzione lo fa che io mi trovi qui o a cento metri di distanza, e se mi muovo controvento non sono il vento e nemmeno sono veramente contrario al vento, sono solo un ostacolo).
Dall'altro lato ci sarà invece un atteggiamento empirico, concentrato sulla realtà fenomenica, osservabile, misurabile, definibile da parametri precisi e calcolabili, ma per questo non statici, anzi, ogni sapere potrà sempre essere rimesso in discussione e diventare migliore. Questo tipo di dottrina sarà necessariamente slegato da una morale assoluta, perseguirà tuttalpiù l'utile, ma a certi livelli si sottrarrà per forza di cose anche da una morale relativa come quella utilitaristica: Nobel inventa la dinamite per migliorare la vita dei minatori, ma non può sottrarsi al fatto che la vita di altre persone verrà stroncata dalla sua stessa invenzione, può risentirsene, ma si scontrerà con il limite intrinseco del suo approccio alla realtà, la scienza è per i greci Epistème ovvero quello "che sta su da se", perciò per sua natura circoscritto.

Non dilunghiamoci troppo però, veniamo al nocciolo. L'argomento del titolo è chiaro, si parla di aborto, perciò si parla di vita umana: è opinione comune ritenere che il religioso (in questa sede non analizzo religioni che non conosco bene, prendo in esame il cattolico) consideri la vita umana sacra e inviolabile fin dal suo concepimento, mentre l'uomo di scienza abbia una definizione che consenta di determinare da quale momento in poi si possa parlare di vita umana in termini oggettivi. Ritengo che entrambe le affermazioni precedenti siano sbagliate.

Se andiamo a scavare nelle radici culturali della chiesa cattolica, uno su tutti Agostino D'ipponia, vediamo che queste affondano sul sapere pervenutogli dalla filosofia di Aristotele, filosofia nella quale sono centrali due concetti fondamentali per operare una corretta distinzione tra tutte le cose: forma e sostanza. Le cose sono quello che sono in virtù di questi due concetti: se prendo una sedia all'ikea e la lascio smontata non ho una sedia, ne ho solo la sostanza, ma se seguo tutto il progetto decidendo di costruirne una con del fragile vetro, ugualmente non avrò una sedia, avrò del vetro a forma di sedia. Nel corso del medioevo la diatriba riguardo a quando l'anima cominciasse a risiedere nel feto fu lunga e accesa, anche a causa delle scarse conoscenze mediche (non incorriamo però nell'errore di sminuire tutto con le solite banalità sui secoli bui... il medioevo fu pieno di fini osservatori della realtà senza i quali riprendersi dalla caduta della civiltà romana non sarebbe stato possibile, non a tutti può piacere, ma nei cosiddetti secoli bui la chiesa fu davvero una luce nell'oscurità, non la forza oscurantista che taluni pensano, influenzati da ciò che è più legato al mondo contemporaneo), ma in effetti con le conoscenze attuali qualcuno che volesse professarsi ad esempio tomista, dovrebbe convenire del fatto che l'embrione comincia ad avere una forma vagamente umanoide verso il terzo mese di gestazione, ergo dovrebbe convenire del fatto che prima di allora la sostanza manchi della forma, ergo non sia propriamente un essere umano, ergo non abbia un'anima, ergo l'aborto sia quantomeno lecito, condannabile al limite solo perché interferisce con un disegno superiore, ma nell'ordine di cose per cui il male è relativo, certamente non si può parlare di omicidio: quella non è una vita inviolabile, al massimo è un progetto.
E la scienza invece su cosa baserà la definizione di essere umano? Non certo l'anima, quella non è misurabile, pertanto esula dalle competenze anche di uno scienziato che ci volesse credere. Esiste più di una definizione ovviamente, ma direi che la biologia è il campo che maggiormente si occupa di queste cose, e, pur con diverse scuole di pensiero e sfumature, ritengo sia concorde nell'identificare una specie attraverso il criterio della capacità di generare una prole che sia a sua volta fertile, in parole povere due animali sono della stessa specie se possono avere dei nipoti; questo tipo di compatibilità è determinato dalla genetica, ergo un organismo dotato di DNA umano (e sottolineo organismo, l'obiezione che questo contempli qualsiasi cellula del corpo non si può sentire: cellula, tessuto, organo e organismo non mi risulta siano concetti molto ambigui in biologia), a rigore di logica dovrebbe essere un essere umano, anche qualora non ne avesse la forma. Si può obbiettare ovviamente che ci sono tanti livelli di sviluppo, prima di un certo momento si ha davvero a che fare con un ammasso di cellule non ancora differenziate, ma ovunque si decide di mettere l'asticella per affermare "sì, tu sei un essere umano" e "tu, no, mi dispiace ma ci devi ancora lavorare", sarà una scelta arbitraria, non certo oggettiva; sembra paradossale, ma ho la netta sensazione che un onesto aristotelico, in virtù del suo credere all'anima abbia le idee più chiare.

Mille potrebbero essere le scelte arbitrarie per definire la scala di valore della vita umana (e possiamo anche dire che le vite sono tutte uguali, ma la realtà dice il contrario, la vita di un bambino del terzo mondo non vale come quella di un adulto occidentale), ma in questo specifico campo trovo abbastanza buffo che due fazioni contrastanti adottino una retorica che sarebbe di base più confacente alla controparte. Per conto mio, per l'appunto, non mi pongo in termini di vita umana o non vita umana, ma in termini pragmatici, perciò direi all'embrione: "ok, sei una vita umana, ma in effetti, chi ti conosce... ahh, hai una mamma, allora chiedo a lei che dobbiamo farne di te, d'altra parte non è che hai sto gran network di relazioni. La tua proposta è in fase di valutazione e vedremo se sarai promosso da membro del consorzio umano a membro della comunità umana".
Voi che dite e soprattutto sono riuscito a scontentare sia Cono che Vega (non ce l'ho specificamente con voi due, vi prendo solo come le figure archetipiche di due tesi in conflitto all'interno di questo piccolo spaccato di umanità).