La Pentecoste



Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi.
Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo. Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. E tutti stupivano e si meravigliavano, dicendo: «Tutti questi che parlano non sono Galilei? Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia cirenaica e pellegrini romani, tanto Giudei che proseliti, Cretesi e Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue». Tutti stupivano ed erano perplessi chiedendosi l'uno all'altro: «Che cosa significa questo?» Ma altri li deridevano e dicevano: «Sono pieni di vino dolce». (Atti 2, 1-13)

La Pentecoste ebraica lascia il posto alla Pentecoste cristiana; che cosa vuol dire? Con la Pentecoste, gli Ebrei festeggiavano la consegna delle Tavole della Legge a Mosè. Essa ha quindi il significato profondo della Legge esteriore, alla quale obbedire senza discutere (cioè anche senza condividerla o comprenderla): la legge fatta per l’umanità bambina – di tutte le epoche - che non è ancora in grado di autodeterminarsi perché soggetta agli influssi del desiderio e dell’egoismo. Una umanità formata da individui che non sono in contatto, in comunione, con il proprio spirito interiore.
Ma c’è una umanità che comincia a trascendere tutto questo, che non può continuare ad essere diretta dall’esterno, perché ciò la farebbe restare bambina, mentre essa si sente e vuole diventare adulta. Che ne diremmo di quel padre che, dopo avere educato e cresciuto la sua prole, aiutando i figli ad attraversare la strada prendendoli per mano, pretendesse di continuare in un tale atteggiamento anche quando i figli sono cresciuti? Mentre prima era stato un buon padre, non si può dire lo stesso dopo, perché impedirebbe loro di crescere in modo sano. Giustamente i figli si ribellerebbero. Ed è quello che l’uomo d’oggi spesso fa, allontanandosi da una forma religiosa che lo costringe a rimanere in regole esteriori senza spiegargli il motivo della loro esistenza.
È nel momento evolutivo nel quale questa nuova esigenza cominciava a nascere, che il Cristo si incarnò in Gesù di Nazareth, per dare all’uomo quello che ora gli occorreva: il contatto con la propria spiritualità interiore, lo Spirito Santo. È l’avverarsi della profezia di Giovanni il Battista: “Colui che viene dopo di me è più potente di me, io vi battezzo con acqua ma chi viene dopo di me vi battezzerà nel fuoco dello Spirito Santo”.
“Tutti” erano “insieme nello stesso luogo”, che noi sappiamo essere la “stanza superiore”, ci vuole indicare che tutti i veicoli erano allineati sotto la consapevolezza totale: anche chi non era stato iniziato prima, ricevette qui la Prima Iniziazione dei nuovi Misteri Cristiani.
Tutte le forme collettive, che basano la loro motivazione su concetti ed esigenze che stanno al di sopra dell’individuo, devono ora un po’ per volta essere abbandonate: mai più uno spirito esterno, ma lo spirito interiore, lo Spirito Santo, il Sé, che guida ciascuno; questo dev’essere la legge nuova.
Ciascuno quindi deve cominciare a sentire lo Spirito parlargli “nella propria lingua”; una lingua che non coincide più con quella collettiva di un popolo, perché è il prodotto delle sue esperienze individuali.
Ma questi non sarà compreso da coloro che ancora hanno bisogno della legge esterna, questi ultimi non potranno accettarlo, e diranno che “è ubriaco”.