Da “Gesù di Nazaret”:

I capi esortavano gli israeliti a recarsi a Gerusalemme per essere istruiti su come adorare Dio. Durante la settimana di Pasqua, nella capitale erano in molti ad accorrere da ogni parte della Palestina e anche dai paesi più lontani. Una folla eterogenea occupava i cortili del tempio. Siccome la maggior parte delle persone non poteva portarsi dietro gli animali che dovevano essere immolati, per loro comodità si effettuava una vendita di animali nel cortile esterno del tempio. Qui tutti i fedeli, senza distinzione di classe, andavano a procurarsi le vittime e a cambiare ogni moneta straniera con quella del santuario. {GN 106.3}
Ciascun israelita doveva pagare ogni anno mezzo siclo per riscattare la sua persona. Cfr. Esodo 30:12-16. Il denaro così raccolto serviva per la manutenzione del tempio. Oltre a ciò, offerte volontarie di entità cospicua venivano portate nel tesoro del tempio. Ogni moneta straniera doveva essere cambiata con il siclo del santuario, unica moneta accettata nel servizio del tempio. Questo cambio, che offriva occasioni di inganni ed estorsioni, era per i sacerdoti una vergognosa fonte di guadagno. {GN 106.4}
I commercianti vendevano gli animali a prezzi esorbitanti e dividevano poi i loro guadagni con i sacerdoti e gli anziani, che si arricchivano a spese del popolo. Si insegnava ai fedeli che, se non offrivano sacrifici, la benedizione divina non sarebbe scesa sui loro figli e sulle loro terre. Si alzavano i prezzi delle vittime, con la certezza che i fedeli, giunti da tanto lontano, non sarebbero tornati alle loro case senza aver compiuto gli atti di culto prescritti. {GN 106.5}
In occasione della Pasqua il numero dei sacrifici offerti era notevole e le vendite nel tempio aumentavano. La confusione faceva pensare a un mercato di bestiame più che al santo tempio di Dio. Si udivano il muggito dei buoi, il belare delle pecore, il tubare dei piccioni, mescolati con il tintinnio delle monete e le contrattazioni. La confusione disturbava i fedeli e sommergeva le preghiere. Gli israeliti erano orgogliosi del loro tempio e consideravano una bestemmia ogni parola pronunciata contro di esso. Erano scrupolosi nella celebrazione dei riti, ma per amore del denaro passavano sopra a questi scrupoli. Non si rendevano conto di quanto si fossero allontanati dall’obiettivo per cui Dio stesso aveva stabilito quel servizio. {GN 107.1}
Quando il Signore discese sul monte Sinai, consacrò con la sua presenza quel luogo. Mosè ricevette l’ordine di isolare il monte con delle barriere e di santificarlo. “Guardatevi dal salire sul monte o dal toccarne i fianchi. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte. Nessuna mano dovrà toccare il colpevole: questo sarà lapidato o trafitto con frecce; animale o uomo che sia, non dovrà vivere!” Esodo 19:12, 13. Dio insegnava che qualunque luogo dove si manifestava la sua presenza era santificato. I luoghi adiacenti al santuario avrebbero dovuto esser considerati sacri, ma l’amore del denaro aveva fatto perdere di vista tutto questo. {GN 107.2}
I sacerdoti e gli anziani, rappresentanti di Dio presso il popolo, avrebbero dovuto reprimere gli abusi commessi nel cortile del tempio e offrire al popolo esempi di onestà e misericordia. Anziché ricercare guadagni personali, avrebbero dovuto pensare alle condizioni e ai bisogni dei fedeli e venire in aiuto di chi non aveva i mezzi per procurarsi gli animali, richiesti per i sacrifici. Ma trascurarono il proprio dovere, perché l’avidità aveva indurito il loro cuore. {GN 107.3}
Venivano alla festa anche i malati, i poveri, i ciechi, gli zoppi, i sordi. Alcuni erano portati sui loro giacigli. Molti erano troppo poveri per poter offrire al Signore anche l’offerta più modesta e perfino per procurarsi il cibo con cui placare la fame. Erano molto turbati per gli insegnamenti dei sacerdoti, che si vantavano della loro generosità e si proclamavano custodi del popolo, ma erano privi di simpatia e compassione. I poveri, i malati, i morenti si rivolgevano a loro inutilmente. In quei cuori induriti non si risvegliava nessun sentimento di pietà. {GN 107.4}
Entrato nel tempio, Gesù colse con un solo sguardo tutta la scena. Vide la disonestà, vide l’angoscia dei poveri che temevano, non potendo portare dei sacrifici, di non avere il perdono dei peccati. Vide che il cortile esterno del tempio era stato trasformato in un luogo di traffici profani: sembrava un grande mercato. {GN 108.1}
Appena entrò nel tempio colse con uno sguardo penetrante la scena che gli si presentava. Con occhio profetico vide il futuro, e non solo anni, ma secoli e millenni. Vide che sacerdoti e capi si sarebbero rifiutati di far giustizia ai miseri e avrebbero impedito la predicazione del Vangelo ai poveri. Vide che l’amore di Dio sarebbe stato nascosto ai peccatori e la sua grazia sarebbe stata oggetto di un vero commercio. Guardando quella scena si indignò e sul suo viso si leggevano forza e autorità. L’attenzione del popolo si volse verso di lui. Gli occhi dei trafficanti si fissarono sul suo volto. Non riuscivano a sfuggire al suo sguardo. Sentivano che quell’uomo leggeva i loro pensieri più intimi e svelava i loro segreti moventi. Cercarono di voltarsi, temendo che quegli occhi scrutatori potessero leggere nei loro le cattive azioni compiute. Immaginiamo la scena. {GN 108.3}
Il frastuono cessa. S’interrompe il brusio dei traffici e delle contrattazioni e il silenzio si fa opprimente. L’assemblea è dominata da un senso di timore, come se si trovasse davanti al tribunale di Dio. La divinità rifulge in Cristo attraverso il velo dell’umanità. La Maestà del cielo si erge come nell’ultimo giorno, non rivestita della stessa gloria, ma capace di leggere nell’animo. Il suo sguardo spazia sulla folla e si sofferma su ognuno. Il suo volto risplende di luce divina. Egli parla e la sua voce chiara e potente — la stessa che ha proclamato la legge dal Sinai e che ora i sacerdoti e gli anziani non vogliono ascoltare — echeggia sotto i porticati del tempio: “Portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato”. Giovanni 2:16. {GN 108.4}
Scendendo lentamente i gradini, con in mano una sferza di cordicelle, ordina ai mercanti di lasciare i cortili del tempio. Con uno zelo e una severità che non aveva ancora manifestati, rovescia le tavole dei cambiavalute. Le monete, cadendo sui pavimenti di marmo, mandano un suono squillante. Nessuno osa porre in dubbio la sua autorità né raccoglie il denaro guadagnato illecitamente. Gesù non colpisce nessuno, ma quella semplice sferza sembra fra le sue mani come una spada fiammeggiante. Gli addetti al tempio, i sacerdoti affaristi, i compratori e i mercanti di bestiame, insieme con i loro buoi e le loro pecore, si precipitano fuori, preoccupati unicamente di sfuggire alla condanna della sua presenza. {GN 108.5}
La folla, sentendo passare su di sé l’ombra della sua divinità, è presa dal panico. Da centinaia di labbra pallide sfuggono grida di terrore. Perfino i discepoli tremano, impressionati dalle parole e dall’atteggiamento di Gesù, così insoliti. Si ricordano di ciò che è stato scritto: “Mi divora lo zelo per la tua casa”. Salmi 69:9. Presto la folla tumultuosa, con la sua mercanzia, si trova lontana dal tempio del Signore. I cortili sono liberi dal traffico profano. Un silenzio profondo e solenne subentra alla confusione. La presenza del Signore, che una volta aveva santificato la montagna, ora ha santificato il tempio eretto in suo onore. Con la purificazione del tempio, Gesù proclamava la sua missione di Salvatore e inaugurava il suo ministero. Questo tempio, costruito come casa per il Dio vivente, doveva essere per Israele e per il mondo una parabola. {GN 109.1}