Da “Gesù di Nazaret”:

I figli di Giuseppe non approvavano l’opera di Gesù. Le notizie che ricevevano sulla sua vita e sulla sua missione li riempivano di stupore e sgomento. Sapevano che consacrava notti intere alla preghiera e che durante il giorno era talmente assediato dalla folla che non aveva neppure il tempo per mangiare. I suoi amici temevano che si esaurisse per quel lavoro continuo; non riuscivano a comprendere il suo atteggiamento nei confronti dei farisei e alcuni temettero persino per il suo equilibrio psichico. {GN 236.1}
I suoi fratelli vennero a conoscenza di queste cose e anche dell’accusa dei farisei, secondo cui cacciava i demoni con il potere di Satana. E sentirono che la parentela con Gesù costituiva un pericolo per la loro reputazione. Seppero dell’agitazione prodotta dalle sue parole e dalle sue azioni; si allarmarono per le sue dichiarazioni esplicite e si indignarono per le accuse che rivolgeva agli scribi e ai farisei. Allora decisero, con la persuasione o con la forza, di indurlo a cambiare modo di agire e convinsero Maria a unirsi a loro, per far leva sul suo amore filiale e indurlo a una maggiore prudenza. {GN 236.2}

Mentre Gesù stava ancora parlando alla folla, i suoi discepoli gli riferirono che sua madre e i suoi fratelli erano fuori e desideravano vederlo. Egli conosceva i loro pensieri. “Ma egli rispose a colui che gli parlava:- Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? - E, stendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: - Ecco mia madre e i miei fratelli! Poiché chiunque avrà fatto la volontà del Padre mio che è nei cieli mi è fratello e sorella e madre -”. Matteo 12:48-50. {GN 239.3}

Sarebbe stata una grande consolazione per Cristo, se i suoi parenti terreni avessero creduto in lui come inviato dal cielo e avessero collaborato con lui nel compiere l’opera di Dio. La loro incredulità gettò un’ombra sulla vita terrena di Gesù. Fu una parte dell’amara coppa di dolore che egli bevve sino in fondo. {GN 240.1}
Il Figlio di Dio avvertì profondamente l’ostilità nata nel cuore degli uomini contro il Vangelo e provò un dolore particolare quando sorse nella sua casa, perché il suo cuore traboccava di tenerezza e di amore per i suoi familiari. I suoi fratelli volevano che Gesù condividesse le loro idee, ma se le avesse accettate, si sarebbe completamente allontanato dalla sua missione. Pensavano che avesse bisogno dei loro consigli; lo giudicavano dal loro punto di vista e ritenevano che se avesse predicato un messaggio gradito agli scribi e ai farisei, avrebbe potuto evitare tutte le polemiche che le sue parole facevano sorgere. Pensavano che fosse fuori di sé, quando pretendeva di avere un’autorità divina e quando rimproverava le colpe dei rabbini. Sapevano che i farisei cercavano un pretesto per accusarlo e si erano accorti che Gesù aveva offerto sufficienti occasioni per permettere che lo facessero. {GN 240.2}
Con i loro criteri miopi non potevano valutare correttamente la missione che Cristo era venuto a compiere e perciò non potevano simpatizzare con lui nelle prove. Le loro parole sprezzanti e grossolane mostravano che non avevano un’esatta comprensione del suo carattere e non distinguevano la sua natura divina che si manifestava in quella umana. Spesso lo videro addolorato, ma invece di confortarlo, lo ferirono con le loro parole e con il loro atteggiamento. Il suo animo era tormentato, perché le sue motivazioni e la sua opera non erano compresi. {GN 240.3}
I suoi fratelli seguivano l’antica dottrina dei farisei e pensavano di poter insegnare a colui che comprendeva tutta la verità e tutti i misteri. Essi condannavano apertamente ciò che non potevano capire. I loro rimproveri colpirono Gesù, il cui animo fu ferito e afflitto. Facevano professione di fede in Dio e pensavano di sostenerlo, mentre il Signore era in mezzo a loro in carne e ossa, senza che lo riconoscessero. {GN 240.4}
Tutte queste cose resero molto duro il lavoro di Gesù. L’incomprensione dei suoi familiari era un motivo di grande dolore, che trovava sollievo nel recarsi altrove. C’era una casa che amava visitare: quella di Lazzaro, Maria e Marta. In quell’atmosfera di fede e amore trovava riposo. Tuttavia, nessuno sulla terra avrebbe potuto comprendere la sua missione divina o rendersi conto del peso che portava per l’umanità. Spesso trovava conforto soltanto nella solitudine e nella comunione con il Padre. {GN 240.5}
Coloro che sono chiamati a soffrire per amore di Cristo, che devono sopportare incomprensioni e prove perfino nella propria famiglia, possono consolarsi al pensiero che anche Gesù ha sopportato le stesse difficoltà. Egli ha compassione di loro. Offre loro la sua amicizia e li invita a consolarsi là dove egli stesso ha trovato consolazione: nella comunione con il Padre. {GN 241.1}

Nelle leggi date a Israele c’è una bella illustrazione della relazione di Cristo con il suo popolo. Quando un israelita era costretto per la miseria a vendere se stesso e il suo patrimonio, il parente più stretto aveva il dovere di salvarlo e riscattare i suoi beni. Cfr. Levitico 25:25, 47-49; Rut 2:20. Così il compito di redimerci e riscattare la nostra eredità, perduta attraverso il peccato, spetta a colui che è il “parente più prossimo”. Per redimerci Cristo divenne nostro parente. Gesù, nostro Salvatore, ha stabilito con noi un legame più profondo di quello del padre, della madre, del fratello, dell’amico o del fidanzato. Egli dice: “Non temere, perché io t’ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio!... Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo; io do degli uomini al tuo posto e dei popoli in cambio della tua vita”. Isaia 43:1, 4. {GN 241.3}