Da “Principi di educazione cristiana” di sorella White:

Anche lo studio della Bibbia, come troppo spesso è attuato nelle scuole, priva il mondo dell’impagabile tesoro della Parola di Dio. L’opera dell’“alta critica” che seziona, congettura e ricostruisce, distrugge la fede nella Scrittura come rivelazione divina e toglie alla Bibbia quella potenza che guida, eleva e ispira la vita degli uomini. {PEC 129.6}

Nella formazione domestica dei giovani, il principio della collaborazione ha un valore inestimabile. Fin dai primi anni di vita i bambini dovrebbero essere portati a sentirsi parte integrante della società familiare. Anche i piccolissimi dovrebbero essere abituati a partecipare all’attività quotidiana e a sentire che il loro contributo è necessario e apprezzato. I più grandi dovrebbero assistere i genitori, partecipare ai loro progetti, condividerne le responsabilità e i pesi. Se padri e madri dimostrano ai figli di apprezzare il loro aiuto, di desiderare le loro confidenze e di godere della loro compagnia, questi risponderanno prontamente. Non solo il fardello dei genitori risulterà alleggerito e i figli riceveranno una preparazione pratica di gran valore, ma si avrà pure un rafforzamento dei legami familiari e un approfondimento delle basi stesse del carattere. {PEC 166.3}
La collaborazione dovrebbe essere l’anima e la regola di vita della classe. Gli insegnanti che sanno assicurarsi la partecipazione degli allievi usufruiranno di un prezioso aiuto per mantenere l’ordine. Essendo di aiuto in classe, molti ragazzi, che per la loro irrequietezza sono spesso causa di disordine e di insubordinazione, potranno così trovare sfogo alle loro esuberanti energie. Lasciate che i più grandi aiutino i più piccoli, i più forti si occupino dei più deboli e così, per quanto possibile, ciascuno sia chiamato a far qualcosa in cui eccelle. Ciò incoraggerà il rispetto di sé e il desiderio di rendersi utile. {PEC 166.4}

L’obiettivo della disciplina è quello di educare i bambini all’autocontrollo. Essi devono apprendere ad avere fiducia in se stessi e a sapersi dominare, per cui non appena saranno in grado di capire, il loro potenziale intellettivo dovrà essere indirizzato verso l’ubbidienza. Mostrate loro che ubbidire è giusto e ragionevole; aiutateli a vedere come la disubbidienza conduca a disastri e sofferenze; e che quando Dio dice “non farlo”, lo fa spinto dall’amore, per metterci in guardia dalle conseguenze della disubbidienza, per risparmiarci sconfitte e rovine. {PEC 168.2}
Aiutateli a comprendere che i genitori e gli insegnanti sono rappresentanti di Dio, e che essi agiscono in armonia con lui, che le loro leggi a casa e a scuola sono le sue. Come i bambini sono tenuti a ubbidire ai genitori e agli insegnanti, questi a loro volta devono ubbidire a Dio. {PEC 168.3}

Fate in modo che i giovani sentano che si ha fiducia in loro e quasi tutti cercheranno di provare a se stessi che ne sono degni. {PEC 169.4}
In base allo stesso principio, è meglio chiedere che imporre; coloro che sono così trattati hanno l’opportunità di mostrarsi fedeli ai princìpi della giustizia e così la loro ubbidienza sarà frutto di scelta e non di costrizione. {PEC 170.1}
Le regole in vigore nella classe dovrebbero rappresentare, per
quanto è possibile, la voce della scuola. Ogni principio in esse incluso
dovrebbe essere spiegato agli studenti, affinché questi si convincano
che sono giuste. In questo modo si sentiranno responsabilizzati e
faranno di tutto perché le regole siano rispettate. {PEC 170.2}
Le norme dovrebbero essere poche, ma ben pensate e, una volta
definite, rese obbligatorie. La mente si abitua ad accettare e ad
adattarsi a ciò che non può essere cambiato. È il permissivismo che
suscita il desiderio, la speranza e l’incertezza che spesso sfociano
nell’irrequietezza, nell’irritazione e nell’insubordinazione. {PEC 170.3}
Si deve far chiaramente comprendere che il governo di Dio non
ammette compromessi con il male. La disubbidienza non deve essere
tollerata né in casa né a scuola. Nessun genitore e nessun insegnante,
che abbiano a cuore il bene di quanti sono affidati alle loro cure,
scenderanno a compromessi con l’ostinazione che sfida l’autorità o
ricorreranno a sotterfugi e scappatoie per evitare l’ubbidienza. Non
è amore, ma sentimentalismo quello che tratta con leggerezza la
trasgressione e cerca di raggiungere la sottomissione ricorrendo alla
lusinga o ai doni, per poi finire con l’accettare qualche sostituto al
posto dell’ubbidienza richiesta. {PEC 170.4}

Il reale obiettivo della riprensione è raggiunto solo quando chi sbaglia è condotto a vedere la propria colpa e a mettersi d’impegno per correggersi. È bene allora indicare al colpevole la fonte del perdono e della potenza trasformatrice. Fate in modo che chi ha sbagliato conservi il rispetto di sé, infondendogli coraggio e speranza. {PEC 171.3}

Ogni vero educatore capirà che è meglio sbagliare per eccessiva bontà piuttosto che per troppa severità. {PEC 172.3}

Bambini e bambine imparino che ogni sbaglio, ogni errore, ogni difficoltà, se vinti, diventano altrettanti ponti che conducono verso mete migliori e più elevate. E’ attraverso tali esperienze che tutti coloro che hanno reso la vita degna di essere vissuta, hanno raggiunto il successo. {PEC 174.1}