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Discussione: Venere e Cupido mingente

  1. #1
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    Venere e Cupido mingente


    Lorenzo Lotto: “Venere e Cupido mingente”, 1530 circa, olio su tela, Metropolitan Museum, New York.

    Il noto artista realizzò questo dipinto forse in occasione del matrimonio tra Gerolamo Brembati e Caterina Suardi, appartenenti a due famiglie economicamente facoltose di Bergamo.

    Rappresenta l’allegoria dedicata al matrimonio e alla fecondità

    Iconografia:

    La nuda Venere è quasi distesa su un panno blu; è piegata verso il lato sinistro e con l’avanbraccio sorregge la parte superiore del suo corpo; il braccio destro è sollevato verso l’alto e con la mano tiene la ghirlanda di mirto, pianta sacra alla dea; nella parte bassa della ghirlanda è appeso con la catenella un piccolo bruciatore d’incenso.

    Sul capo di Venus c’è il diadema, coronamento dell’amore con il matrimonio, e il velo tipico delle spose del '500 che le scende dietro le spalle fino al bacino.

    Nel lobo dell’orecchio sinistro pende l’orecchino con una perla, la quale simboleggia la purezza, l’illibatezza della donna.

    Vicino a lei, in piedi, c’è il sorridente Cupido alato, con la faretra sulla spalla sinistra; l’eroto è intento nell’atto della minzione; fa la pipì centrando la ghirlanda, che sorregge anche lui con la mano sinistra; l’orina giunge sul grembo di Venere; chiara allusione erotica alla fertilità.

    Fa da sfondo una tenda di colore rosso appesa anche ad un tronco d’albero con dell’edera, simbolo dell’amore eterno.

    Gli oggetti sparsi attorno hanno vari significati allegorici:

    appesa al di sopra della testa della donna c’è una cornucopia, simbolo di fecondità;

    i petali di rosa sparsi sul corpo di Venere sono un ulteriore simbolo di femminilità.

    In questo dipinto mitologico il pittore Lorenzo Lotto aggiunse in terra, sul lato sinistro di Venere, altri tre simboli:

    una rosa: simboleggia l'amore che trionfa;

    il serpente: evoca il racconto biblico di Adamo ed Eva, nel quale il serpente è la rappresentazione del demonio tentatore;

    il bastone: simboleggia il potere maritale.

  2. #2
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    /2: "De urinis"

    A proposito di minzione…, di reni si parla poco, eppure sono indispensabili; vengono attraversati ogni giorno da 180 litri di sangue; essi servono a ripulirci dalle scorie; in loro scorre l’urina che, dopo sofisticati processi di filtrazione, consentono l’eliminazione di sostanze dannose all’organismo.

    Vittorio Lingiardi in un suo articolo sul settimanale “Domenica” del “Sole 24 Ore” del 10 gennaio 2021, dice che dobbiamo pensare ai reni come a una coppia di custodi dell’omeostasi e di garanti del nostro equilibrio idrosalino; stimolano il midollo osseo a produrre globuli rossi, garantiscono la produzione di vitamina D, senza la quale saremmo rachitici, regolano la pressione sanguigna.

    Già Ippocrate ammoniva a controllare spesso la propria urina:

    la trasparenza (limpida, opalescente o torbida), l’odore e persino il sapore.

    L’urina mitologica di Zeus, che in forma di pioggia dorata cadde su Danae, la figlia del re di Argo: era l’unico modo per fecondarla.

    Il vocabolario dei disturbi della minzione:

    stranguria: emissione dolorosa dell’urina, come in alcuni tipi di cistite;

    poliuria: se di urina ne fuoriesce tanta;

    oliguria: se è poca;

    anuria: se è assente;

    pollachiuria: se è frequente;

    nicturia: se è notturna.

    Michelangelo Buonarroti, sofferente di calcoli renali, scrisse: “Io ò bevuto circa due mesi sera e mattina d una aqqua d una fontana che è a quaranta miglia presso Roma, la quale rompe la pietra; e questa à rotto la mia e fattomene orinar gran parte”.

    Nel passato numerosi trattati di medicina nefrologica e urologica furono titolati “De urinis”, per esempio da Galeno e da altri della famosa “scuola medica salernitana”.

    Gilles de Corbeil, medico francese di scuola salernitana, oltre al suo trattato titolato “De urinis”, scrisse un poema in versi, il “Carmina de urinarum”.

    Ora che avete letto questo post, non vi scappa la pipì ?

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