Il recente libro dell’archeologo Mario Torelli (1937 –2020) titolato “Ritorno a Santa Venera. Storia del santuario di Afrodite Urania-Venere Iovia di Paestum” (edizioni ETS, collana di studi del Parco archeologico di Paestum e Velia) mi ha motivato ad approfondire l’argomento e indotto a scrivere alcuni post in questo topic.

Paestum, l’antica città della Magna Grecia, denominata dai coloni elleni Poseidonia in onore di Poseidone, il dio del mare, ma essi erano molto devoti anche alle dee Atena ed Era.

I resti archeologici dimostrano che l’area fu abitata fin dall’epoca paleolitica.

La fondazione della colonia da parte dei Greci sarebbe avvenuta in due tempi, come loro uso: prima la costruzione sulla costa di una fortificazione ("teichos"), necessaria per i loro scambi commerciali, che avvenivano via mare e via terra, fino alle zone interne, poi giunsero altri coloni e crearono l’oikesis, la città, nel VII sec. a. C..

Tra il 420 e il 410 a. C. Poseidonia fu conquistata dai Lucani e la località venne da loro chiamata “Paistom”.

Nel 273 a. C. Roma sottrasse Paistom alla confederazione lucana e vi collocò una propria colonia di veterani. Il toponimo venne di nuovo cambiato: da Paistom a Paestum.

L'estensione dell’antico abitato è ancora oggi riconoscibile, racchiuso dalle mura di epoca greca, modificate in epoca lucana e poi romana.

Nel 1907 in un’area fuori le antiche mura di Paestum, in località Santa Venera, durante lavori di scavo per impiantare la fabbrica della Cirio vennero alla luce alcuni resti di un complesso templare dedicato al culto di Afrodite Urania (Venere Iovia per i Romani), vicino il corso del fiume Salso e al margine di una vasta necropoli.

Il sito extra moenia fu scavato a più riprese: è composto da un tempio preceduto da un portico, il temenos (recinto sacro), le sale per riunioni e stanze per lustrazioni.

I resti murari contrastano con i celebrati templi entro le mura.

Il santuario è rettangolare, preceduto da un portico. Nel naòs (cella dove veniva custodita la statua della divinità) è inscritto un cerchio, un altro simile è in Grecia, ad Olimpia, nell’edificio templare dedicato ad Afrodite Urania.

Alcune iscrizioni della fine del I sec. a. C. rinvenute a Paestum (frazione del Comune di Capaccio, da cui dista circa 6 km) informano che due sacerdotesse, Sabina e la nipote Valeria, fecero rifare i pavimenti, aggiunsero nuovo arredo, una cucina e cinque “strongyla”: nicchie a ferro di cavallo che servivano per il bagno lustrale delle fanciulle nel rito di passaggio semi-pubblico che le preparava al matrimonio.

La sacerdotessa aveva anche la funzione di “mnamon” (= memore), tramandava gli usi sacrali alle ragazze che frequentavano il tempio, nel quale c'erano anche stanze riservate ad alcune prostitute, però non era “prostituzione sacra”, ma sfruttamento economico di donne.

Il rito iniziatico delle nubende spiega la lunga vita del santuario e consente di allargare lo sguardo ad analoghi siti nelle colonie achee della Magna Grecia (Crotone, Metaponto) e in Grecia (Olimpia, Atene).